The Labo After: una settimana dopo – Speciale

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What a difference a week makes… (semi-cit.)

È passata una settimana dall’annuncio (a sorpresa) di Nintendo Labo: se ne sono dette di tutti i colori, anche su NintendOn, con diversi autori che hanno voluto esprimersi sull’onda dell’annuncio. Oggi invece ci ritroviamo per fornire un’analisi a mente fredda, cercando di mettere da parte il trasporto e mettendo la razionalità davanti a tutto.

Vediamo cosa è cambiato in 7 giorni… cosa ne pensa NintendOn di Nintendo Labo?

Pronti a giocare?

Massimiliano Imbimbo

Un cartone, delle scatole, quelle che ci giocavamo da bambini e che immaginavamo diventare case, automobili, astronavi e chi più ne ha più ne metta. Dei semplici “sogni” immaginifici, quel qualcosa che solo con la fantasia di un bambino poteva prender vita, e ora… l’hanno ripresa, stropicciata, “riciclata” e semplicemente resa reale. Nintendo prende la sua console, la sua migliore console casalinga degli ultimi 20 anni, e ne stravolge forma e utilizzo, dando anche ai futuri sviluppatori un modo per realizzare personali periferiche a costo zero, per sfruttare le peculiarità più strambe dei giochi e reinventare ancora una volta il videogioco. Il confine con tra realtà e digitale non è mai stato così sottile, e mentre tutti rincorrono la realtà virtuale, il mondo digitale e distaccato della realtà, Nintendo si ferma, riflette, mette le carte in tavola e ancora una volta ribalta il tavolino da thé, con un’idea e una genialata che, nella sua semplicità, stravolge e tocca i cuori di chi ha dimenticato un po’ di quell’innocenza infantile, di quei giochi fatti di immaginazione, più che di giocattoli. E allora sì, un po’ di poltiglia di legno triturato mischiato a colle e solventi, un hardware flessibile e adatto a tutti, un software che sprizza bontà e ingegno da tutti i pori e la rivoluzione è servita, ancora una volta, direttamente da Tokyo, nelle nostre case.

Magari a molti sarà andata un po’ giù male, nonostante siano passati diversi giorni, ma io continuo a immaginare di riprendere un gioco, ricostruire quel marchingegno di cartone, e una volta finito riporlo piegato nel cassetto, come un sogno che con il tasto ON diventa realtà, e ci permette ancora una volta di rivivere un’avventura tutta nuova. Ma dov’è il trucco? Forse semplicemente nella scelta dei tempi, perché ad un anno e qualche giorno di distanza, quando ormai nessuno si aspettava di dover scoprire altro di Switch, Nintendo svela il suo ultimo (?) numero di magia, e crea infiniti mondi e possibilità partendo dal principio di tutto, da ciò che un po’ tutti noi sogniamo di fare ancora, e che spesso dimentichiamo: immaginare.

Il potere dell’immaginazione è grande!

Diego Inserauto

Scrivere un pezzo sull’onda dell’emotività espone al pericolo di contraddirsi dopo un po’ di tempo, quando gli animi si sono raffreddati e si è costretto a fare i conti con se stessi di fronte allo specchio. C’è un detto che recita che solo gli stupidi non cambiano mai idea, quindi oggi avete la conferma: sono stupido.

Labo nella mia testa continua a essere una grande opportunità sulla quale ombre del passato alimentano il mio scetticismo. Troppe volte ho visto un accessorio potenzialmente figo durare meno di Wario Ware Smooth Moves, condannato all’oblio da un CdA pieno di pance sazie dai profitti o vuote dal flop. E allora perché crederci? Perché è così che faccio con le idee, le coltivo e magari un giorno guarderò quell’orticello con lo sguardo fiero di un padre.

Best case scenario? Un futuro pieno di third party o ancora meglio, una fan-community che raccolga l’eredità e sviluppi le proprie idee. E tutti pronti a fare un ordine online, ma per avere gli scatoli da poliformare in futuri LABO.

Successo annunciato o meno, continuo a ringraziare che esistano progetti così fuori dagli schemi, che poi siano realizzati da una multinazionale non può che lasciare il sorriso sulle labbra.

Riccardo Piccinini

Dal canto mio, “l’analisi asettica” l’ho fatta

. Il cartone ha preso il posto della plastica e Nintendo cerca di venderci contemporaneamente accessori di comodo e nuove esperienze via periferiche. Commercialmente, ha senso e non è nulla di fondamentalmente “nuovo” di per sé.

Però se mi si devono chiedere delle sensazioni, l’unica che riesco a trovare dentro di me è l’indifferenza. Di quella più totale. L’annuncio di Labo per me è accomunabile alla pubblicità prima del telegiornale. La ascolti passivamente e quando è finita non te la ricordi più. Perché stai aspettando altro. L’attenzione è rivolta alla trasmissione successiva. Ai giochi. Ai Fire Emblem ed i Metroid Prime. Sono conscio di non essere il target di questo prodotto e non me ne faccio un problema. Lo ignoro. Un comportamento che so essere quasi alieno alla cultura di oggi, dove bisogna per forza dare sfogo ad un’opinione forte, anche se insensata.

Un po’ mi dispiace che Nintendo, dopo aver finito di lanciare bombe a destra ed a manca per il primo anno di Switch, abbia deciso di puntare ad un target diverso da me per questa prima metà di anno. Ma non me ne faccio un problema enorme. Non fatevi prendere dalla fretta e pensate a finire il vostro backlog. Che tanto lo so che non avete ancora tutti i semi Korogu di Breath of the Wild.

Wow… ma dobbiamo per forza entusiasmarci tutti?

Elena Eugeni

Nintendo Labo è il classico oggetto di cui non sapevate di avere bisogno prima di vederlo. E c’è un motivo se non lo sapevate: non ne avete bisogno davvero. Possiamo passare ore ad applaudire il genio creativo di Nintendo, che si spreme le meningi per innovare ed al contempo per farci tornare a giocare con i cartoncini, come da bimbi. L’idea di per sé ha un che di poetico ed è quasi commovente proporre un prodotto del genere nell’attuale panorama del gaming, dove si gioca molto sulla potenza. Ma la realtà vera verissima è che Labo è utile quanto un parrucchino per una lumaca.

Sono piuttosto convinta che i futuri acquirenti se lo godranno con estrema innocente e fanciullesca gioia per una decina di minuti (dopo averne spesi parecchi per montarlo) e poi lo lasceranno su uno scaffale. Più o meno come abbiamo fatto con gli amiibo, ma di sicuro le statuette sono più decorative di un coso di cartone. Magari il mio è puro e semplice pessimismo, ma mi piace pensare che sia senso pratico: quanti di voi davvero vogliono giocare giorno dopo giorno indossando simil-zaini di carta? Le periferiche aggiuntive, per essere davvero fruibili, devono essere comode e più semplici possibili da usare. Perché complicare un gameplay che di per sé può essere divertente e magico?

Demetrio Sposato

Nintendo Labo potrebbe essere descritto come uno di quei sapori difficili sia da definire che da gestire, come ad esempio lo zenzero. Prima lo assaggi, e dici: “Che è sta roba? Ma va col dolce o col salato? Pizzica ma non è piccante, ma che è?“. Poi ti ritrovi tempo dopo allo stesso ristorante giapponese a dire al cameriere: “Non si dimentichi di quegli indescrivibili straccetti di zenzero insieme alle portate!“, e dopo mangiato: “Sto scoppiando… Mi servirebbe proprio una tisana zenzero e limone“. Ecco, all’annuncio Nintendo Labo ha suscitato in me le stesse perplessità. Perplessità pregne di curiosità però, perché la Grande N insegna al mondo da sempre (anche quando eventualmente sbaglia). A una settimana dall’uscita non abbiamo ancora ben chiare le linee di questo imminente arrivo, perché non si sa ancora nulla di ciò che costituirà il suo cuore pulsante, ossia i software. Ciò che è cambiato in me in sette giorni, è di non vederlo più come un prodotto esclusivo per gli smanettoni del Sol Levante, né tanto meno per bambini. Su quest’ultimo aspetto, credo che Nintendo abbia subdolamente riproposto la sua idea di family gaming: i grandi aiuteranno i piccoli nelle costruzioni, ed entrambi godranno infine dei giochi (con prevedibili scene di adulti che s’impossessano incontrollabilmente del balocco, perché l’importante è restare bambini anche sotto la barba e le occhiaie). Lo zenzero è una pianta perenne, proprio come lo è la voglia di sperimentare di Nintendo. Questo è un gusto che nei videogiochi insaporisce e soprattutto fa bene, sia al mezzo che a chi ne usufruisce

Il target ideale di Nintendo Labo. Basterà?

Damiano Pauciullo

Ad una settimana dalla sua presentazione, il clamore mediatico su Nintendo Labo si è placato, per fortuna. Clamore sia positivo che negativo, sia chiaro: troppe persone che ne parlavano male, come se ormai Nintendo avesse intrapreso la sola strada dei “bimbi”, troppe persone che hanno elogiato la cosa come “l’invenzione del secolo”. Una lancia a favore di Nintendo devo però spezzarla anche io: Labo è di certo qualcosa che va fuori dagli schemi e per farlo non è servito rincorrere l’ultimo pixel o la tecnologia più evoluta anzi, siamo tornati alle genuinità del passato dove colorare, costruire e giocare di fantasia era più reale di qualsiasi VR esistente, e tutto ciò potrebbe tornare di “moda”.

Qualche perplessità in ogni caso per me rimane, a partire dal prezzo che giustificato o meno dalla presenza del software, all’occhio della massa è comunque visto come cartone venduto a peso d’oro. La verità sta nel mezzo, ma la mossa azzardata e lodevole di Nintendo deve vedersela con i tempi cambiati sia nelle abitudini sia nel volere dei più piccoli. In ogni caso non c’è da preoccuparsi: al massimo potremmo trovarci con un Pokédex di cartone o il braccio cannone di Samus; in quel caso mai come prima d’ora Nintendo sarà riuscita a farmi tornare bambino.

Alessandro Concina

L’incipit del mio pensiero su Labo prenderà le mosse dalla conclusione del pezzo di Diego “I soliti cartoni giapponesi”, nella parte in cui recita “guarderò i miei Toycon e mi sembrerà di scorgere Satoru Iwata e il suo indimenticabile sorriso”. Io concordo e sottoscrivo, ma ci aggiungo pure una parolina fondamentale che manca: purtroppo.

Lo sapete ragazzi come la penso, sotto la presidenza Iwata Nintendo ha toccato il punto più basso della sua storia, con una serie di E3 imbarazzanti e progetti fallimentari o dalla dubbia natura come il vitality sensor o il misterioso QOL. Ecco, in questi accrocchi di cartone in cui incastrare una console da 300 e rotti € scorgo, con profondo terrore, sprazzi di quella Nintendo confusa e pasticciona che speravo vivamente fosse solo un lontano ricordo.

Ad aggravare questa sensazione vanno a contribuire anche molteplici perplessità, quali la robustezza delle strutture (per quanto solido sia è sempre cartone) o reale profondità dell’esperienza una volta superato il fattore novità.

Se la mia reazione, a caldo, è stata quella riassunta qui sopra, dopo una settimana di riflessione posso aggiungere un importante “ma”. Al netto del mio totale disinteresse per Labo, non posso condannare, almeno non totalmente, il tentativo di Nintendo di provare a battere strade nuove: questa volta anche con il chiaro intento di strizzare l’occhio alle fasce di età più giovani, da sempre un pubblico importante per Nintendo e che hanno trovato forse terreno meno fertile che non in passato su Switch. Viste con gli occhi di un bambino, le idee mostrate nel trailer possono effettivamente avere un appeal molto forte, senza sottovalutare i tanti papà che si divertiranno ad assemblare e giocare con le varie iterazioni di Labo. Poi penso anche: la softeca del primo anno di Switch è stata fenomenale e il futuro si prospetta altrettanto roseo. Finché dunque qualità e quantità di giochi per la console si manterrà su questi livelli, mia cara Nintendo, fai pure tutti gli esperimenti bislacchi che vuoi: io li guarderò, sorriderò e poi mi metterò a giocare a Metroid Prime 4.

Se ad ogni Labo corrisponde un Metroid Prime 4, allora ok.

Pietro Spina

Ho passato i giorni immediatamente successivi all’annuncio cercando di trovare un senso alle numerose critiche che venivano rivolte al prodotto: il prezzo ad esempio, ritenuto alto in quanto si parlava di cartone, dimenticando che comunque era venduto in abbinata con un software e ogni pezzo necessario per comporre un prodotto comunque molto interessante a livello creativo.  Oppure la necessità di esternare la propria intolleranza verso il concept, quando l’annuncio fin dai primi istanti ci avvisava di come avessimo tra le mani un prodotto per i più giovani: se non è creato per te, è giusto lamentarsi perché non si addice ai tuoi gusti?

L’errore di fondo stava nell’aver dimenticato l’universalità di Nintendo, la quale è attesa al varco da ogni genere di giocatore, nel bene o nel male. Questa è la sua forza e il suo punto debole, parlando di Nintendo Labo, un prodotto dall’appeal tanto universale nella teoria quanto potenzialmente ristretto all’atto pratico: la percezione del pubblico può essere devastante e anche le idee più geniali possono scontrarsi con piccoli difetti strutturali, con la noia, con la presunta arretratezza tecnica, per poi fallire. Nintendo Labo per me al momento è un grosso punto di domanda, una favolosa idea ludica che si spera possa tramutarsi un successo commerciale, ma mi è davvero impossibile visualizzare buoni risultati senza e senza ma.
Nel mentre, penso a tutti coloro che proveranno comunque a mettere lo zainetto del kit del robot, per poi guardarsi allo specchio e rendersi conto che forse, per loro, il tempo di Labo è passato. Un po’ triste, vero? Ma emblematico.

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