Anche Nintendo Switch è ora infetto
Resident Evil Revelations è un episodio la cui genesi è strettamente legata a Nintendo: il titolo Capcom è disponibile su tutte le maggiori piattaforme di gioco degli ultimi 5 anni, ma naque come esclusiva Nintendo 3DS ad inizio 2012, ricevendo un’ottima accoglienza dalla critica. Io stesso, ai tempi, rimasi meravigliato dal modo in cui l’orrore si manifestava sui due schermi portatili.
L’anno successivo una versione HD per pc e console (Wii U inclusa), infine la remaster di qualche mese fa che giunge infine anche su Nintendo Switch.
Vediamo come s’è conservato il male durante in questo lustro.

Avviato il software v’è l’unico vero caricamento del gioco, che è però mascherato egregiamente da Ghostship Panic: sparatutto 8-bit in cui colpire i mostri della storia principale attraverso un mirino a crocetta. Nel resto dell’esperienza ludica invece i caricamenti sono alquanto rapidi.
Possiamo quindi selezionare dal corposo menu la Campagna, affrontabile in tre differenti difficoltà.
Ciò che si può subito intuire è come Resident Evil Revelations ponga la narrativa al centro. La trama, fatta di immancabili infezioni e gruppi bioterroristici, viene sciolta dalle cutscene e dalle differenti sezioni cronologiche di gioco, ed è riassunta all’inizio di ognuno dei 12 episodi che compongono l’avventura. La storia potrebbe reggere anche discretamente se solo fosse narrata meglio: i dialoghi, in particolar modo, lasciano davvero a desiderare, con battute fuori luogo che annullano l’atmosfera survival. Il doppiaggio non aiuta: quello italiano è recitato appena sufficientemente dai doppiatori, e presenta alcuni difetti nei volumi audio; quello inglese si pone un gradino sopra, le voci più convincenti sono forse quelle giapponesi. La traduzione è molto buona, pochi gli errori.
L’ambientazione navale esercita un fortissimo fascino: è davvero suggestivo girovagare per i corridoi bui e desolati del bastimento da crociera Queen Zenobia, dalle sfarzose sale per gli ospiti alla ruggine della sala macchine ogni centimetro emana desolazione e grottesco. L’imbarcazione rappresenta la maggior parte del terreno di gioco, mentre il resto viene ospitato da ambientazioni diverse, meno elaborate in termini artistici e creativi. Queste sezioni arricchiscono in maniera accattivante la fabula mediante flashback o avvenimenti contemporanei, consentendoci di comandare diversi personaggi oltre all’inossidabile Jill Valentine. La povertà della tecnica narrattiva intacca però anche loro, tutti scarsamente caratterizzati e per niente carismatici; tuttavia, ci si affeziona. Menzioni d’onore: il nostrano Parker Luciani e Raymond Bellicapelli Vester.

Grande importanza ha il visore attivabile mediante il tasto L, la cui funzione è triplice: esaminare i nemici per ottenere delle pillole che andranno ad affiancare le consuete piantine per il recupero dell’energia; localizzare oggetti nascosti, acquisendo così un numero molto più consistente di munizioni e simili; rintracciare le impronte, cioè i collezionabili. Il visore, in definitiva, segna la linea tra un’esperienza veramente survival ma potenzialmente frustrante, e una forse più semplice ma meno spezzata nel ritmo.
I combattimenti divertono: le armi richiedono ricerca e attenzione per modificarle a proprio vantaggio, le munizioni non sono mai troppe, gli avversari differiscono per resistenza e offensiva. Il design degli infetti è altalenante, tra mutanti apprezzabili per stile e altri senza troppa fantasia. Anche gli scontri coi boss, sono interessanti, non richiedono di spremere troppo le meningi ma sicuramente una buona dose di strategia e pazienza; sarebbero potuti essere però, specie alcuni, più ostici. Gli attacchi fisici sono consigliati solo in casi estremi, mentre la schivata è utilissima ma, come vedremo in seguito, accusa una certa mancanza di prontezza nel feedback dei comandi.
Ritroviamo gli enigmi ambientali, mai noiosi, ma semplicistici. Non mancano parti di gameplay differente, tra piccoli puzzle e combattimenti a bordo di mezzi, lodabili nella volontà di sfaccettare l’esperienza ludica, tutte in qualche misura godibili. Lo stesso non può assolutamente essere detto delle sezioni acquatiche: lente, scomode, troppo lunghe, insopportabili.

La giocabilità è come al solito pilotata: potremo vagare liberamente per il mondo di gioco, ma le azioni sono sempre limitate a quelle necessarie, con le altre, ad esempio i salti, ad esempio, limitate a specifici punti. I comandi rispondono bene e gli scontri risultano ben sviluppati, anche si sarebbe potuto fare di più: una maggiore fluidità avrebbe di certo giovato. A tal proposito, le fasi più concitate di gioco confermano come il Joy-Con Grip sia una periferica poco adatta ai giochi d’azione, una soluzione funzionale ma secondaria rispetto al Pro Controller e in generale ai joypad standard dell’attuale generazione.
Restando sui controlli, Capcom ha introdotto la possibilità di sfruttare il sensore di movimento dei Joy-Con per puntare: soluzione dal buon potenziale ma che manca di precisione. I comandi touch si limitano al cambio delle armi, migliorando la scomoda gestione tramite croce direzionale.

Oltre alla Campagna, l’altra modalità consistente offerta dal titolo Capcom è quella Raid, totalmente incentrata sui combattimenti, la quale ci spedirà a fare incetta di mutanti. I livelli variano per location e difficoltà, stuzzicando la rigiocabilità per ottenere punteggi migliori. Personaggi, armi e costumi sono a nostra scelta, e il catalogo delle alternative è ampliabile procedendo nella Campagna, spendendo i punti (PB) che otterremo in diversi modi, e utilizzando gli amiibo. Compare qui l’online, fino a 2 giocatori.
La modalità Raid, insieme con la ricerca dei collezionabili, le diverse difficoltà delle Campagna, i rank ottenibili ad ogni episodio, sono tutti elementi che vanno a rimpolpare a longevità del titolo, la cui avventura principale può essere portata a termine anche in 8 ore.

Tecnicamente ci attestiamo su buoni livelli, tenendo presente che si tratta di un gioco della precedente generazione. Tutto scorre bene, i movimenti sono fluidi, soprattutto i giochi di luci e ombre sono apprezzabili. Se in dock si perde leggermente pulizia d’immagine e ha luogo qualche calo di framerate, su portatile s’assiste a una sinfonia d’immagini in movimento, bellissima da vedere. Qualche mancanza si lascia però notare: l’espressività dei volti dei personaggi fa paura almeno quanto i mostri che incontriamo, e le cutscene, sebbene interessanti ai fini dell’intreccio narrativo, rispediscono il giocatore indietro dritto ai primi anni 2000.
Il comparto audio si attiene a fare la propria parte, aiutando ad immergere nella turpe atmosfera, senza preoccuparsi di far urlare al miracolo.
Un ultima nota circa l’atmosfera: siamo di fronte a un titolo sicuramente suggestivo, ma non terrorizzante, almeno a opinione del sottoscritto. A parte qualche classico jumpscare, si proveranno maggiormento disgusto e incertezza. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che quasi tutto il gioco viene vissuto in coppia, con un personaggio sempre al nostro fianco: anche se si tratta di una compagnia virtuale, smorza psicologicamente il panico, e difatti i segmenti più spaventosi sono quelli vissuti in solitaria.
Ciò che colpisce di Resident Evil Revelations è la sua capacità di tenere incollati allo schermo. Non si tratta del capitolo migliore della saga, eppure diverte, appaga, intriga: la missione d’ogni videogioco, insomma, è compiuta.
Al prezzo di €19,99 dall’eShop resta un acquisto consigliato per chi non l’abbia ancora giocato. L’avventura è godibile, la modalità Raid arricchisce l’offerta, il porting è di buona fattura: se non vi siete ancora approcciati alle rivelazioni dell’orrore targato Capcom, potreste iniziare da qui.