Abbiamo ancora tanto da imparare, ma le idee non mancano
Nintendo ha avuto un ruolo importantissimo nella storia dell’industria videoludica e non soltanto per tutta una serie di idee relative alla tecnologia — vedasi le voci “console casalinga/portatile”, “stick analogico” e “motion control” — che tutt’oggi sono sopravvissute illese. La Grande N è riuscita a far entrare nelle case degli appassionati generi sconosciuti o riscoperti, titoli dall’elevatissimo tasso qualitativo che continuano a trovare nuova linfa vitale nei laboratori di Kyoto.
Prendiamo come esempio l’immortale saga di Mario Kart. Il primo capitolo, Super Mario Kart, ha visto la luce nel 1992, in un momento storico dove gli esponenti del genere avevano ben poco da dire. A fargli concorrenza, per la cronaca, c’era un certo Power Drift che faceva la gioia delle sale giochi; per carità, divertentissimo, ma molto meno profondo del prodotto Nintendo. La domanda sorge spontanea: cos’aveva Super Mario Kart rispetto agli altri? E perché la serie è tutt’oggi considerata un caposaldo dei kart racing game?
Super Mario Kart ha avuto il merito di essere il pioniere del kart racing game come lo intendiamo oggi. Eppure era un gioco che non spiccava né dal punto di vista estetico, né da quello prettamente tecnico: era infatti più lento degli altri titoli a causa delle limitazioni hardware del Super Nintendo. Ma è stato il primo nel suo genere a introdurre armi e gadget da utilizzare contro gli avversari, a combinare insieme personaggi dello stesso universo ludico-narrativo, a riunire sotto lo stesso tetto compagni di scuola e parenti.
Mario Kart è sinonimo di festa, ma non solo. Non solo perché i giocatori cosiddetti “hardcore” hanno sempre avuto un gioco da spolpare fino all’osso. Le meccaniche di gameplay all’apparenza semplici da gestire e al contempo giocose — che hanno poi decretato il successo della serie — nascondono una profondità invidiabile, che soltanto chi ha intenzione di dedicare ore e ore all’allenamento riesce a scovare ed a padroneggiare.
Pensiamo un attimo alla combinazione di pilota + veicolo + ruote + aliante presente in Mario Kart 8 Deluxe. Ogni componente ha un suo peso nelle statistiche che poi incideranno su velocità, manovrabilità, peso e accelerazione. Statistiche che influenzano la risposta dei comandi, la difficoltà nel prendere una curva stretta, la resistenza alle collisioni con gli avversari, persino l’efficacia della derapata e quindi dei boost. Quante variabili hanno preso in considerazione gli ingegneri Nintendo? E come diamine hanno fatto a renderle perfettamente amalgamate tra loro? È una domanda che, per i più attenti, sorge quasi spontanea.
Ed è la domanda che si saranno posti anche i competitor, nel corso degli anni. Dall’arrivo sul mercato di Super Mario Kart, sono stati messi in commercio cinquanta giochi di kart; quasi nessuno ha quantomeno pareggiato i conti in termini qualitativi con l’idraulico. Andando un bel po’ a ritroso, potremmo trovare un rivale non di poco conto, quel Crash Team Racing che seppe dividere gli appassionati del genere. Al tempo vi era anche un acceso dibattito sulla console più bella, più potente, con più giochi, più futuristica, più tutto insomma. Era l’epoca della prima Playstation contro il Nintendo 64. C’era in gioco il futuro di due grandi compagnie.
Crash Team Racing prese tanto dalla formula di Mario Kart: personaggi dello stesso universo, statistiche, derapata, tracciati articolati e ricchi di scorciatoie. Ebbe anche l’ardire di inserire nell’offerta ludica una campagna avvincente, con tanto di boss finale da sconfiggere alla fine di ogni torneo — contenuti non di poco conto e sui quali la Grande N dovrebbe voler puntare nel prossimo capitolo.
Negli ultimi due decenni troviamo altri esponenti illustri: Speed Freaks, ModNation Racers, LittleBigPlanet Karting, soffermandoci in casa Sony. C’è stato poi Sonic & Sega All-Stars Racing, col seguito diretto “Transformed” e un terzo capitolo in arrivo, ancora da scoprire. Tutti ottimi titoli, che senza dubbio hanno evitato un completo monopolio, ma che non si sono mai affermati come veri e propri capisaldi. È un po’ come quando Rockstar annuncia il suo open world; lo aspetti temporeggiando con titoli simili ma di minor caratura, fino a quando non metti le mani su Grand Theft Auto o Red Dead Redempion. Con Mario Kart è lo stesso, sai che prima o poi ne arriverà uno nuovo, ancora più ciccione, ancora più divertente, impareggiabile.
Il potere creativo di Nintendo tuttavia non scoraggia — e forse fa da esempio — le software house minori, in particolar modo quelle indipendenti. Nel contesto italiano, troviamo persino delle gemme rare, come Redout. Ok, permettetemi di divagare, lo so che non è un kart game, ma è comunque un ottimo esempio di racing game e il fatto che sia stato prodotto in casa nostra dovrebbe renderci orgogliosi. Ma capisco che, se proprio si vuole fare un paragone, bisogna far scontrare due pezzi da novanta appartenenti alla stessa categoria. Che ne dite quindi di un parallelo tra Mario Kart 8 Deluxe e All-Star Fruit Racing?
L’intenzione, se avete già letto la recensione del gioco più fruttoso mai concepito, non è quella di sparare sulla croce rossa, ma di trovare punti d’incontro tra due scuole tanto distanti e tanto diverse, geograficamente e culturalmente parlando, ma soprattutto con un enorme divario in termini di esperienza e di fondi a disposizione. Vi sconvolgerà saperlo, ma c’è qualcosina che Mario Kart potrebbe rubare a All-Star Fruit Racing.
Entrambi i giochi sfruttano il movimento dei kart nelle tre dimensioni e il boost derivante dalla derapata, che ha un effetto particolarmente benefico soprattutto nei tracciati più contorti, con più curve a disposizione del giocatore. In entrambi i titoli il concetto è circa questo: più lunghe saranno le strisce lasciate dagli pneumatici e maggiore sarà la velocità acquisita. In All-Star, tuttavia, attendere troppo a lungo può decretare l’arresto del veicolo a causa del surriscaldamento delle ruote, cosa che in Mario Kart non avviene. Vi è anche una diversa percezione del peso: in All-Star la guida è leggera, quasi si viene trasportati dal tracciato, in Mario Kart si fa a botte col terreno, le strettoie e le curve, persino con gli altri piloti.
Altro elemento in comune è lo stile visivo. Tutti e due fanno un sapiente uso dei colori, i tracciati si mostrano sgargianti, ricchi di sfumature di ogni genere, tutto intorno appare divertente e giocoso anche solo da guardare. Perlomeno sul fronte artistico, pur non raggiungendo le vette di Mario Kart, All-Star si difende più che bene.
Analizziamo ora le meccaniche di gioco di All-Star. Pur avendo dell’enorme potenziale, gli sviluppatori non sono riusciti ad implementarle al meglio, ma immaginiamo per un attimo che Nintendo decida di prenderle in prestito e di integrarle in Mario Kart. L’idea più interessante del fruttosissimo kart game è senza alcun dubbio il mescolamento dei frutti, un processo che consente di avere a disposizione tante armi quante sono le combinazioni a nostra disposizione.
Possiamo mescolare due frutti, tre o tutti e quattro, o limitarci a sfruttare il potere di uno solo di questi. A differenza di Mario Kart, quindi, il giocatore ha possibilità di scelta e il tutto assume delle tinte fortemente strategiche. L’importante è memorizzare cosa accade mescolando una mela con una banana, o aggiungendo all’infuso il potere dell’anguria.
In Mario Kart potremmo assistere alla fusione del pallottolo Bill con la buccia di banana, di un guscio rosso con la trombetta, della bomba esplosiva con il fulmine. Insomma, le combinazioni, se pensate in scala di soli due elementi, darebbero vita ad intrugli a dir poco interessanti. Pensate a cosa accadrebbe mescolando insieme quattro degli oggetti messi a disposizione dal gioco: calamako + fungo scatto + pianta piranha + fiore di fuoco= pianta carnivora che sputa palle di inchiostro a velocità supersonica. Non sarebbe male, dai.
Non solo, in All-Star ogni pilota ha la sua mossa speciale ed esclusiva. Considerato l’ampio roster di personaggi inglobati nell’ultimo Mario Kart, non sarebbe poi tanto difficile assegnare ad ognuno di loro un’abilità specifica. Mario potrebbe donare al veicolo l’abilità del salto (pensate di stare per incappare in una buccia di banana e di avere la possibilità di evitarla con un piccolo balzo), Bowser potrebbe tempestare la carrozzeria di aculei e tenere alla larga gli avversari, Donkey Kong potrebbe far tremare la terra, Link scagliare frecce o mettere mano al suo armamentario storico e così via.
Troppo complicato? Probabile, ma Nintendo potrebbe essere in grado di far fronte a tanta complessità. Ma se proprio vogliamo rimanere nei confini del possibile, allora perché non inserire la possibilità di personalizzare ogni elemento facente parte del veicolo, come in All-Star Fruit Racing, anziché limitarsi a scegliere tra i (tanti) pezzi di un catalogo?
Mi rendo conto che desiderare tutto ciò in un singolo Mario Kart e pretendere che funzioni alla perfezione è, a conti fatti, un segno di instabilità mentale. Ma questa non voleva essere una discussione volta ad immaginare ciò che Mario Kart non sarà mai, quanto a trovare dei punti in comune e di confronto con un gioco nostrano che, nonostante i difetti, è riuscito a farsi notare per qualche buona trovata.
All-Star Fruit Racing è il primo esempio concreto di kart racing game sviluppato in Italia, ma ha ancora tanti, enormi margini di miglioramento. Si spera che i ragazzi di 3DClouds abbiano gettato le basi per un sequel che sarà in grado di limare le imperfezioni e sfruttare il potenziale di quelle che sono, a tutti gli effetti, delle ottime idee sfruttate male.
E voi, cosa ne pensate? Riuscirà la scuola italiana ad emergere dal limbo che l’ha tenuta prigioniera per decine di anni? C’è qualcosa di altri kart racing game che vorreste vedere nel prossimo Mario Kart? Diteci la vostra nei commenti!