Boom boom CRASH
Quando giocai la prima volta a Crash Bandicoot avevo i capelli a caschetto, ora mi arrivano in fondo alla schiena; il pensiero ricorrente della settimana era il Topolino al mercoledì, ora ci sono le bollette. All’epoca mia madre mi chiamava cucciolo di mamma, ora si riferisce al sottoscritto con lupo, orso, mostro (dolce, lei <3): insomma qualcosa deve essere cambiato, credo.
Com’è allora tornare a giocare a un titolo iconico degli anni ’90 oggi, nel 2018? Perché è vero che tutto è in divenire, sempre, e tutto si trasforma, per dirla con Lavoisier.
Ma forse certe cose non cambiano mai.
Perché non ho ancora capito che cos’è un peramele?
Nessuno si domandò cosa fosse Crash Bandicoot, quando uscì. Eravamo bambini; era un personggio come un altro, reale nel nostro cuore.
Poi diventi grande, leggi qualche articolo o forum di troppo, e senti il termine peramele. Ma ti pare un’invenzione assurda: a questo punto, perché non dovrebbero esistere kiwianguria, o pizzagelatoalgustopuffo*. E invece, come spesso accade, il peramele era reale, è reale. Chiaramente non indossa jeans e scarpe da tennis (le mode di Australia e Tasmania possono essere differenti), non è antropomorfo, ma esiste.
Genere di marsupiali peramelidi diffuso con poche specie in Australia e Tasmania: sono simili a ratti, con muso allungato, piede con il primo dito tronco e privo di unghia; le femmine hanno un marsupio con apertura posteriore; sono onnivori e si nutrono soprattutto di insetti e altri piccoli animali che trovano scavando nel terreno.
Come sempre: CHE SBALLO IMPARARE
*Il vero etimo della parola parola deriva da pera, marsupio, e meles/melis, tasso.

Cosa essere questo?
Il tipo di gioco e la conseguente telecamera della trilogia di Crash Bandicoot sono quanto di più superato possa esistere oggi in un videogioco tridimensionale; lo era già all’epoca, se confrontato a Mario 64, figuriamoci ora.
Oggi siamo abituati a due scenari spaziali agli antipodi, ma entrambi definiti dalla consuetudine: se un gioco vuole essere moderno, allora è open world; se vuole essere retro, allora è in 2D.
La soluzione che Naughty Dog adottò nel 1996 rappresentava una via di mezzo fra 3D e 2D: al videogiocatore moderno questa situazione appare pure follia. Ed infatti non è facile abituarsici (o riabituarsici): io stesso mi sono trovato in diverse occasioni a girare la levetta destra per spostare la telecamera, funzione ovviamente mai esistita; sono un pirla.
Eppure in questo aspetto risiede uno dei motivi di fascino di questa N.Sane Trilogy: farci riassaporare uno stile di gioco che venne amato da milioni di videogiocatori in tutto il mondo, e che oggi rivive nella sua versione sintetizzata, i running game 3D.
Da piccolo non mi innervosivo così
Potrebbe succedere di perdere numerose vite in Crash N. Sane Trilogy, e di conseguenza la pazienza, in qualcuno dei livelli più ostici, specialmente nel primo episodio.
Ma quella di Crash non è mai stata una serie particolarmente ostica: il discorso sulla difficoltà qui si riallaccia al punto precedente.
La profondità bislacca che costituisce lo scheletro del gioco trae in inganno il giocatore d’oggi.
Si va quindi di solita, inossidabile prassi: riprovare, riprovare, trattenere le oscenità che la nostra ugola vorrebbe liberare, completare il livello, spegnere la console che è meglio.
La grande pace videoludica
Negli anni ’90 Crash e Mario erano rivali. Non dal punto vista ludico, bisogna ammettere con massima tranquillità, perché i due giochi vivono su pianeti completamente diversi; ma entrambe erano icone delle proprie console, e aziende soprattutto, di appartenenza. Perché non dobbiamo dimenticare gli anni della guerra fredda videoludica, in cui ogni piattaforma costituiva un pensiero e una proposta opposta alle altre.
Il primo grande passo in avanti lo fece il porcospino blu del nostro cuore, che nel 2001 SEGA fece correre su Game Boy Advance di Nintendo. Robe da pazzi, ricordo che le riviste ai tempi non parlavano d’altro.
Sony non manifesta una tale apertura, e i fatti recenti circa Fortnite vanno in questa direzione. Tuttavia Crash è arrivato su una console della Grande N: non si può assolutamente parlare di evento epocale, perchè alla fine è il mercato che decide questo genere di operazione, ma la presenza delle prime tre avventure del peramele sull’ibrida di Kyoto non passa inosservata.
Anvedi Tawna, oh
Dove un tempo c’era purezza e innocenza, ora non risiede che la provocazione dell’ormone. Poveri, poveri noi.
Perché se da bambino neanche mi resi conto che Crash peregrinò attraverso lande terribilmente ostili al fine di conquistare il cuore di un altro esemplare della sua specie, una volta partita la cutscene d’incipit su Nintendo Switch, complice anche il nuovo dettaglio grafico del remake, non passano inosservate le forme generose e lo sguardo ammaliante di Tawna.
Diciamo che se fossi un marsupiale, ci farei un pensierino.

Childish Gambino è il Crash Bandicoot della musica contemporanea
Petto nudo, pantaloni e scarpe. Espressioni accentuate e ricche di espressività. Conosciuti in tutti il mondo. Stile da vendere. Movenze ipnotiche.
Change my mind.
I mondiali sono sempre i mondiali
Era un lunedì sera quando mio padre mi regalò il primo episodio di Crash Bandicoot; era l’edizione Platinum, ossia quella dei giochi cult per PlayStation a prezzo ridotto. Non era il mio primo Crash: avevo già divorato con voracità il secondo gioco della serie.
Insomma, ricordo bene fosse lunedì perché babbo non era mai in casa, tranne appunto il lunedì, giorno di riposo molto comune tra i ristoratori in Calabria; e ricordo bene fosse giugno invece perché c’erano i mondiali. Francia 1998.
Proprio come allora, il peramele creato da Naughty Dog addolcisce un’estate scandita dalle partite, un salto su una scatola e un gol, un boss e uno scontro diretto.
Forse è vero che certe cose non cambiano mai.
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