Sì, siete già morti
Sono passati sette anni dalla pubblicazione originale di Dark Souls. Il titolo sviluppato da From Software ricalcava le orme di Demon’s Souls, di cui ne era a tutti gli effetti il seguito spirituale, limando alcuni dei suoi elementi peculiari. Ad esempio la difficoltà o il complesso level design delle zone di gioco erano stati ulteriormente raffinati, processo che ha portato però a perdere qualcosa per strada. Giusto per citarne una, la world tendency. Le recensioni lo premiarono senza incertezze e la sua fama cominciò a crescere inesorabilmente. Oggi il gioco ci viene riproposto ancora una volta, in versione rimasterizzata e con il DLC dedicato al “prode” Artorias già al suo interno, pronto a farci morire ancora e ancora.

Il video iniziale spiega subito che il mondo, immobile, viene sconvolto dall’accensione della prima fiamma. I Lord si risvegliano e cominciano a vagare per le lande desolate, trovando un’anima ciascuno ed acquisendo così poteri inimmaginabili e quasi divini, come le hitbox sballate. Di conseguenza, iniziò la guerra contro i Draghi che dominavano la terra. Dopo averli abbattuti iniziò l’Era del Fuoco che sarebbe stata però destinata a terminare insieme alla fiamma, che col tempo si affievoliva sempre di più ma che venne alimentata da Gwyn, che vi si vincolò. Moltissimi anni dopo, il ciclo sta per ripetersi e la fiamma è di nuovo in procinto di estinguersi.
Il protagonista è un non morto, portatore del segno oscuro, il cui compito è viaggiare per ripetere il sacrificio di Gwyn. Oppure no. Questa è la storia a grandi linee ma, come molti sapranno, il gioco non la narra mai in maniera diretta. Tutto è lasciato alle descrizioni, alle parole sussurrate dai PNG, alla cosiddetta Lore da scoprire. Ovviamente c’è a chi può interessare e a chi no. Io appartengo al secondo gruppo: ho sempre inteso la serie Dark Souls come un esercizio di stile, fregandomene altamente della storia e rimane comunque un titolo perfettamente godibile senza alcun problema.

Avventuriamoci per Lordran
Il gioco è un action RPG in cui possiamo armarci di tutto punto per sconfiggere i vari nemici sparpagliati nel mondo di gioco. Armi di tutti i tipi, tra spade, lance, mazze e talismani, scudi e magie saranno i nostri strumenti di morte con cui farci strada. Ogni singola arma ha delle caratteristiche peculiari che la differenzia dalle altre. Range d’attacco, stile e peso sono solo alcuni degli elementi che si devono tenere sott’occhio durante la costruzione del nostro personaggio, la cosiddetta build. Fast roll, fat roll, quality, build per il PvE, build per il PvP.
Se vi piace personalizzare per bene il personaggio e far si che ogni vostra partita sia diversa da quella precedente, allora avete pane per i vostri denti. La cura per la personalizzazione, il level design e la difficoltà generale sono state realizzate in maniera talmente organica da creare, a tutti gli effetti, un nuovo genere, i soulslike, a cui molti si sono ispirati nella creazione di titoli, per così dire, “difficili”.

L’aumento di livello è determinato dalle anime, una sorta di valuta acquisita dopo aver ucciso i nemici o usando degli oggetti particolari. Elemento peculiare dell’intera serie From Software è che, al momento della morte, perdiamo tutte le anime acquisite, abbandonandole nel punto in cui siamo morti.
Per riottenerle si è costretti a ripercorrere la strada fatta, ovviamente con i nemici che compaiono nuovamente dopo ogni morte o sosta al falò, e acquisirle nuovamente nel punto in cui si è deceduti la prima volta. Se, durante la strada, ci capita di venire uccisi di nuovo, tutti i nostri sforzi vengono vanificati in quanto le anime perse in precedenza scompaiono definitivamente per essere sostituite da quelle possedute al momento della seconda morte. E così via.

Scorciatoie, scale e marchingegni
Uno degli elementi migliori del primo capitolo della trilogia, e secondo me mai raggiunto da nessun’altro capitolo se non Bloodborne, è il level design del mondo di gioco. Ogni area è interconnessa in ogni momento, con un hub centrale da cui è possibile partire per la maggior parte delle zone di gioco. Un vero e proprio gioiello fatto di passaggi semi-nascosti, scorciatoie da aprire facendo giri incredibili, ascensori da sbloccare e marchingegni che non si muovono. Il tutto è coronato da un sistema di check point, i falò, ben realizzato. Accendere un falò significa ripartire dal li in caso di morte ma è anche possibile recuperare la salute persa sedendosi.
È possibile potenziarlo per far si che ci vengano donate più fiaschette Estus, le nostre migliori amiche durante i viaggi e che sostanzialmente sono delle pozioni di cura. Si parte avendone cinque ed è possibile riempirle solo al falò che, se potenziato, ce ne darà dieci o quindici. Inoltre, dopo l’acquisto di particolari oggetti, si possono anche riparare o potenziare le armi così come teletrasportarsi tra le varie zone di gioco ma questo accade solo in una fase piuttosto avanzata… o anche sin dall’inizio, se ne siete in grado. La bellezza del titolo sta anche nel farvi esplorare da subito aree estremamente complesse ma risolvibili, con la giusta pazienza ed un enorme quantità di bravura e fortuna.

Come già detto sopra, sedersi al falò significa far ricomparire tutti i nemici uccisi ad eccezione di nemici unici e boss. È un’opzione da soppesare oppure di cui abusare nel caso in cui si voglia farmare un gran quantitativo di anime. Dopo aver esplorato per bene ogni più piccolo angolino è possibile affrontare i tanto temuti boss. È vero, sono creature estremamente potenti ma la loro difficoltà risiede più che altro nel memorizzarne i pattern di attacco.
C’è da dire infatti che è possibile portare a termine il gioco senza aumentare mai di livello, con una particolare build. Vi è quindi più una difficoltà mnemonica nel memorizzare ogni più piccolo movimento del boss a cui ovviamente è da abbinare anche un certo livello di skill da parte del giocatore. Dark Souls, infatti, non è un gioco per tutti. Spesso frustrante, può facilmente portare il giocatore ad abbandonarlo già poco dopo il primo boss a causa di picchi di difficoltà di certe aree. Al contempo, se è il giocatore a sconfiggere il gioco, la soddisfazione che ne deriva è rara da trovare in altri titoli. L’importante è trovare un proprio equilibrio e soprattutto non insistere. Se una determinata zona o boss non si riesce a passare, chiudete tutto, riposatevi e riprovateci più tardi, a mente fresca.
Una versione rimasterizzata… a metà!
Grazie a questa versione Remastered, le zone di gioco appaiono più brillanti e definite grazie ad un sistema di illuminazione rinnovato così come le texture sono state portate ad una risoluzione maggiore ma non sono tutte rose e fiori. Il comparto audio rasenta la tragedia, con degli effetti ipercompressi che danno un’orribile sensazione di ovattato a tutto, soprattutto in modalità docked. In portatile la situazione sembra leggermente migliorare ma siamo sempre su livelli piuttosto bassi.
Graficamente il titolo appare traballante, con i suoi 30 fotogrammi che scendono spesso e volentieri ma, fortunatamente, mai ai livelli del gioco originale, in cui la situazione era semplicemente disastrosa. A volte rallenta un pochettino ma, personalmente, non mi ha mai realmente rovinato l’esperienza. Da sottolineare una cosa: la Città Infame ha un frame rate stabilissimo.

Detto questo, stiamo parlando di Dark Souls. Un vero e proprio fenomeno mondiale con speedrun fatte con i controller più disparati e video infiniti strapieni di teorie. Quasi tutto conoscono il suo mondo di gioco e il suo stile, duro e che concede pochi spazi al giocatore. Chi ha già avuto modo di provarlo, anche brevemente, su una qualsiasi altra console e lo ha abbandonato, è inutile che ci riprovi. Di fronte ci si trova lo stesso identico gioco, con gli stessi identici contenuti e con miglioramenti minimi, ad esempio nell’uso degli oggetti dall’inventario o nel comparto multiplayer, con i giocatori aumentati fino a sei contemporaneamente (in due gruppi da massimo quattro giocatori l’uno) ed i server dedicati per una maggior stabilità.

Chi invece lo ha già provato ed amato potrebbe dargli un’opportunità nel caso in cui abbia saltato le altre versioni rimasterizzate per le varie console. C’è da dire che il gioco ben poco si adatta a sessioni in portatile. Oltre alla possibile mancanza di connessione Internet (marginale, visto che tra Wi-Fi pubblici e hotspot col telefono oramai siamo coperti ovunque) il gioco richiede al giocatore alti livelli di concentrazione, in ogni sua singola fase. Interrompere un combattimento contro un boss per poi riprenderlo è quasi un suicidio così come interrompere durante l’esplorazione, cosa che potrebbe confondere una volta ripresa la partita dati gli intricati percorsi quindi c’è da valutare bene se prenderlo o meno su Nintendo Switch. Sottolineo che il titolo, in modalità portatile, appare anche più bello che sulla TV. Adattarsi ai piccoli Joy-Con è facile e possibilmente, per alcuni, anche giocarlo in portabilità dentro casa può essere un punto a favore per questa versione. ma forse non sarebbe guastato un po’ di impegno in più.
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