Peramele is in da house
L’arrivo su Nintendo Switch della trilogia storica di Crash Bandicoot, tre titoli che hanno scandito la storia e la vita commerciale della PlayStation negli anni della quinta generazione di console, non offriva facili previsioni sull’accoglienza da parte del pubblico. Da un parte, sono molti i giocatori Nintendo che hanno sempre avuto una pessima opinione del titolo Naughty Dog, visto come un tentativo fallimentare di rispondere alla qualità scioccante di Mario 64; dall’altra, però, più di qualcuno dei possessori di Switch ha amato le avventure del peramele in jeans dallo sguardo pazzoide. Cosa sarebbe successo, quindi?
Di certo c’è che Crash Bandicoot N. Sane Trilogy sta vendendo benissimo sull’ultima console di Kyoto, come del resto sta accadendo per quasi tutti gli approdi da altre piattaforme: abbiamo già visto come nel Regno Unito Crash abbia sbaragliato la concorrenza tra i titoli più venduti dell’anno (finora), e non sorprenderebbe ritrovare dati simili relativi ad altri paesi. Tutto cuore e nostalgia, o c’è della qualità?
Questa recensione non abbraccerà un approccio emotivo, né tanto meno si dilungherà sulla comparazione asincrona coi titoli originali (per lo meno, non più del necessario): cerchiamo semplicemente di capire se vale la pena spendere €39,99 per tre giochi riproposti due decenni dopo.
N.B. Se invece volete proprio capire cos’è cambiato nel gioco e nella fruizione dello stesso, e nei giocatori, in tutti questi anni, vi rimandiamo allo speciale del sottoscritto intitolato “Cosa succede quando giochi a Crash Bandicoot dopo vent’anni”.
I tre giochi di Crash Bandicoot erano e sono dei platform in pseudo 3D, una sorta di scorrimento verticale che si sviluppa in profondità. Il nostro strambo adorabile eroe deve percorrere i livelli cercando di recuperare il cristallo posto in ciascuno di essi, in conflitto con lo spregevole Neo Cortex, l’antagonista dei videogiochi dalla forma cranica più riconoscibile di sempre.
Per riuscire nel nostro intento, potremo saltare, attaccare con una mossa a vortice (gesto celeberrimo del nostro marsupiale) e, negli episodi 2 e 3, anche scivolare e cadere di pancia. I livelli di gioco sono caratterizzati, oltre che dall’ovvia presenza di un esercito di cattivi, da scatole di legno contenenti i frutti che corrispondono alle monete di Mario o agli anelli di Sonic, e di vari congegni esplosivi da evitare con cura.
Il gioco scorre lineare e vivace, una corsa ragionata in avanti che diverte con semplicità.
Il primo episodio costituisce quello più impegnativo: la soglia di difficoltà infatti è rimasta superiore a quelle delle due successive avventure, che anzi peccano in molti punti di eccessiva morbidezza nei confronti del giocatore. Il capitolo primo è ovviamente l’esempio su cui sono poi stati modellati gli altri con maggiore dimistichezza, ed infatti è anche quello più lineare nell’insieme delle quest: ai livelli in simil 3D si affiancano sezioni 2D vecchia scuola.
Il secondo episodio segnò l’inclusione di una maggiore fantasia da parte degli sviluppatori, fantasia esplicata in un gameplay più eterogeneo che raggiugnerà il suo zenit però nel terzo episodio, davvero ispirato tra livelli classici, corse, sezioni marine, e ambientazioni a cavallo di differenti contesti storici.
Insomma: correre, saltare, prendere, salvare. Questo si sa già, sempre, parlando di un platform. Entriamo più nel dettaglio.
Senza fronzoli: la realizzazione tecnica di Crash Bandicoot N. Sane Trilogy è meravigliosa. Personaggi e mondo di gioco sono stati gonfiati con una pienezza e vivacità esemplari, le scelte cromatiche ripropongono con maggiori sfumature, ma forse con minore luminosità, le pennellate dei titoli originali, le animazioni e le espressioni dei protagonisti sono (salvo qualche inspiegabile eccezione) davvero ciò che ci si aspetterebbe dopo vent’anni di progressi tecnologici. Tutto scorre fluido deliziando il gusto visivo, mentre gli effetti sonori e le musiche riportano all’orecchio voci e melodie che il giocatore, degli anni ’90 come del 2018, lascia volentieri posizianarsi in un angolino della propria testa.
Davvero un lavoro encomiabile quello di Vicarious Vision, che però pecca poi in un unico punto. Se sullo schermo di casa il peramele sfreccia a 720p, in portatile i scende a 480p, con la conseguente naturale perdita di dettaglio e scioltezza. In questo caso, insomma, si paga il prezzo del piacere della portabilità.
La tecnica ha restaurato la superficie dopo il lungo tempo trascorso; ciò che però conta risiede nell’anima, non nella pelle.
Mettendo al bando ogni affetto e campanilismo per il personaggio, indimenticabile compagno di pomeriggi di così tanti di noi, l’impressione sul gameplay non è dolce col nostro marsupiale del cuore: nella giocabilità, Crash Bandicoot non è invecchiato benissimo. Il motivo risiede proprio nella natura pseudo 3D che all’epoca ne segnò il successo: resta divertente, perché immediata e naturale, ma il senso di profondità ingannevole mette alla prova la pazienza e il buongusto del giocatore. Ciò viene generato da un paradosso, che è il seguente: in 32-bit, con i meravigiosi sprite spartani e spigolosi dell’epoca, era facile cogliere l’orientamento dei nostri movimenti; le ombre, lo spessore, le geometrie create dal remake tecnico, unite alla differente weltanschauung del giocatore contemporaneo di cui parlavamo in precedenza, fanno perdere l’equilibrio in questo genere di platform.
Non si tratta di un problema che mina l’esperienza di gioco in maniera globale, bensì della consapevolezza che oggi Crash Bandicoot richiede le giuste misure Joy-Con alla mano. A proposito: la croce direzionale di questi ultimi risulta abbastanza scomoda, troppo piccola e imprecisa. Ovviamente si può giocare con la levetta analogica; semplicemente il vostro redattore non ce l’ha fatta per coerenza, reputando necessario e fondamentale rivivere le avventure che lo incantarono da bambino con la stessa sensazione tattile.
Detto ciò, Crash rimane una canaglia dannatamente divertente. Semplice, vario, colorato, stimolante nella ricerca di tutti gli extra inclusi quelli delle prove a tempo (non sono pochi, specialmente se ricordiamo di avere tre titoli tra le mani), arricchito da livelli inediti: le ore di gioco che vi strapperà non sono poche, senza neanche accorgervene.
In definitiva, da non amante dei remake, non urlo al miracolo per questo Crash Bandicoot N. Sane Trilogy: il gameplay risente dei tanti calendari staccati dalla parete, e un personaggio così iconico starebbe benissimo in un mondo di gioco moderno, ampio, magari esplorabile, respirabile.
Tuttavia, per €39,99 possiamo godere su Nintendo Switch di una trilogia che ha segnato un’epoca, che emoziona il vecchio gamer e incuriosisce chi ancora non ha mai incrociato le strade del peramele.
In entrambi i casi, siete invitati alla festa: vi assicuriamo che non vi annoierete.