Metroid, is that you?
Nintendo Switch e Nintendo 3DS. Due filosofie gaming distinte, generazioni diverse, uno è l’anziano, l’altro è il giovane, stessa famiglia, caratteri inconciliabili. Se è vero che la nuova (è ancora nuova? Massì, non ha neanche un anno) console ibrida di Nintendo metterà alla luce (del suo schermo LCD) il Metroid atteso talmente tanto da fungere da test per la memoria al richiamo del predecessore, è anche vero che ne passerà tanta di acqua sotto i ponti prima della fatidica data, e fa quasi invidia il 3DS piuttosto, che di Metroid di altissima qualità ne ha ospitato uno proprio qualche settimana fa. Fortunatamente proprio nello stesso periodo l’eShop ci ha graziato di uno Steamworld in formissima e più recentemente, di Axiom Verge.Peccherei senz’altro di lucidità nell’imbastire un fiume di parole quando il buon Cornetto (ma quanto buono dipende dal gusto) ci ha già graziato di una recensione notevole. Dato che le ridondanze scoraggiano l’intelletto (mio e vostro) vi rimando a quella lettura, per poi tornare qui da me, dal vostro elflum, il paroliere ingannevole che col pallottoliere sposta punteggiatura e concetti. Data (astrale?) 5 ottobre 2017, Axiom Verge giunge anche su Switch, senza alcuna variazione sul tema. Probabilmente sarà anche la versione ideale in assoluto, grazie alla portabilità della console, ma se lo avete giocato altrove non avrete molti stimoli nel giocarlo anche qui.
Il mondo di Axiom Verge, l’amore per i pixel, periodo otto e sedici bit, la musica chiptune pulsante, colori accesi o slavati, sprites e beat, riprodotti splendidamente nei vivissimi 720p di Switch, in un porting onesto e lodevole. Il mondo in cui si risveglia lo scienziato Trace ha echi di India e Alien, e l’arma che impugna è tra le più potenti e soddisfacenti mi sia capitata di imbracciare in anni di gaming. Alcuni espedienti, narrativi e di gameplay, sono scintillanti, tra tutte il raggio che muta nemici (ed elementi di scenario) in una forma “glitchata”, rendendoli deboli o invincibili, ectoplasmatici o (convenientemente) scavatori di sentieri, a seconda dei casi.
Perché Sudra, questa realtà alternativa, è forse un software ed è possibile modificarne il codice, o forse è tutto nella mente del protagonista, chi lo sa. La trama è criptica, piena di colpi di scena, frammentaria e accattivante al contempo. Non ho ricevuto l’epifania prevista però. Avere i dettagli sparsi in file da recuperare, spesso in anfratti ostici da scovare, e la mancanza di simbiosi con un protagonista che non fa molto per farsi ricordare, mi ha impedito di appassionarmi a una storia pur interessante.

La mappa, anzi le mappe, di dimensioni piuttosto circoscritte ma quasi appositamente studiate per far perdere tempo da una stanza all’altra (una volta esaurito il potenziale in unlockable, o almeno si creda sia così), alla seconda visita instillano fretta nelle dita e sbuffi di teiera dalle labbra. Grava in questo ambito l’assenza di teletrasporti a snellire il backtracking, re indiscusso dell’opera di Tom Happ.
L’incredibile è proprio questo in fin dei conti, che un gioco così complesso sia frutto di un’unica persona, in grado non solo di creare un’iconografia e visuali di impatto, con una personalità ben marcata e una coerenza integerrima tra ambientazioni e creature, non solo di scrivere musiche ed effetti sonori che avrete spento nella console ma non nella vostra mente, non solo di infondere il giusto equilibrio tra fasi platform e shooter in un mondo dove l’acquisizione di abilità è per la maggior parte più utile che necessaria (e quindi potenzialmente scardinante di meccanismi collaudati). Non solo tutto questo, tutto questo con parametri qualitativi egregi! Da una sola mente!

Tanto che se solo il mondo creato da Happ fosse stato più affascinante di quello di Metroid e Castlevania, e se solo non avesse preso sottogamba l’argomento backtracking, staremmo veramente parlando di uno dei capolavori massimi dei videogiochi. “Se solo fosse stato meglio di due opere magne”: ti leggi quando scrivi? Sì, ragazzi: c’eravamo tanto così. Per cui aspettate la versione fisica con il suo artbook e il documentario di questa bellissima fatica, ne varrà la pena.