Rocket League è un titolo tra i più bizzarri su cui si possa mettere mani, per utilizzare un eufemismo direi: il titolo di Psyonix ha costruito il suo enorme successo sul concept più stupido che su potesse immaginare in un titolo che nasce con una forte componente competitiva, abbandonando la ricerca della finezza in favore di ciò che sembra provenire dalle fantasie dei bambini delle elementari.
Giocare a calcio con le auto. Già, livelli epici. Tipo il baseball con i tubi delle Pringles o il basket usando le biciclette (entrambe cose testate in prima persona). Perché quando non si riesce a dare forma ad un’idea realmente vincente e funzionante di suoi, creare qualcosa di “sbagliato”, instabile e non ottimizzato può generare una travolgente ilarità. Esattamente come i mediocri titoli early access che si alternano come fenomeno del momento, affollandosi di casualoni che abbassano le proprie pretese in nome del genuino divertimento.
Ma almeno questo Rocket League, di suo, è parecchio figo.
Il fenomeno del multiplayer online “alternativo” ha già un paio di annetti sulle spalle, essendo approdato in modo piuttosto silenzioso su PC, PlayStation 4 e Xbox One: discreti feedback, community consistente, ma senza raggiungere un reale successo da indie AAA. Quello è arrivato solo in seguito, un po’ con l’inserimento del gioco tra i titoli gratuiti del PlayStation Plus – cosa che ha fatto schizzare alle stelle la community – e in parte ancora maggiore grazie al conseguente interesse di personalità del web e giocatori che hanno attuato il più classico dei passaparola.
Ma cosa rende questo titolo così speciale? Dopo tutto si tratta di riprodurre il calcio utilizzando un’enorme sfera metallica come pallone e al posto degli atleti umani delle vetture speciali in grado di usare propulsioni turbo, saltare e rimanere attaccate alle pareti dello stadio finché il motore è a regime… sì, già così rende l’idea. Se poi le sfide prevedono squadre da 1 a 4 giocatori nei campi più bizzarri caratterizzati da sponde, rialzi, superfici scivolose e saltuarie esplosioni di vetture, è chiaro che in breve è il panico a farla da padrone. Il panico buono, quello che ti agita e scuote nel tentativo di dare il meglio.
Quando parliamo di giochi imprecisi, male ottimizzati e pieni di problemi, sappiamo che spesso gran parte del divertimento e della sfida ricade nella capacità del giocatore di prendere questi limiti, padroneggiarne il contenuto, e provare ad arrivare oltre quanto ci si possa attendere. In Rocket League tutta la fase di apprendimento di queste nuove meccaniche rappresenta già metà del valore dell’esperienza: testare controlli, fisica e reazioni in modalità principiante – trovando una sfida prossima allo zero – per poi passare alle difficoltà superiori è un esercizio che ci consente di ampliare il nostro vocabolario di imprecazioni ma, al tempo stesso, ci fornisce scariche di adrenalina in ogni momento in cui superiamo ostacoli e avversità, consci di aver dominato qualcosa di folle e incontrollabile. A nostro modo, con il nostro stile, riusciamo a domare una creatura bizzarra per concezione ma leale e rifinita per controlli e dinamiche.
Perché l’imprevedibilità del gioco è un elemento cardine dei match per via dei grandi rimbalzi, delle sponde e di tutti gli elementi che difficilmente ricreano situazioni identiche: non siamo in FIFA o PES con il pallone incollato ai piedi, ma in stadi futuristici in cui anche solo immaginare di passare la palla ad un compagno è gesto degno di un maestri di biliardi incrociato ad un campione di Mario Kart – ma più difficile. Bisogna prendere confidenza con distanze, altezze, prospettiva… tutti elementi che possono ingannarci proprio nel momento decisivo. Possiamo muoverci liberamente in stile FPS con la telecamera fissa nel centro oppure “lockare” il pallone per non perderlo mai di vista – cosa che al momento del colpo decisivo può ingannare in quanto crediamo di essere in traiettoria più di quanto lo si sia realmente. Alternare le fasi? Padroneggiare solo quella in lock? Aggiungete alla lista il fatto che bisogna imparare a muoversi rapidamente in retromarcia e calcolare le sponde per avere un’idea più chiara di quanto ci sia da allenarsi.
Eppure l’impatto del titolo è tutto fuorché banale o semplicistico: all’avvio siamo accolti dalla classica schermata da gioco “evento”, con il nostro bolide in bella vista e tutte le news sull’universo di Rocket League e gli aggiornamenti visualizzati in tempo reale nel menù iniziale. Siamo nel campo degli eSports, è palese, e fa anche un certo effetto… siamo distanti dallo stile “Nintendo” a livello di allestimento dello spettacolo.
Possiamo dedicarci alla modalità single player, da affrontare in singole tenzoni da personalizzare a seconda delle nostre preferenze oppure tuffandoci in stagioni di lunghezza variabile con cui sfidare la CPU affiancati da bot la cui intelligenza artificiale è identica a quella avversaria, a tratti a livelli ridicoli (vedere compire GLI STESSI movimenti “erratici” ai compagni e ai rivali al calcio d’inizio fa decisamente sorridere). Pochi dubbi su quale sia la modalità regina del gioco, saldamente il calcio 3vs3: le modalità in stile basket, con terreni modificati o con i bonus in stile Mario Kart possono essere dei buoni diversivi, ma non presentano lo stesso grado di bilanciamento tra skill e risultato presente in questo caso. È qui che risiede il margine di miglioramento più ampio per le proprie abilità, in quanto meno vetture rendono lo stadio un po’ vuoto e le azioni meno tattiche (gioco di rottura, opportunismo, difesa, etc.), mentre salire a 4 vetture porta a situazioni convulse, tanto che il gioco stesso denomina questa opzione come “CAOS”.
La natura della competizione è spiccatamente incentrata sul multiplayer, vera miccia che tiene acceso l’interesse per il gioco, che di per sé si spegne abbastanza presto nell’assordante solitudine dei bot che esplodono e segnano gol spettacolari. Il confronto con giocatori umani, sia questo in multplayer locale o online, è la base su cui decidere se affrontare la spesa (19.99€) o meno. Chi ha un animo competitivo troverà presto pane per i suoi denti, perché sebbene il matchmaking faccia il possibile per affiancarci a rivali di abilità simile, è facile trovare il giocatore una spanna sopra gli altri capace di fare la differenza e che magari sottolinea in maniera ironica le nostre prestazioni con il sistema di chat rapida. Una volta poi entrati nell’ottica delle classificate, il gioco inizia a farsi duro davvero e quantomeno potrete consolarvi controllando la vostra posizione in classifica globale, solo Switch o solo amici. Sperando che ci sia qualcuno peggiore di voi…
Ed è facile trovare qualcuno con cui giocare grazie alla natura cross platform del titolo, che consente ai piloti al volante di Nintendo Switch, PC e Xbox One di trovarsi e sfidarsi senza nessun passaggio aggiuntivo, come un’unica community. Trovare 30’000 giocatori all’ora di pranzo è un lusso a cui non siamo per nulla abituati, un miracolo che riporta i nintendari in contesti competitivi realmente validi e non limitati a chi non è abituato a queste tipologie di giochi o, in generale, tende a confrontare le proprie abilità in un contesto che è uno stagno rispetto all’oceano del web. E scatta la voglia di difendere i propri colori, di mostrare che i giocatori su Nintendo Switch sono bravi se non di più degli altri: tutte novità che a tratti entusiasmano oltre il valore stesso del titolo, così come succede con ogni progetto che vanta componenti innovative.
Da elogiare poi il lavoro di Panic Button (già autori della pregevole conversione di Doom) nel trasportare l’esperienza sull’ibrida Nintendo: sebbene si palesino evidenti limiti nella qualità d’immagine per via di una risoluzione adattiva in portatile, che scala tra il 720p e il 576p, e i 720p in docked, i 60fps costanti e l’orgia di colori ed effetti a schermo compensano adeguatamente, anche perché non vi è realmente nulla che possa impattare sull’effettiva qualità dell’esperienza del giocatore o sui suoi risultati in campo. Le macchine compagne o avversarie sono sempre visibili chiaramente, così come il “pallone”, e i colori scelti aiutano a non perdere mai di vista l’obiettivo. Questa sembra un’assurdità, ma tra la frenesia del gioco, i cambi di inquadratura, l’audio a tratti stordente e i ribaltoni gravitazionali, potreste trovarvi rivolti verso la vostra porta senza volerlo, ma tutto funziona a dovere per consentirvi di essere precisi e reattivi.
Nota di colore molto intrigante per i fan Nintendo è la presenza di vetture tematiche che fanno un po’ il verso agli esperimenti sportivi di EA ai tempi di Gamecube: avremo infatti a disposizione le vetture griffate Mario e Luigi, nonché un meraviglioso bolide modellato sull’astronave di Samus Aran. Chicche che si aggiungono ad uno store sempre pronto a nuovi modelli da buttare nella mischia (a pagamento però…) come possono essere la Bat Mobile o la De Lorean di “Ritorno al futuro”. Nulla di tutto questo contribuisce a migliorare le prestazioni in campo, limitandosi a semplice orpello estetico acquisibile con acquisti una tantum – scongiurato il pericolo loot boxes quindi.
In definitiva l’ultima opera di Panic Button su Nintendo Switch è un inno alla volontà di portare i giochi sulla console Nintendo indipendentemente da quelli che possono essere i limiti delle produzioni chiamate in causa. Il gioco funziona, diverte, ha un online solido e garantisce un’esperienza duratura per tutti gli appassionati del gioco online.
Rocket League è divertimento prima di tutto, prima delle regole, delle meccaniche o del concept studiato a dovere: il calcio con le macchine rientra nella categoria del nonsense, del demenziale, ma godendo di una grafica funzionale e di controlli perfetti, si può portare l’esperienza al limite e dare forma ad un sport digitale come pochi si potevano immaginare prima. Acquisto sconsigliato solo a chi è alla ricerca di un’esperienza single-player completa.