Sono ANIME, non CARTONI (cit.)
In previsione del reveal di Nintendo Labo, avevo pigramente azzardato in chat qualcosa di simile al Google Cardboard (Pics or didn’t happen – NdPittanza) Del resto i joycon sembrano studiati per sperimentare nuove forme ludiche e sappiamo bene della necessità di Nintendo di rispecchiare quella Difference, che fa tanto slogan anni ‘90 ma che sappiamo tutti essere qualcosa di concreto e di indefinibile al tempo stesso. Come cercare la definizione di anima, qualcosa che diamo per scontato esista, ma alla quale le parole non riescono a dare forma. E chissà se nel settore sviluppo e ricerca hanno proprio avuto il Google Cardboard come ispirazione.
Vagamente, la Nintendo Difference è qualcosa che potrebbe venire in mente solo alla casa di Kyoto, sia esso un software come Wii Sports, sia una periferica, o un brand dalle mille opportunità come Nintendo Labo. Proprio come ai tempi di Nintendo Wii, con il celeberrimo concept trailer del telecomando Wii, alla prima visione ha fatto seguito lo sconcerto, alla seconda qualche risata di sbeffeggiamento, alla terza l’esplosione di piacere che Muller spicciami casa. Alla quarta un velo di tristezza: non sono io, vecchiardo inacidito, il target di questo prodotto, forse.
Ma se Nintendo Labo deve ancora convincermi, mi ha già confermato che il DNA Nintendo, attraverso il passaggio di presidenza, è rimasto immutato: è sempre la stessa casa che cerca di stupire, di spiazzare, e di far spuntare un sorriso in ogni volto. E di far schizzare in alto le azioni più di quanto si impenna la lira con Pravettoni, vendendo cartone – eco-friendly, ma pur sempre cartone. Ok, l’ho già scritto, sono vecchio, per cui concedetemi qualche tocco di materiale cinismo qua e là. C’è più di qualche foglio di cartone: c’è intanto l’atto creativo (ovviamente si tratta di cartone preforato, non esattamente “il mio fruttarolo mi regala i cartoni delle banane e lo faccio uguale”), che porterà già via un po’ di tempo (per preparare il piano coi suoi tredici tasti si parla di due ore per il montaggio), poi il gioco vero e proprio – e qui serve la cartuccia, non c’è Muciaccia che tenga.
Sono quindi assolutamente convinto che lo stupore colorerà il mio volto mentre girerò il manico del volante della mia moto e ne sentirò le vibrazioni come se fossi su un motore, e quando dalla pressione di qualcosa di semplice come… beh, un pezzo di cartone, scaturirà una nota. Ma la domanda che mi sorge spontanea è: how long? Mi stuferò presto dello scatolame dentro casa? I minigiochi – o i programmi, forse è meglio mantenersi sul vago – saranno intrattenenti abbastanza? Poi mi ricordo che sono quel brasato che ha passato ore a giocare con la batteria di Wario Ware per Game Boy Advance o che ha perso ore in altri minigiochi come quello dell’aereoplanino di carta, e mi dico che potrebbe essere un non-problema.
Vi rendete conto, comunque, che in quel di Kyoto non hanno ancora smesso di sperimentare? Ma come fanno ad avere ancora voglia? In fondo basterebbe infilare di forza la scheda video di ultimissima generazione, far uscire un MarioZelda a stagione e profit. Sono spesso tacciato di essere un brontolone incontentabile, ma in fondo io sono felice della situazione attuale del mercato. Certo vengo da un passato dove Konami non faceva schifo e aveva senso avere più console in casa, e mi rattristo a vedere Capcom (e i suoi brand che adoro) esule in un momento che sembra così gioioso per Nintendo, ma in fondo c’è ancora chi osa, anche se l’occhio va rivolto altrove, magari agli indie o alla grande N appunto. L’idea che io, la cui prima parola pronunciata è stata COMMODORESESSANTAQUATTRO, possa il 20 aprile 2018 avere tra le mani un oggetto ludico al quale non so come rapportarmi, è una cosa incredibile, che non credevo potesse più concretizzarsi. Già solo per questo mi chiedo: come si fa a odiare Nintendo? Come si fa a lasciare cuore ed emozione in un cassetto? Ok, posso seriamente capire i gusti personali, ma di fronte a un’azienda che cerca modi sempre nuovi di far giocare, di suscitare il buonumore, si può pretestuosamente restare indifferenti? Certo che sì, ma quanti paraorecchie e paraocchi ci vogliono, oh!
Guardando il sito ufficiale Nintendo poi noto: monta, gioca, scopri. E mi si apre un mondo. Perché se prima ero curioso di sapere cosa Nintendo può fare, adesso sono curioso di vedere cosa l’utenza può fare. Quanti nuovi Pitagora Switch (cantate con me: Pi Ta Go Ra Su-i-cciii!) su youtube. Siamo praticamente davanti a LEGO Technic 2.0! Milioni di miliardi di possibilità. E poi di nuovo il timore sudorifero: lo sfrutteranno a dovere? O vedrò un altro N-prodotto dalle potenzialità inespresse come il gamepad di Wii U? Forse però la gente smette di innamorarsi per paura del cuore infranto? E in fondo in questo caso, se un cuore c’è, è già di cartone.
Nintendo sa titillare le mie corde con le giuste suggestioni. con un video che è finto ma ci voglio credere, che è vero ma mi lascia fantasticare. E magari un giorno sarò costretto a differenziare i miei Toycon, non lo escludo. Ma stasera vado a letto con un sorriso sulle labbra, e nei prossimi giorni, le antenne drizzate a ogni minima news, dalla mitologia non richiesta e poco attendibile, come Miyamoto alle prese con le sue ultime passioni (bricolage e decoupage), agli approfondimenti su come funziona tecnicamente la cosa e perché su Switch sì e altrove no. Ci puoi andare vicino, replicare in qualche maniera l’oggetto usando i Lego e qualche sensore di movimento, driver ad hoc su PC, e via a complicarsi la vita pur di non comprare Switch, un po’ come quelli che hanno The Legend of Zelda Breath of the Wild con cemu. Su un pc che costa più del doppio di Switch e usando lo smartphone per fare alcuni sacrari. In 4k però, mica come me sfigato che ci gioco sul bus.
Ok, scusate il rant da ottuagenario che non capisce il piacere delle cose, e torniamo al redattore ampolloso con la sua visione delle cose: i bambini del 2018 sono davvero fortunati. Certo, io bambino nel ‘90 lo sono stato probabilmente di più: ho vissuto l’era d’oro della console war, sono entrato in una sala giochi vera (puzzava), anzi in più di una (puzzavano, tutte), mi sono stupito alla prima voce sintetizzata in un videogioco (papà, il c64 parla. IL COMPUTER PARLA!), ho visto le tette quadrate di Lara, mio padre appassionarsi a Super Mario Bros. (e a Lara, ma lui ci giocava) e vissuto tanto altro ancora che ne avrei mille da raccontar, giammai Project Robot sviluppar. Eppure i bambini del 2018 hanno giocato a un Mario epocale, in una console che è già tra le mie preferite di Nintendo di sempre, e adesso potranno gioire di Nintendo Labo, e fingersi Actarus, loro che non sanno manco cosa è Goldrake (ma soprattutto cosa ha rappresentato), indossando uno zaino che manca solo la parola protonico ed è già leggenda ectoplasmatica. Li invidio davvero tanto, e sono contento perché quel senso di scoperta potranno viverlo anche loro. E potremo viverlo anche noi. O ignorarlo se ci va, ma una cosa la posso di certo dire: guarderò i miei Toycon e mi sembrerà di scorgere Satoru Iwata e il suo indimenticabile sorriso. Grazie ancora presidente, grazie ancora Nintendo.