L’inutile polemica di fine 2017
Questa edizione del “Libero Pensiero” è classificata PEGI 18. Se fossimo negli USA sarebbe AO. In Giappone sarebbe Z. Tutto questo per dire che non mancheranno termini scurrili e ineleganti in questo pezzo e qualsiasi riferimento sessuale, così come ogni classificazione di genere o razza, sono puramente voluti a scopo educativo. Quindi prendere e portare a casa, astenersi perditempo.

Non è la prima volta che qualche lamentela in merito alla sessualizzazione viene trattata sulle pagine di NintendOn: già ai tempi di Bayonetta 2 il buon Giulio Vitali ci spiegò come certe tematiche in un videogioco richiedano chiavi di lettura diverse, sicuramente meno superficiali di quelle utilizzate dai polemisti dell’ultim’ora.
Che poi la vera domanda è dove risieda la polemica, quale sia il fulcro su cui si erge la reazione scomposta di “femministe” / sjw / moralisti / educatori / vegani / etc.: un paio di tette? Già, l’ultima polemica che durerà giusto il tempo di qualche articolo acchiappaclick e altrettanti tweet di pseudo-personalità dal facile trigger è legata ad un paio di ENORMI tette, scovate all’interno di quel gioiellino che risponde al nome di Xenoblade Chronicles 2.

Piuttosto che raccogliere le singole lamentele, tutte somiglianti e a tratti talmente banali da farti sospirare per lo sconforto, proviamo a chiederci quanto davvero possa essere rilevante l’inserzione di un personaggio spiccatamente fanservice in un titolo di stampo giapponese creato e studiato per una cultura che ben pochi problemi ha nel metabolizzare l’estremizzazione del corpo femminile.
Povera Dahlia, che ci ha fatto di male? Questa Blade/Gladius rara che si può trovare casualmente durante l’avventura è frutto della collaborazione di Monolith con tanti artisti del settore anime/videogiochi, che hanno prestato le loro matite per creare dei concept cartacei che poi sono stati ripresi e riadattati dai modellatori – a volte modificandone sensibilmente le fattezze per ottenere coerenza stilistica tra tutti i personaggi. L’idea di avere Tetsuya Nomura, Kia Asamiya, Hideo Minaba, Shunya Yamashita, Soraya Saga e chi più ne ha ne metta è di certo vincente, oltre che un ottimo modo per attirare il pubblico in terra natia.

Per Risa Ebata è stata l’occasione di creare un personaggio che potesse andare oltre i limiti imposti dal proprio lavoro, che l’ha vista all’opera con la serie Macross, AKB0048 o la fantastica interpretazione di Hatsune Miku. Basta un’occhiata al suo portfolio per trovare figure femminili magari provocanti, ma sicuramente in linea con le produzioni orientali del genere e quindi incapaci di essere considerati eccessivi da tutti coloro che sono pronti a saltare al primo accenno di provocazione.
Dahlia è dunque un eccesso pianificato, un esercizio di stile, una provocazione “nascosta” destinata a raggiungere solo quella fetta di giocatori interessata ad un titolo spiccatamente nipponico e chiaramente costruito sull’immaginario anime tanto caro alle nuove generazioni. Non per niente tanti giocatori che hanno trovato intriganti i primi due Xenoblade hanno arricciato il naso di fronte a questa nuova impronta artistica.

E dunque per qualche motivo dovremmo preoccuparci delle fattezze di questo personaggio? Perché ritrae un corpo femminile dalle proporzioni assurde e probabilmente incompatibili con la vita stessa? A quanto pare non ci basta pensare che si tratti di un’arma che assume una forma fisica in linea le aspettative/l’immaginario di chi la evoca dal suo cristallo (Trad. Rex e soci sono dei pervertiti in fondo in fondo) per privarla della sua carica provocatoria.
Difatti quella di ricorrere alla spiegazione del contesto narrativo è una delle più classiche scuse utilizzate per tentare di evadere dalle critiche, esattamente come quei malati che fantasizzano su personaggi dall’età infantile che però “hanno oltre xx anni, quindi non è pedofilia”… anche se sembrano bambini, si comportano da bambini, hanno reazioni da bambini e via dicendo. E quindi anche in questo caso NON è il punto su cui dobbiamo incentrare la discussione.

Il punto è che parliamo di un cazzo di videogioco. VIDEOGIOCO. Una cosa chiara, definita, che conosciamo, che è regolamentata da PEGI/ERSB/CERO e che si muove lungo i binari di una libertà espressiva che accomuna ogni genere di artista, dal più efficace al più becero. La creatività di un singolo non deve rispondere alle esigenze dei più, sarebbe la morte della propria capacità di espressione. Il pubblico è semplicemente tenuto a supportare i prodotti che lo convincono, limitandosi a non contemplare quelli che invece gli fanno alzare il sopracciglio della disapprovazione.
Dahlia è una sorta di divinità guerriera mezza donna, mezza coniglio e mezza doujinshi di un manga qualsiasi – per un favoloso totale di 1,5 – inserita in un titolo con ragazze feline, leoni parlanti, grossi demoni cornuti, cyborg provenienti da altri giochi, waifu meccaniche… eddai! Il contesto prima di tutto! Non stiamo parlando di un cartone Disney dal potenziale pubblico calcolabile in 8 zeri e veicolato con serenità da ogni canale di comunicazione!
Credo di aver visto di peggio su Disney Channel… sono serio
E anche lì si sbaglia a indugiare nella caccia alle streghe: chi non ricorda le tante polemiche in merito ai contenuti sessualmente espliciti che sarebbero stati inseriti in alcuni cartoni per bambini? Povero Sebastian! Non solo gliene capitavano di tutti i colori, non solo per tutta la durata de La Sirenetta ha affiancato la piccola Ariel soffrendo e sostenendola come un secondo padre, ma è pure stato accusato di essere una minaccia per i bambini perché somigliante all’organo genitale maschile. Sebastian. Ne “La Sirenetta”.
E poi non devi dare ragione a chi dice che la malizia è nell’occhio di chi guarda. Ma mettiamo ANCHE il caso che queste accuse siano fondate… davvero ci si aspetta che questo genere di iniziative possa intaccare la mente dei più piccoli sensibilizzandoli verso i contenuti sessualmente espliciti? Breaking News: ai tempi del La Sirenetta io ero uno dei “piccoli” e di certo non scambio dei crostacei per organi genitali maschili. Piuttosto è più facile che vedendo un pene mi torni in mente Sebastian. Ma questo è tutto ancora da verificare, in quanto non sono un estimatore dei soggetti in questione… anche perché non cantano canzoni fighe quali “Under the Sea”.

La realtà è che siamo di fronte, per l’ennesima volta, alla finta polemica fatta per smuovere un po’ l’attenzione, per creare qualche click e per salire alla ribalta di qualche community di SJW repressi. Fine. Perché il sesso fa parte della nostra vita. Di OGNI SECONDO della nostra vita. Ci pensiamo, lo cerchiamo dal partner, ci viene proposto dai vari media, lo ritroviamo nella pubblicità… In generale nella comunicazione viviamo un periodo in cui si cercano approcci molto “biricchini” che stuzzicano la nostra malizia senza essere espliciti, perché tanto SI SA che si pensa subito a quello. Vittoria facile per i creativi.
In un mondo simile, quindi, che danno può fare un personaggio di questo tipo? Quale turba può causare? Può far sentire insicura una ragazza perché non potrà mai avere quelle bellissime… orecchie giganti da coniglio? Può mettere in discussione i modelli di riferimento anche se parliamo di una figura chiaramente distante dalla “salute”? Ragazzi, anche io amo le tette, in particolare quelle grosse, ma se Dahlia fosse una donna vera la prima cosa che le consiglierei sarebbe una mastoplastica riduttiva!

Xenoblade Chronicles 2 è un videogioco, punto. E come ogni medium di libera fruizione che si rispetti arriva al pubblico non per caso, non catapultato a forza nella nostra console, ma viene prima acquistato, consapevolmente. Senza l’acquisto consapevole, senza passare prima dalla fase di “briefing” che precede l’atto della compravendita con il nostro fornitore di fiducia è un salto nel buio di cui non possiamo colpevolizzare nessuno. Esattamente come guardare Happy Tree Friends o giocare a Doki Doki Literature Club, prodotti che fanno dell’effetto sorpresa la loro forza e che si identificano chiaramente in categorie ben distanti da quello che si possa immaginare, impedendo quindi polemiche di alcun tipo.
Il videogioco, prima ancora di una forma d’arte, è una forma di libera espressione, i cui limiti sono direttamente proporzionali all’ampiezza del pubblico a cui mira il publisher. Per questo in Super Mario Odyssey la cosa più “sensuale” che possiamo trovare è Pauline mentre in Xenoblade Chronicles 2 assistiamo ad un Waifu Party di proporzioni titaniche. Basta collocare la produzione in un contesto, immaginarne il pubblico e via, tutto il resto sono chiacchiere.
E comunque la Blade migliore è Tenni.