Cosa cerchi di dirmi? Che posso schivare le pallottole?
Avete presente lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie, quando il buon detective enumera e mostra al ralenti l’intera lista delle azioni che andrà a compiere per mettere al tappeto il nemico…e subito dopo la regia ripropone la scena a velocità naturale? Ecco, vi ho appena svelato la dinamica di uno qualsiasi dei livelli di Superhot.
Una singola, prototipica idea di gameplay ha portato questo gioco a riscuotere discreto successo sin dal crowdfunding su Kickstarter, fino all’arrivo su Steam e sulle altre console: “il tempo si muove, solo quando tu ti muovi”. E’ tempo dunque di valutare la solidità di questa idea grazie al port realizzato da SUPERHOT Team per la nostra console ibrida di fiducia.
Il gioco si presenta con l’impianto di uno shooter in soggettiva estremamente essenziale. Ci siete voi, con la vostra bella arma nera (che sia una pistola, una katana o una mazza da baseball poco importa) e il nemico, rappresentato da ammassi poligonali antropomorfi completamente rossi, all’interno di una ambientazione in diverse tonalità di bianco. Il tutto potrebbe essere un omaggio a Piet Mondrian e al neoplasticismo, ma l’ipotesi più probabile è che questo minimalismo sia totalmente funzionale all’esaltazione del gameplay.
Non esiste colonna sonora (se non quella dei titoli di coda), soltanto il rumore degli spari, delle armi e quello prodotto dagli oggetti contundenti che lancerete contro i nemici.
Il primo impatto è stupefacente, perché crederete di essere dentro Matrix. Come dicevamo, è il vostro movimento a dare il ciak iniziale che farà partire l’azione di gioco: anche soltanto voltare lentamente la testa per familiarizzare con l’ambiente circostante, metterà in moto il movimento dei nemici che inizieranno lentamente a inquadrarvi nel proprio mirino. Ovviamente potrete sfruttare il rallentamento del tempo per posizionarvi in modo da schivare le pallottole dirette verso di voi, disarmare il nemico, attendere il reload automatico, lanciare la vostra katana per uno spettacolare headshot, ma non appena riprenderete a muovervi, l’ambiente e i nemici intorno a voi faranno altrettanto.
Se vi saltano in mente definizioni come shooter in salsa “un, due, tre…stella”, non siete lontani dalla comprensione delle meccaniche di gioco. Un solo proiettile a segno (oppure tre cazzottoni) e il nemico si disintegra in mille pezzi, come fosse di vetro, e lo stesso vale per voi; non aspettatevi quindi una diminuzione progressiva/recupero della salute, degli healt-pack o armature sparsi in giro, come negli shooter tradizionali. Qui si muore subito, e si ricomincia subito, le partite durano una manciata di secondi.
Al termine di questa spettacolare catena di azioni, quando avrete eliminato l’ultimo bersaglio, il gioco vi restituirà un video della vostra danza di morte a velocità reale: insomma, si tratta dell’unico gioco in cui giocare al ralenti (o al replay) vi porterà a voler rivedere l’azione a velocità normale!
Il titolo è veramente breve, tanto che si presta a speedrun della lunghezza di 5-6 secondi effettivi (non rallentati) per livello; si tratta di trenta livelli più uno finale, che è possibile terminare nel giro di un paio di sedute intense.
Ogni gruppo di livelli è legato da una trama, che non brilla per originalità e spessore, ma che aiuta a dare la sensazione di non giocare a gruppi di schemi successivi del tutto casuali. La premessa che fa da sfondo alla campagna è il menù di gioco in stile Dos, in cui riceverete e caricherete il file .exe di Superhot, dopo una chattata con un vostro amico: casualmente, l’amico vi sponsorizza il gioco come “qualcosa che non ha mai visto prima”.
Al termine della campagna verranno sbloccate alcune modalità aggiuntive, come l’utilizzo della sola katana per il completamento di tutti i livelli, pistole con un solo proiettile, time attack vari, endless mode, modalità “solo pugni” e tutte quelle situazioni che vi permetteranno di pavoneggiarvi uploadandole su YouTube.
Il gioco è inizialmente geniale e l’idea centrale di gameplay è così potente e così divertente che riesce a vendere l’intero pacchetto. L’autoreferenzialità e la scarsezza di contenuti non è però trascurabile, se si calcola che il titolo esce su Nintendo Switch a prezzo pieno, e senza alcuna aggiunta rilevante rispetto alle precedenti versioni (esiste in commercio anche una versione VR per Oculus Rift e PS4, ad esempio) se non il supporto ai controlli Gyro e la possibilità di impugnare i Joy-Con per un feeling maggiore.
Personalmente, mi sono affidato al Pro Controller in breve tempo, disattivando il Gyro, che tendeva a prendere il sopravvento; il gioco si è dimostrato giocabile anche in modalità handheld, ma ha richiesto qualche tentativo in più per dar fuoco alle polveri con destrezza.
Se non altro, l’essenzialità di ciò che gira su schermo ha permesso al port di essere praticamente identico alle versioni per personal computer e per le altre console.
In questo senso l’idea rischia di rimanere fine a se stessa, una semplice gimmick (si veda la recensione di My Friend Pedro per ulteriori approfondimenti su questo espediente) e si ha la sensazione che si sarebbe potuto osare di più nel declinare le situazioni di gioco e nel level design. Chissà cosa potrebbe rappresentare questo gameplay se implementato in uno shooter completo e dettagliato come quelli che abbondano nel mercato odierno. E’ anche vero che l’aspetto volutamente minimale ribadisce la scelta autoriale di uscire dal coro e di dare risalto all’ innovativa meccanica centrale.
Insomma, cari amici polacchi di SUPERHOT Team, l’antipasto era buono, ora potete portarci il piatto intero. Dzieki!