Wulverblade – Recensione

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Genere: Azione
Multiplayer: 2 (locale)
Lingua/e: Inglese

Meglio schierarsi dalla parte di Caradoc.

Il genere dei picchiaduro a scorrimento ha seguito uno strano cammino. Con l’avvento delle console ha saputo trascinare, almeno in parte, le vendite di queste ultime, fino allo sparire del tutto dopo un paio di generazioni videoludiche. Solo negli ultimi anni pare aver trovato nuova vita, grazie soprattutto alla scena indipendente, realtà che, pare strano dirlo, ha saputo portare alla ribalta generi che sembravano ormai caduti nell’oblio. Wulverblade, il titolo di cui parleremo oggi, è un Beat-‘Em-Up in due dimensioni ispirato a classici quali Street of Rage e Golden Axe, prima opera dei ragazzi di Fully Illustrated.

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Buona lettura!

La storia che fa da contorno alle nostre avventure è senza alcun dubbio delle più avvincenti. Wulverblade ci immerge nello scenario storico di quel 120 dopo Cristo dominato dall’impero romano, padre di miti e leggende sui quali ancora oggi gli storici non sembrano volersi dare pace. Impersoniamo i bretoni, una selvaggia popolazione indigena che in quel periodo dovette vedersela con le truppe romane; cinquemila soldati, a voler essere precisi. Una scelta interessante quella di metterci nei panni della parte debole, che quasi vuole sembrare un modo per spiegare quello che a conti fatti rimane uno degli episodi più misteriosi dell’epoca: la scomparsa di migliaia di guerrieri romani a nord dell’attuale Gran Bretagna!

Il gioco è pregno di citazioni storiche e documentazioni che forniscono informazioni di ogni tipo: religioni, culture, tipi di abitazioni, usi e costumi, tipologie di armi e tutto ciò che caratterizzava quel periodo storico. Persino i nomi di boss e personaggi riprendono quella realtà, un lavoro senza alcun dubbio apprezzabile e curato, che riesce a donare qualcosa in più oltre al semplice giocare. Peccato per l’assenza della localizzazione italiana, scoraggiante per i giocatori con meno padronanza della lingua inglese a fronte di documenti talvolta davvero lunghi da leggere.

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Su quale dei tre bretoni ricadrà la scelta?

A proposito del giocare, Wulverblade si presenta come un picchiaduro a scorrimento piuttosto classico, ma non per questo semplice da padroneggiare. La campagna ci permette di selezionare uno di tre personaggi disponibili: Caradoc, il vero protagonista delle vicende, è il classico combattente dalle abilità neutre, che non eccelle in nulla in particolare. Abbiamo poi Brennus, vera e propria macchina da guerra, tanto devastante quanto lento nei movimenti, e Guinevere, una guerriera che mette in campo, prima di tutto il resto, agilità e velocità d’attacco. La scelta è tutta del giocatore: variare tra i tre implacabili bretoni durante il prosieguo della campagna o affrontare l’intera storia con un solo combattente?

Come dicevamo, Wulverblade non è un gioco semplice. Le azioni che il nostro alter ego può compiere non sono tantissime, eppure padroneggiarle in modo tale da avere la meglio sui nemici a suon di combo non è una passeggiata. Un tasto è dedicato all’attacco con l’arma bianca, uno al salto e uno infine alla parata con lo scudo. C’è poi la schivata, eseguibile tramite un doppio tap della parata. Le combinazioni tra queste semplici azioni sono molte e solo con l’avanzare della campagna ci si può rendere conto della loro reale efficacia in battaglia. Infatti, più gli attacchi riescono a concatenarsi, e più si riempe la barra dell’attacco speciale, una sorta di modalità furia che ci rende immuni agli attacchi nemici e che potenzia a dismisura i colpi inflitti. Un secondo attacco speciale, attivabile una sola volta per stage, vede il coinvolgimento dei nostri fidati lupi che non si faranno troppi scrupoli a sbranare in pochi secondi i soldati romani.

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La furia di Guinevere!

Interagire con lo scenario di gioco si rivela spesso fondamentale. Gettare  i nemici nel fuoco o impalarli su di un’acuminata palizzata spianerà la strada verso il completamento dello stage. È anche possibile lanciare, per spillare quanche danno in più, bauli, anfore e tutto ciò che funge da decorazione di campi, tende e casupole. Inoltre i nemici, una volta sconfitti, lasciano al suolo armi, teste mozzate e arti troncati che è possibile utilizzare, per breve tempo, come arma secondaria o da lancio. Utilissimo inoltre il cibo di cui ci si può nutrire, nascosto talvolta in qualche barile, altre volte nelle tasche di un soldato caduto. Peccato che il tasto dedito alla raccolta sia lo stesso di quello usato per attaccare; più e più volte si finisce col compiere azioni non desiderate che portano a spezzare una serie di combo o ad impantanare il personaggio in una lunga sequela di lanci alla cieca.

Ogni stage presenta un checkpoint dal quale è possibile ripartire dopo la morte. Morte che sopraggiunge molto spesso, soprattutto quando si arriva allo scontro col boss di turno, vera e propria prova del nove dopo gli affollati e sanguinosi combattimenti che lo precedono.
I giocatori meno esperti che non si sentono a proprio agio con le meccaniche di gioco possono cimentarsi nella modalità Arena; qui orde e orde di nemici si fanno avanti senza sosta e rappresentano un ottimo allenamento, oltre che un buon modo per testare tutte le combinazioni di attacchi che il gioco ci permette di eseguire. Molto gradita poi l’aggiunta della cooperativa locale, un plus che rende l’esperienza più semplice, per ovvi motivi, e ravviva le sessioni di gioco con quell’atmosfera da salotto tipica delle esperienze condivise. Al contrario, per chi volesse cimentarsi in una sfida degna di essere celebrata, è presente una modalità in cui si hanno solo tre vite a disposizione per completare la campagna, una vera e propria impresa da era coin-op.

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Solo i prodi guerrieri sapranno avere la meglio nella Modalià Arena.

Esteticamente e artisticamente Wulverblade si distingue per i suoi tratti cartoon e per le tinte forti, accese. Il sangue è sempre ben visibile a schermo e l’impressione di stare facendo strage di uomini e donne è molto ben percepita. Anche le tracce sonore sono più che azzeccate e contribuiscono, insieme alla profonda voce narrante, ad immergere il giocatore nelle vicende di Caradoc e compagni.
Dal punto di vista tecnico il titolo soffre di caricamenti troppo prolungati; si ha un po’ l’impressione che il gioco non sia stato ottimizzato al meglio sull’ibrida giapponese e che ci si sia concentrati invece su di un porting a tratti frettoloso. In modalità portatile inoltre risulta davvero difficile leggere agevolmente tutti i testi presenti a schermo, anche ad una distanza molto ravvicinata. Buono invece il framerate, sempre piuttosto stabile anche nelle fasi più concitate.

Wulverblade non riscrive i canoni dei picchiaduro a scorrimento, ma riesce ad offrire un ottimo grado di sfida, caratteristica per i veterani del genere assolutamente da non trascurare. Il sistema di combattimento, molto ancorato ai vecchi classici, si dimostra affidabile e intuitivo, pur non spiccando mai per una trovata particolare. I vari riferimenti al periodo storico dell’epoca, spesso fin troppo accurati, rappresentano un’inclusione più che gradita e donano un ulteriore senso ai collezionabili.

Completata la campagna principale in circa 5 ore.
Pro: Un Beat-‘Em-Up a scorrimento che omaggia i classici e propone un combat system solido e impegnativo da padroneggiare, un’ambientazione storica accurata ed un comparto visivo a tratti davvero ispirato.
Contro: Meccaniche di gioco fin troppo ancorate al passato e che non propongono sostanziali novità. Poco ottimizzato sotto il profilo tecnico.
7.6

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