Dal passato con… tanto da dire
Final Fantasy XIIè sempre stato un titolo dannatamente controverso
: figlio di una famiglia arcobaleno che ha visto passare il feto di grembo in grembo tra diverse figure (tra cui il leggendario creatore e producer Sakaguchi e il director Matsuno di Tactics e Vagrant Story), vide il suo completamento molto tardi nell’era PS2 e venne accolto tiepidamente da un pubblico con gli occhi già rivolti alla nuova generazione.
Ma la sua colpa più grande forse era quella di staccarsi troppo nettamente dalla struttura a turni classica della serie, offrendo uno strano mix tra JRPG e MMORPG da giocare offline che disattese le speranze di chi si aspettava un grande ritorno dopo la digressione online di Final Fantasy XI. Colpa che oscurò per molti le falle di uno sviluppo poco armonioso, perso tra esperimenti, visioni incompatibili e narrazioni contrastanti.
Eppure, arrivando ad oggi, Final Fantasy XII è un fantastico titolo per Nintendo Switch: come mai?
Magie delle riedizioni, signori: il titolo che abbiamo tra le mani altro non è che la versione riveduta e corretta di una remaster che reinterpretava in HD i contenuti della versione International del titolo originale… un processo di perfezionamento durato anni che ha introdotto maggiore flessibilità nel sistema di crescita, eliminato gli elementi tediosi e ci ha offerto un modo tutto nuovo di esplorare Ivalice. Volare dai nostri schermi Full HD alla modalità portatile è un sogno quando a comporre i pezzi dell’immaginario ormai risalente al 2006 è un team capace come quello di Square Enix.
All’epoca il risultato ottenuto sull’ormai anziana PS2 fu monumentale e non si impresse nella memoria dei più proprio perché palesatosi al momento sbagliato, in coda ad una generazione con gli occhi luccicanti delle meraviglie delle nuove console. Pochi si fecero trascinare dall’imponenza delle strutture, la vastità delle aree di gioco e il dettaglio generale, concentrandosi invece su una caratterizzazione estetica dei protagonisti molto distante dal passato (a tratti occidentalizzata, verrebbe da dire), sui bizzarri addominali del protagonista e il discutibile audio compresso, inevitabile pensando alla mole di dialoghi presenti. Il tempo però si è rivelato galantuomo con Final Fantasy XII The Zodiac Age, trasportando idee originali in un epoca in cui è più facile farle proprie.
Final Fantasy è sinonimo di storie coinvolgenti, dai tratti epici, capaci di tenerci incollati allo schermo per ore e ore, solo per sapere cosa sucederà 5 minuti più tardi. Non fa eccezione questo nostro ritorno a Ivalice, che nei sui primi istanti ci accoglie con cutscene dalla qualità (al tempo) abbacinante, trasportandoci in un mondo poco familiare ai fan dei capitoli immediatamente precedenti, persi tra derive steampunk, futuri distopici e incollocabili “presenti” in cui macchine e magia si intrecciano.
Il fascino dell’universo introdotto in Final Fantasy Tactics si ritrova nelle numerose razze presenti e nei sistemi politici sfaccettati che definiscono ognuna delle nazioni e delle città chiamate in causa: a volere fare un po’ di polemica sulle recenti produzioni Square Enix, il dodicesimo capitolo rappresenta l’antitesi di quanto visto dal XIII in poi – con produzioni che hanno visto concentrare l’attenzione sui personaggi e mettere tragicamente in secondo piano il mondo.
I creativi si sono dati da fare e ne sono orgogliosi, poco ma sicuro: perfino i personaggi meno rilevanti hanno la loro buona dose di scene animate e dialoghi doppiati, anche se poi dovessero finire nel dimenticatoio a causa del classico crescendo narrativo che espande la scala della nostra avventura partendo dai cunicoli e dalle botteghe per finire ai conflitti mondiali. Sembrano dettagli, ma pensare di salvare il mondo senza sapere chi sia il mercante più abile di Rabanastre è come essere buttati nella mischia senza la giusta preparazione.
Il mondo è mio
In questo, Final Fantasy XII eccelle come pochi altri esponenti del genere
, pur ricadendo nella consuetudine del piccolo eroe baldanzoso che farà la differenza nel gargantuesco mondo che gli verrà mostrato. Ciò che vediamo attraverso gli occhi di Vaan non è certo originale, ma è sicuramente utile nel rappresentare pensieri e reazioni di chi – come il giocatore – non conosce le sfumature politico/sociali di Ivalice. Come questo ladruncolo cacciatore di topi possa inserirsi nel disegno generale è fonte di controversie tra gli appassionati della serie, ma è solo il motore di avviamento per il viaggio che porterà Balthier, Basch, Ashe e Larsa a compiere il loro destino. Che questo sia riportare l’ordine in un mondo in guerra per via delle azioni di Vayne e dei giudici dipenderà dalla capacità di unire volontà e necessità di un gruppo decisamente variegato per etica e principi.
Il balletto narrativo costruito per tenere insieme un gruppo così disomogeneo non è male, anche se ogni tanto fallisce nel trovare reale sinergia d’intenti che non si riconduca semplicemente ad un banale atto eroico o scriteriato: il tutto è comunque tenuto insieme dalla costante attenzione a ciò che circonda il gruppo – in fin dei conti dei fuggitivi/criminali – e dei loro conseguenti comportamenti.
Il mondo di gioco è di per sé meritevole di considerazione al pari dei personaggi, in particolare per l’abbandono della linearità (salvo incombenze di trama) vista nei capitoli immediatamente precedenti. Non vi sono grandi città e world map stilizzate o navigazione via menù: ogni complesso urbano, villaggio o campeggio di fortuna ha uscite che danno direttamente sulle grandi aree che fungono da connessione – in pratica la mappa del mondo, completamente esplorabile in scala 1:1.
Nella versione originale ciò comportava grandi camminate che potevano perdere fascino agli occhi di qualche giocatore (stolti, dico io!), cosa risolta in questa nuova versione con la possibilità di velocizzare il gioco due o quattro volte, rendendo molto più tollerabili le lunghe traversate tra deserti e boschi.
Eventuale noia da traversata a parte, è innegabile come questo approccio contribuisca a cesellare in modo efficace i tratti di ogni razza e tribù presenti nel gioco, trovandosi a condividere con loro non solo i nuclei abitativi ma anche gli habitat e i biomi che hanno contribuito a dar forma – ad esempio – al villaggio delle Viera. Ogni miniera, ogni rovina o tempio è descritto adeguatamente nei dialoghi dei membri del party, che ci istruiscono sull’ambientazione in modo abbastanza naturale, aggirando spesso il rischio “spiegone obbligatorio”.
Ma un JRPG di questa portata non è solo trama ed esplorazione, ma anche combat system: vedere Final Fantasy XII immediatamente dopo il primo esperimento online di Square dona l’impressione di trovarsi dinanzi ad un “MMO offline” in virtù del suo sistema fatto di “aggro” dei nemici visibili sulla mappa (senza transizioni nel passare al combattimento), attacchi automatici e priorità dettate da condizioni preimpostate dal giocatore.
Wow, dove sono finiti i miei turni?
Dopo il meraviglioso impianto a turni di Final Fantasy X, che abbandonò il classico ATB per abbracciare dinamiche strategiche al 100% e non vincolate dalla reattività sui comandi, il dodicesimo episodio inverte di netto la rotta e introduce i “Gambit”, ovvero una serie di azioni che si compiono al verificarsi di determinate condizioni. Normalmente i nostri personaggi attendono da noi la conferma per attaccare un nemico (premendo A si ferma il tempo e abbiamo modo di impostare singole azioni), mentre con i Gambit possiamo impostare preventivamente delle azioni “causa/effetto” nel modo a noi più congeniale, così da diventare spettatori compiaciuti delle battaglie che si dipanano secondo i nostri piani.
Possiamo impostare il leader perché attacchi sempre il nemico più pericoloso, facendosi coprire le spalle da un secondo personaggio che attacca prioritariamente chi prende di mira il leader e dall’healer che cura chiunque si trovi con meno del 50% degli HP. Inizialmente la cosa può sembrare limitante, ma la grande malleabilità del sistema e la possibilità – comunque – di intervenire in ogni momento con azioni dettate del giocatore offrono un controllo totale sugli eventi. Da provare, per credere.
Parlando invece di crescita del personaggio, abbiamo un sistema ibrido tra il classico aumento delle statistiche ad ogni livello e la sferografia di Final Fantasy X, in questo caso rappresentata dalle Licenze. Trattasi di tabelle/scacchiere (irregolari) in cui spendere i punti licenza che otteniamo all’uccisione di ogni nemico, determinando ogni dettaglio dello sviluppo del nostro personaggio: l’aumento della forza, degli HP, l’apprendimento delle magie, la possibilità di usare determinati oggetti (divisi in classi, ognuna da sbloccare come licenza) o anche una nuova stringa di Gambit per perfezionare le nostre build.
Questo meccanismo di per sé già molto interessante si sposa con uno degli aggiornamenti più corposi visti in questa edizione “The Zodiac Age”, ovvero l’introduzione di 12 Job da assegnare a piacere ai personaggi e modificabili in qualsiasi momento si voglia (aggiunta della versione Switch: su PlayStation 4 la scelta del Job era definitva). Spariti dunque i dubbi sull’effettivo potenziale dei singoli personaggi o i timori di dover ricominciare l’intera partita per aver mal speccato un membro cruciale del team.
Grande personalizzazione, pianificazione, automatismi, vastità e possibilità di accelerare i lunghi tempi del farming: sulla carta Final Fantasy XII The Zodiac Age è una manna per gli amanti del genere.
Nel complesso dunque il lavoro di aggiornamento svolto in questa nuova edizione del classico Square Enix è da promuovere per quel che concerne esperienza ruolistica nipponica e capacità di guardare all’utenza con l’introduzione di miglioramenti per quel che concerne la quality of life, così come è facile apprezzare il lavoro svolto dal punto di vista tecnico: pur trattandosi di un titolo dell’era PS2, va considerato come ciò che appare sui nostri schermi 6.2″ è una rimasterizzazione pensata per le console di nuova generazione – PS4 prima e Xbox One in seguito – e che già altrove non si era mostrata di semplicissima gestione costringendo gli hardware ad un framerate di 30fps – anche qui preservati.
Trovarsi a casa su Nintendo Switch
Ciò detto è innegabile che si tratti di uno dei titoli più interessanti presenti sulla console, grazie a scelte cromatiche che ben contrastano con il “mattone” delle città e il giallo del deserto: i colori sono accesi e vivi, anche quando si chiamano in causa gradevoli tinte pastello. Il mondo è fantastico, sì, ma senza perdere la bussola: la grande concretezza nella sceneggiatura ricade anche nella costruzione degli ambienti e nella creazione della fauna, creando un complesso tutto sommato più credibile di tanti esponenti nel genere. La magia è data per acquisita, ma si dà grande spazio a spiritualità e tecnologia, in un equilibrio globale dettato dalla classica politica spietata. Meno amnesie, destino, supervillain magici, meteore e via dicendo, ma più concretezza. Non occorre avere una masamune di 3 metri per fare paura.
Dando uno sguardo alla libreria di Nintendo Switch è davvero difficile trovare titoli paragonabili a Final Fantasy XII e la cosa è allo stesso tempo un pregio così come un limite di una produzione di qualità che ha cercato in tutti i modi di trovare un’identità riconoscibile e superare le diffidenze. Parlando di Final Fantasy difficilmente il dodicesimo capitolo viene nominato con toni entusiastici o citato come prima esperienza, nonostante i precedenti episodi 3D siano invecchiati un po’ maluccio (anche il X) e questo invece si sia rivelato tra i più coraggiosi nell’interpretare il passaggio generazionale e le necessità di cambiamento di una grande fetta di appassionati attratta dalle proposte “in tempo reale”.
Ad oggi, con tutte le modifiche e i miglioramenti apportati alla formula originale e le possibilità offerte dalla portabilità, Final Fantasy XII The Zodiac Age ha completato la sua transizione da sperimentale titolo limitato dall’hardware di genesi in produzione di livello che colma una mancanza dell’offerta della piattaforma, offrendo ai fan dei JRPG un titolo ricco di frivolezze tipiche del genere (grinding, collezionabili, segreti, etc) ma anche di spessore narrativo e personaggi atipici. Per ogni ragazzetto che urla di non arrendersi in faccia alla realtà c’è sempre una figura matura pronta a riportare tutti con i piedi per terra, ben sapendo che la fine si può celare anche dietro la più insospettabile delle minacce. A volte sono gli stessi comprimari a palesare insofferenza per gli atteggiamenti tipici degli eroi adolescenziali – ed è una boccata d’ossigeno per il pubblico più maturo.
Sappiamo bene che la produzione difficile del titolo ha portato ad una disconnessione di alcuni elementi strutturali in fase di completamento e che la stessa storia ha visto cambi di protagonisti e consistenti variazioni, ciononostante il risultato finale è di qualità anche in ottica 2019 e completa con successo il recente approdo in massa del celebre franchise giapponese.
La vastità dell’opera e la gratificazione che si ottiene dal padroneggiarne i sistemi sono dei must propri di pochi altri titoli. Dopo Final Fantasy X ci troviamo ad affrontare un altro viaggio fantastico, questa volta dovendo ricostruire da zero approccio, tattiche ed esperienze. Un Final Fantasy che a guardarlo di sfuggita non è un Final Fantasy, ma possiede uno spirito decisamente più fedele alla visione originale rispetto ad alcune delle recenti digressioni. Un ottimo titolo sconsigliato solo a chi non ha pazienza ed è alla ricerca di zuccherose avventure adolescenziali.
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