Baseball Riot – Recensione

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Genere: Puzzle, Sport
Multiplayer: No
Lingua/e: Completamente in lingua inglese

Perché la Coca-Cola era troppo mainstream.

Visto il sempre crescente successo di Nintendo Switch, 10tons ha ben pensato di allargare il bacino della sua utenza e di far sbarcare i suoi giochi anche sui lidi dell’ibrida giapponese. Dopo JYDGE, Neon Chrome e Tennis in the Face arriva dunque Baseball Riot, titolo che, a dispetto del nome, trasuda tutto tranne che sportività.

Il gioco è fondamentalmente un puzzle game basato sulla fisica, molto simile per certi versi al più celebre Angry Birds. Invece di lanciare perfidi uccelletti contro branchi di suini, tuttavia, dovrete fare affidamento sul talento di un giocatore di baseball alle prese con un grave infortunio: Gabe Carpaccio.

Povero il nostro Gabe…

Gabe Carpaccio era una star del baseball. Con poche e sintetiche pagine di un giornale intitolato Ball Catcher Daily, viene spiegato come sia finito a colpire a pallate i suoi ex compagni di squadra. Per farla più breve del gioco stesso, l’Explodz Inc, azienda produttrice di bevande energetiche, ha contaminato i consumatori con una miscela non del tutto salutare. Il nostro eroe, quindi, dovrà vedersela con un’orda di sicari non pagati che assedieranno la città sotto forma di fastidiosissimi ammiratori, arbitri corrotti, astuti ricevitori e tante altre figure che ricalcano gli stereotipi di uno degli sport più americani al mondo: il baseball, per l’appunto.

Tramite un tutorial a dir poco essenziale ci vengono spiegati i fondamenti del gioco: mirare e colpire. Tutto qui. A variare il nostro approccio al gameplay ci sono, come accennato in precedenza, diversi figuri da far rinsavire — sempre che una pallina in fronte sia in grado di ridestare sinapsi andate perdute — e la disposizione di ostacoli e pareti, talvolta utili (se non necessari) a deviare la traiettoria della palla e altre volte nemici giurati dei nostri lanci.

Si passa dunque dal più becero degli ammiratori, intontito e per nulla coinvolto nella sua quotidianità, ad altri individui con caratteristiche che ci obbligano a prendere le dovute misure. I ricevitori, ad esempio, indossano imbottiture sulla parte anteriore del corpo e possono essere colpiti solo alle spalle o dietro la nuca. Altri ancora mettono in bella mostra un guantone che intercetta i nostri lanci, ma sono vulnerabili se colpiti alla testa o dal petto in giù. C’è poi da tenere conto di barriere di vetro da infrangere, assi di legno da far ribaltare ed esplosivi che alla minima sollecitazione fanno saltare tutto per aria, rendendo le cose più sbrigative, ma meno pulite — non che la cosa influisca in qualche modo comunque, anzi.

Dritto nelle parti basse!

Baseball Riot si sviluppa seguendo il percorso tracciato su di una mappa. Ogni settore di quest’ultima ci permette di affrontare poco più di una decina di livelli, durante i quali potremo raccogliere delle stelle — tre per la precisione — che faranno da testimoni all’impegno profuso durante ogni sessione di gioco.
Per avanzare al settore successivo è infatti necessario raccogliere un certo quantitativo di stelle, elemento che rende la superficialità a dir poco deleteria. È da segnalare in ogni caso che in certi frangenti l’obiettivo minimo da raggiungere si è rivelato più ostico del previsto, anche a seguito di risultati discreti.

Meccaniche semplici devono essere supportate da un design dei livelli via via sempre più esoso, pena la noia. Putroppo Baseball Riot non riesce in questo difficile compito e già dopo un’ora di gioco s’inizia a sentire il peso del tempo. I livelli sono quasi sempre simili, il posizionamento dei “bersagli” opinabile e in generale sembra che gli sviluppatori abbiano voluto allungare il brodo con una distribuzione degli ostacoli e delle pareti un po’ votata al caso. Si passa quindi da livelli completabili con un paio di lanci ad altri dove bisogna procedere a tentoni, le volte in maniera artificiosa, pur di trovare la mossa in grado di farci compiere il grande strike.

Speriamo sia la volta buona…

I livelli in totale sono poco più di un centinaio, completabili nel giro di 2-3 ore di gioco, a seconda dell’impegno versato tra un lancio e il successivo. La varietà c’è, ma si presenta a sprazzi, e il più delle volte si assiste ad un rimescolamento delle carte che non mette in ballo niente di nuovo. Un peccato, perché il potenziale c’era, vista soprattutto la cura riposta nell’aspetto comico-demenziale del titolo. Non che il livello di sfida sia assente, intendiamoci; in certi momenti s’innalza bruscamente e riesce a far girare qualche ingranaggio, ma a seguire, il più delle volte, si caccia un sospiro di sollievo anziché un gesto di esultanza.

Baseball Riot paga la sua natura da dispositivo mobile. La grafica dai tratti cartoon, sebbene risulti piacevole ad una prima occhiata, col tempo tende a calare nell’anonimato. Confrontando i modelli del gioco con quelli di Tennis in the Face, inoltre, è facile intuire come gli sviluppatori abbiano riciclato gran parte del proprio lavoro. Il comparto sonoro si limita al semplice accompagnamento: poche tracce ripetute e familiari a chi bazzica nel mondo del gaming mobile già da anni a questa parte.

Di rimbalzo dovrei beccarlo…

Tirando le somme, Baseball Riot è consigliato soltanto ai grandi appassionati dei puzzle game che fanno della fisica — molto approssimativa — una componente principale. Il gioco potrebbe rivelarsi un gradito intrattenimento preso poco alla volta, magari tra un viaggio e l’altro, in momenti dove si vuole tenere la mente sgombra. Difficile pensare che possa ritagliarsi una fetta di pubblico consistente, almeno nel mercato console. Più probabile che riesca a raggiungere una cerchia di consumatori meno esigente, in grado di apprezzare questo tipo di produzioni nonostante i vistosi limiti.

Giocato per circa due ore grazie ad un codice gentilmente offerto per la recensione.
Pro: Idea di fondo con del potenziale, non si prende troppo sul serio.
Contro: Meccaniche di gioco troppo semplici non supportate da un design dei livelli equilibrato.
5.5

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