Eravamo otto viaggiatori alla taverna
“Se Bravely Default è il successore spirituale di Final Fantasy V, Octopath Traveler lo è di Final Fantasy VI”. Parole decisamente grosse, soprattutto se a pronunciarle è Takahashi-san, produttore di entrambi i titoli, quindi c’è del conflitto di interessi. A onor del vero si riferiva alle sole meccaniche di gioco e nonostante questa precisazione, suona lo stesso come la sparata dell’uomo alticcio al pub con la camicia per metà fuori dai pantaloni, e se avete vissuto quei masterpiece del genere come me potreste aggiungere a questa mesta immagine anche la macchia di alcool sulle maniche e la patta aperta. Dichiarazioni altisonanti o meno, Octopath Traveler è il gioco che aspettavo da tempo, mi ha stregato e causato sintomi da dipendenza del tipo perché perdo tempo per mangiare o dormire quando c’è un party da levellare?
Non so se l’intento fosse quello di avere per davvero un nuovo-ma-vecchio gioco 2D di Final Fantasy, e non so se Octopath Traveler merita di essere accostato ai mostri sacri, ma di sicuro mi ha ricordato l’estate sudacchiosa in cui mi sono spolpato Chrono Trigger, un gioco che per quanto diverso, noi occidentali ricordiamo con più affetto, anche perché in era SuperNintendo, l’occidente vedeva i giochi di ruolo col cannocchiale, e c’era persino confusione nella denominazione dei giochi, con Final Fantasy III che in realtà era VI e Dragon Quest che è diventato misteriosamente Dragon Warrior. Altri tempi. Abbastanza oscuri. Nonostante le cose che non so siano tante (e destinate ad aumentare), so per certo che il reparto grafico di Acquire è stato incaricato di realizzare una cosmesi estetica che richiamasse proprio quei titoli SNES, “la vecchia scuola”.

Il risultato è stupefacente. La tecnica adottata, definita come HD-2D, merita assolutamente il suo appellativo. Agli sprite che sembrano per davvero usciti da filtri enhanced di un emulatore, si affiancano tutta una serie di effetti e prospettive, possibili grazie alla potenza di Unreal 4, qualcosa che lascia davvero senza fiato perché riesce a dare una spettacolare pulizia e nitidezza a qualcosa che è abbozzata pixel per pixel e destinata a essere completato nella nostra mente. Effetti di sfocatura e messa a fuoco rendono la prospettiva parte integrante del gameplay, nascondendo bauli o mettendo in risalto i personaggi, gli effetti di neve, ricavati dalla porporina, sono evidentemente un artificio visivo, ma nella nostra mente non dubitiamo sia tutto reale, e aggiungono un tocco di dramma quando serve.
Forse è proprio il dramma a essere il filo conduttore unico tra i vari personaggi, otto in totale, che si ritrovano insieme per un mondo aperto ed interamente esplorabile (a loro rischio e pericolo) ma che poco altro hanno in comune, se non la voglia di viaggiare, insieme. Potrebbe essere questo il difetto più grande, e davvero ho faticato a trovarne. Qualcuno forse si aspetta che le storie si intreccino fortemente (come millantato durante la Treehouse Coverage dell’E3 appena trascorso tra l’altro) o che i destini di tutti quanti confluisca in un capitolo finale – magari segreto – in cui far fuori la minaccia assoluta mondiale/universale, anche se in maniera un po’ pretestuosa come di norma.

Ma per quel che so io, al momento in cui scrivo – più di 70 ore di gioco, un arco narrativo terminato e gli altri sette in procinto – non ve n’è traccia, dubito ce ne sarà e onestamente va benissimo anche così. Perché non importa quello che fai, se è di qualità va tutto bene. E i personaggi di Octopath Traveler sono ben differenziati in combattimento, caratterizzati da un proprio vissuto, e con una motivazione personale che li spinge a migliorarsi. Per di più, sebbene ci siano alcuni personaggi con un carattere più gentile e uno svolgimento della narrazione con alcuni momenti se non comici almeno più leggeri di altri, sono storie mature, sofferte e – VIVADIO – adulte. Dimenticate quindi le ingenuità in stile anime con quattordicenni complessati che parlano di esperienze di vita vissuta come decani ottuagenari e poi si risolve tutto con la forza dell’amore. Octopath Traveler ha anzi alcuni passaggi, sequenze, dialoghi, che fanno dubitare del PEGI in copertina.
Forse però questo lo sapete già, perché proprio nella prima demo era possibile scegliere la danzatrice Primrose o il guerriero Olberic, in viaggio alla ricerca di una sanguinosa vendetta. Primrose ha assistito al brutale omicidio del padre per mano di tre uomini incappucciati con il tatuaggio a forma di corvo, mentre Olberic Eisenberg, cavaliere di Visburgo, fu testimone dell’assassinio del suo magnanimo re per mano del suo compagno d’arme Erhardt. A loro si affiancheranno Alfyn lo speziale, che capirà che il suo villaggio non può offrirgli la conoscenza che il suo mestiere richiede, Cyrus lo studioso, allontanato dalla sua università, un esilio quasi voluto che gli consentirà di indagare su un tomo maledetto trafugato, H’aanit la cacciatrice, sulle tracce del suo mentore Z’aanta, scomparso durante una caccia alla fiera che minaccia un villaggio, Ophilia la sacerdotessa, che sostituirà l’amica Lianna nel ruolo di vestale in giro per le chiese per celebrare il rito dell’accensione, Tressa, una mercante che scoprirà che esiste un mondo da scoprire fuori dal suo villaggio e Therion, un ladro gabbato durante un colpo che si metterà in viaggio per far fede al suo onore.

Un cast variegato che si comporta diversamente anche in battaglia e in città, sebbene con sparuti punti in comune. In città infatti è possibile azionare – con pressione del tasto Y – l’azione viaggio di ogni personaggio. Therion e Tressa possono ottenere oggetti dai NPC, il primo rubando, la seconda pagando. Primrose e Ophilia possono convincere un NPC a seguirli per poi evocarli in battaglia, Alfyn e Cyrus possono scoprirne i retroscena e ottenere informazioni, sconti alla locanda, locazione di oggetti segreti e altro ancora. H’aanit e Olberic infine possono provocarli e combatterli al fine di ottenere qualcosa o semplicemente poter passare. Alcune di queste azioni però hanno una probabilità di fallimento, non sono viste di buon grado dai cittadini, e se la vostra reputazione scenderà a zero dopo quattro tentativi falliti, dovrete versare un obolo all’oste per far circolare voci benevole che riabilitino la fiducia che gli altri nutrono in voi, dato che altrimenti diffideranno e non potrete più usare l’azione viaggio in quella città. Non esattamente un twist di gameplay rivoluzionario, ma pur sempre un elemento di cui tener conto in più.
Per quanto riguarda il combattimento invece, è tutta un’altra storia: ogni classe infatti determina l’arma principale del personaggio e vi permetterà di poter acquisire abilità (e abilità di supporto) differenti: Ophilia prevedibilmente è la guaritrice del gruppo e può effettuare incantesimi di luce, Alfyn forse è simile, potendo anche lui guarire (ma anche riabilitare da status negativi, cosa che Ophilia non fa) ma il suo approccio alla magia, fatta di esperimenti con i vari ingredienti, lo diversifica abbastanza, oltre a consentirgli magie di attacco con gli altri elementali (fuoco, acqua, vento e tuono) eseguite in maniera più canonica da Cyrus (che non ha vento però tra gli elementali). H’aanit può evocare Linde, la sua compagna tigre, e catturare (ed evocare) i mostri che si affrontano. Therion è un ladro che può rubare oggetti, PV e PA (punti vita e azione), oltre ad attaccare coi pugnali come Primrose che inoltre può effettuare incantesimi di tenebra e altri utili a modificare i parametri di alleati e nemici. Infine, Olberic è il classico guerriero con attacchi di spada e lancia molto potenti, ed è forse il punto di partenza ideale per i neofiti.

Il desiderio del produttore di realizzare un gioco di ruolo vecchia scuola ma giocabile da chiunque è forse esemplificato dal combat system, profondo ma semplice. Oltre alla possibilità di attaccare con colpi fisici e magie, usare oggetti e difendersi (o fuggire), è di fondamentale importanza scoprire a quali elementali o tipo di armi sono deboli i nemici, e se si è fortunati abbastanza poter giovare del Dominio, una condizione in cui i nemici sono storditi e subiscono il doppio dei danni.
Un’altra sfumatura da non sottovalutare è l’ordine di turno dei personaggi, mutevole da turno a turno, con la possibilità anche di lanciare magie atte a modificarlo, e che vi condurrà a calcoli decisivi, soprattutto durante le boss battle. Boss battle che se prese sottogamba, con componenti del party poco adatti o con livello troppo basso, rischiano di durare molto, anche mezz’ora o tre quarti d’ora (e a volte durano tanto anche se i personaggi sono già potenti abbastanza). Ogni capitolo richiede di visitare una città diversa, chiaramente indicata sulla mappa o sul radar (disattivabile), e reca con sé un consiglio sul livello auspicabile, ma ho trovato questa informazione abbastanza labile, trovandomi magari ai ferri corti con il boss nonostante fossi dieci livelli più avanti di quanto consigliato o a mio agio con boss teoricamente più potenti.

Infine, come ulteriore velleità tattica, ogni eroe può ottenere fino a 5 PP (Punti Potenza; si ricaricano da soli a ogni turno se non si usano), da usare per aumentare di livello il proprio attacco/incantesimo fino a lv.4, in modo da aumentare il numero di colpi e/o di danni. Un attacco potenziato in questo modo quando il nemico è sotto Dominio può diventare davvero devastante. Nessuna di queste caratteristiche è nuova nel genere; in compenso rendono le fasi di combattimento sempre divertenti e sempre con un minimo di tensione, tanto che le fasi di grinding non annoiano, e ne avete da grindare, credetemi.
E devo dire di essere spiazzato. Sotto l’egida di NintendOn ho avuto l’onore (e l’onere) di recensire jrpg del calibro di Dragon Quest VIII e Shin Megami Tensei IV, ringraziando il cielo per la possibilità di automatizzare i combattimenti. In Octopath Traveler non c’è questa possibilità ma nemmeno ne ho sentito l’esigenza. Ovviamente non mi sono annoiato a giocare tali capolavori su Nintendo 3DS ma veramente Octopath Traveler riesce a essere divertente sempre, forse proprio per questa sua semplicità.

O forse per il senso di libertà che si respira: il mondo è esplorabile a piacimento, il sistema di abilità ti lascia scegliere quale abilità acquistare prima, e sperimentare sulla composizione del party e sulle combo in battaglia è molto soddisfacente. Quando non si combatte, nei villaggi c’è sempre qualcosa da fare, in particolar modo missioni secondarie con NPC, ai quali alle volte bisogna anche sapere come approcciarsi; a volte un NPC non vorrà vendere a Thessa un oggetto, poiché cimelio di famiglia, e dovrete rubarlo con Therion, oppure dovrete accrescere la vostra abilità da furfante interrogando un altro NPC prima e così via. Non c’è pericolo che alcuni membri del gruppo arranchino col livello perché dovrete usarli tutti, dato che la loro presenza è indispensabile per il prosieguo della loro main story.
A ben pensarci il giocatore si trova davanti a un ciclo, sempre identico. Ogni capitolo (32 in totale, 4 per personaggio) chiede di arrivare e indagare in città, affrontare la discesa nel dungeon e il boss in fondo, per poi ripartire in viaggio. La ripetitività avrebbe potuto essere un fardello mostruoso, insieme ai combattimenti casuali; avevo paura di trovarmi di fronte a un mostro da battere, ovvero: il gioco stesso. La struttura ciclica invece si rivela essere perfetta per narrare le otto avventure dei nostri otto eroi e un’abilità di supporto di Cyrus dimezza la probabilità di incontri casuali. Inoltre ci sono dei dungeon segreti da scoprire in giro per la mappa (e piccoli accorgimenti per renderne meno noioso il movimento attraverso, come poter “teletrasportarsi” in città già visitate) e quattro classi segrete tutte da scoprire, oltre alla possibilità di poter dare una seconda classe a ogni pg tra quelle già conosciute. Con il level cap fissato a 99, potreste giocare anche 80/100 ore per poter fare tutto, o limitarvi a circa 60/70 per completare le main story dei protagonisti.

Forse la semplicità – e quindi leggerezza- dei vari impianti e la profondità nel combat system non sarebbero bastate a fare di Octopath Traveler il gioiellino che è, e qui subentra il grosso del lavoro di Acquire (e ovviamente di Square Enix), un lavoro che ha reso sontuoso e perfetto ogni istante di gioco. Ogni aspetto potenzialmente nocivo è stato limato: i dungeon durano il giusto, i capitoli mai troppo ed è sempre possibile stemperare una fase di gioco dedicandosi all’esplorazione libera o passando alla storia di un altro personaggio, tutto in una cornice sontuosa fatta di pixel art, effetti grafici moderni e una colonna sonora da brividi. No dico: DA BRIVIDI. Vi ritroverete a fischiettare il battle theme e diverrete schiavi dell’ariosità delle musiche, praticamente quasi ogni città ha la sua, sono davvero numerose e una più bella dell’altra, non esito a sbilanciarmi che avrebbe assolutamente senso giocarlo anche solo per le musiche.
Octopath Traveler è un lavoro bellissimo dell’uomo, che mette l’arte al servizio del gaming e ve lo serve su un piatto di argento, sul quale passerete decine e decine di ore di pura delizia. Quello in cui pecca è soltanto una mancanza di coraggio forse. Octopath Traveler verrà ricordato per essere uno dei giochi migliori della gen forse, ma non inventa e non rivoluziona: la narrazione, seppur frammentata in otto segmenti diversi, è abbastanza standard e anche tutto il resto può definirsi “classico”.

Però tenendo in considerazione che di giochi con un’anima da Secret of Mana (e una realizzazione da urlo) non ce ne siano poi tanti in giro, sarebbe inopportuno cercare di recensire quello che non c’è, quando si può apprezzare quello che c’è. E quello che c’è è un viaggio, anzi otto viaggi che, si spera, vi incanteranno come pochi jrpg sanno fare: quelli che mandano a scuola di game design tutti gli sviluppatori del mondo e che rendono felici e fieri tutti gli appassionati del genere.