Una furia tra i gironi dell’inferno
Giocare a Furi durante la settimana in cui Nintendo ha presentato al mondo Labo, che fa di spensieratezza, sorrisi e creatività i propri punti di forza, mi ha praticamente estraniato dal mondo: mentre tutti erano lì a fantasticare su cosa avrebbero potuto realizzare con i cartonicini, io stavo combattendo per l’ennesima volta contro lo stesso boss che, nonostante le decine e decine di prove, riusciva sempre in qualche modo a fregarmi. Ed è proprio questo il bello di Furi, titolo originariamente uscito su PlayStation 4, Xbox One e PC e ora disponibile anche su Nintendo Switch: il suo mettere alla prova le capacità del giocatore, ma in modo completamente differente da, per esempio, un Nintendo Labo.
Niente fantasia, qui serve concretezza; limitati al massimo i sorrisi, concentrazione e rabbia la fanno da padroni; con la creatività poi, meglio non osare troppo e cercare solo di studiare le mosse avversarie per regolarsi di conseguenza. Furi è un viaggio nei panni di un misterioso cyborg-samurai dallo stile molto futuristico con la sua armatura al neon, con capelli bianchi e ricci che rappresentano in pieno la matita di Takashi Okazaki, già character designer di Afro Samurai. Nulla ci viene spiegato, ci ritroviamo imprigionati in un mondo parallelo formato da tanti mini pianeti sospesi nello spazio con la Terra sullo sfondo; non sappiamo perché siamo lì ma siamo imprigionati, incatenati, finché un uomo vestito da coniglio non ci libererà e ci farà da guida e mentore, proprio come Virgilio con Dante. In questo gioco che mischia diversi generi come gli hack’n slash, il bullet hell shooter e gli stick shooter dovremo intraprendere un viaggio proprio in questi mondi, ognuno con il proprio stile e capitanato da un boss protettore, i cosiddetti carcerieri che sorvegliano la nostra eventuale fuga.

Ciò effettivamente avviene, e non avremo nemmeno il tempo di capire cosa siamo e dove siamo che subito dovremo affrontare il primo dei carcerieri: un tutorial ovviamente, che però già mette in difficoltà per la brutalità con cui il nemico attacca, visto che noi giocatori siamo dei novellini, è vero, ma colui che è stato imprigionato sembra essere un pericolo per tutti. Perché mai questi personaggi ce l’hanno con noi? Di risposte ne avremo molte, tutte in pillole e raccontate durante le lente, silenziose e suggestive camminate verso un nuovo nemico da eliminare. Furi è questo, un susseguirsi di boss fight in cui la storia pian piano prende forma; il tutto è raccontato dal nostro accompagnatore-coniglio il quale, con frasi enigmatiche, svela i motivi per cui ci troviamo lì e per cui siamo stati imprigionati. Forse non è tutto come sembra, i carcerieri con cui combatteremo riveleranno un loro lato umano al punto da cominciare a farci tentennare su chi sia dalla parte del giusto: tutto culminerà con una nostra scelta finale che, sebbene porti ad un finale “buono” ed uno “cattivo”, resta in ogni caso troppo banale rispetto a ciò che tutto il viaggio ha portato a farci immaginare. Forse quando inizialmente parlavo di abbandonare la fantasia e pensare alla concretezza avrei dovuto applicare la cosa anche alla storia; avrei evitato un po’ di amaro in bocca.
Alla fin fine, però, il cuore di Furi è il gameplay e su quello The Game Bakers ha davvero colpito nel segno. La pace apparente dei mondi che si susseguono, quel camminare lento e silenzioso del protagonista mentre il nostro mentore e accompagnatore ci fa luce sulla realtà, mentre deserti, fogne, città tecnologiche e giardini giapponesi fanno da sfondo, ci conducono verso l’ennesima boss fight che metterà a dura prova la nostra pazienza, abilità e capacità nello studiare le mosse avversarie. In Furi non si muore mai per colpa del gioco e questo è si di una difficoltà incredibile, ma mai straziante: possiamo definirla invece punitiva perché distrarvi o affrontare superficialmente un nemico vi porterà a morte certa. Ogni scontro può essere suddiviso in tre parti, ognuna differente e che richiede abilità specifiche; finita la cutscene che presenta il carceriere da affrontare, tutti realizzati magistralmente con solo qualche piccola eccezione, saremo pronti ad uno scontro a fuoco nell’arena: il nostro cyborg-Samurai è infatti dotato non solo di una katana, ma anche di una pistola laser il cui fuoco è indirizzabile con l’analogico destro.

Nella prima sessione dovremo proprio affrontare lo scontro come un misto tra stick shooter e hack’n slash, alternando schivate, colpi laser e fendenti ravvicinati per togliere la maggior quantità di vita al nemico. Dopo un buon numero di colpi subìti avremo una fase diversa che si ripropone più volte nel corso della battaglia: uno scontro con sole lame in cui il movimento è limitato e non potremo fare altro che evitare gli attacchi ravvicinati del nemico e controattaccare. Sarà fondamentale fin dall’inizio imparare a usare la parata, prima ancora di saper attaccare: nel caso di riuscita recupereremo infatti una piccola porzione di salute e, se questa sarà una parata perfetta, stordiremo il nemico per poterlo colpire con un potente attacco speciale molto coreografico. La terza parte inizierà quando il nemico sarà messo alle strette e avrà una sola barra di energia: qui l’anima bullet hell shooter di Furi viene fuori in tutta la sua cattiveria e per qualche minuto non dovrete far altro che schivare i centinaia di proiettili, raggi laser e bombe che vi si scaglieranno contro, fino a quando il carceriere, stremato, non vi lascerà abbastanza tempo per avvicinarvi e finirlo definitivamente.
A parole sembra facile (o forse no?), ma sappiate che oltre all’abilità occorre avere una grossa dose di pazienza, con la consapevolezza di dover ripetere una boss fight anche una ventina di volte, magari perché soccomberete nell’ultima fase che, quindi, vi obbligherà a ricominciare lo scontro dall’inizio. Come detto prima, dipenderà tutto da voi, il gioco risponde istantaneamente con precisione ai vostri comandi, nonostante qualche rara volta mi siano capitati degli inspiegabile freeze da pochi decimi di secondo, un’infinità in un gioco del genere. Se però questi capitano durante sessioni molto concitate dell’azione, sono inspiegabili alcuni glitch e rallentamenti grafici nelle fasi di “esplorazione”, quando la calma e l’effettivamente poca presenza di dettagli a schermo dovrebbe far filare tutto liscio senza la minima esitazione.

Furi è pensato per far vivere un viaggio ai giocatori, ma la meta deve essere sudata; su questo è basata anche la longevità del gioco che fa della “ripetitività” il proprio punto di forza. Affrontare decine di volte lo stesso boss farà aumentare di molto le ore giocate e, nonostante ciò, non sentirete mai arrivare la noia, dal momento che il titolo ha sul giocatore l’effetto di fargli desiderare in tutti i modi di superare i propri limiti e rimediare ai propri errori. Ciononostante è possibile anche selezionare una difficoltà minore che però, oltre a far calare drasticamente le ore di gioco (in questa modalità potreste finire Furi anche in due ore), renderà la storia meno comprensibile, con alcuni dialoghi e fasi di boss fight completamente tagliate; un chiaro segno da parte degli sviluppatori che il gioco deve essere giocato alla difficoltà consigliata (così ci piace, ndDemetrio). Furi metterà a dura prova le vostre capacità, ma sicuramente non quelle di Nintendo Switch, che riesce quasi sempre a garantire i 60fps. Di certo non possiamo descrivere il comparto grafico di Furi come ricco di dettagli, ma ciò passa davvero in secondo piano quando uno stile così particolare fa mostra di luci, neon e inquadrature mozzafiato; uniamo al tutto una colonna sonora magistrale che, con tracce elettroniche anni ’80, immergono completamente nei combattimenti, ricordando moltissimo il lavoro fatto dai Daft Punk in Tron Legacy, che con Furi condivide luci e combattimenti teatrali.
Anche Nintendo Switch può finalmente godere di questa piccola gemma, sicuramente non perfetta, ma che nella sua semplicità riesce a coinvolgere il giocatore tanto da far diventare le boss fight una sfida con sé stessi, più che contro l’aguzzino del nostro alter ego. Forse giocarlo in modalità portatile, vista la grandezza dello schermo e le lunghe e frenetiche sessioni di gioco, non è l’ideale, ma possiamo dire che Furi è riuscito a conquistare la console ibrida giapponese che speriamo sopravviva alle vostre sfuriate di rabbia per l’ennesima sconfitta. D’altronde il titolo del gioco ci avverte fin dall’inizio.