Revisionismo storico? No, lucidità.
Il primo anno di vita di Nintendo Switch rischia seriamente di rivelarsi il migliore di sempre per un hardware della grande N: dodici mesi iniziati con il sorprendente Breath of the Wild, proseguiti con alcune esclusive parecchio interessanti (Mario+Rabbids su tutte) e che promettono di chiudersi col botto, con Fire Emblem Warriors, Super Mario Odyssey e Xenoblade 2. Da stropicciarsi gli occhi dalla meraviglia. Ovviamente, non me ne vogliano gli altri due titoli (ubi maior…), ma l’attenzione, l’hype e l’attesa maggiori sono tutti per l’icona per eccellenza di Nintendo, la cui odissea promette di essere un’esperienza assolutamente strabiliante.
A partire dal treehouse all’E3 sono entrato in modalità no spoiler perché Super Mario Odyssey mi ha convinto dopo pochi secondi di trailer e non ho avuto bisogno di ulteriori rassicurazioni: il fatto che il titolo riprenda finalmente l’impostazione platform-adventure, inaugurata da Mario 64 e proseguita con Sunshine, per me è garanzia di due cose. La prima è che sarà assolutamente strepitoso; la seconda è che, finalmente, avremo un Mario main a distanza di più di sette anni dall’ultimo. Correva il mese di maggio 2010 quando nel mercato nordamericano debuttò infatti Super Mario Galaxy 2, titolo con cui Nintendo, per la prima volta in assoluto, ruppe la tradizione di cambiare radicalmente la struttura di gioco rispetto al predecessore della serie.
Vedo già i volti straniti di alcuni di voi: ma come sette anni? Super Mario Galaxy 2? E Super Mario 3D World? Ah, burloni! Mi sento veppiù sorpreso io a sentire tirato in ballo questo gioco! Suvvia, non mi direte che considerate 3D World un Mario main, vero?
Spero di no, perché 3D World, in buona sostanza, è un po’ il Viserys Targaryen di Nintendo: belloccio, si sente figo, tenta di fare la voce grossa, rivendica un titolo che in realtà non gli appartiene e poi, dietro le belle apparenze, i colori sgargianti e la grancassa che ne preannuncia l’arrivo, si rivela essere un enorme bluff.
Mario Odyssey pare pescare a piene mani dai primi due episodi 3D come struttura di gioco, offre ambientazioni e situazioni mai viste e promette di fare dell’esplorazione degli scenari un punto di forza: si pone praticamente agli antipodi rispetto al titolo per Wii U e ciò non può essere che un bene.
Sarò molto chiaro in proposito: 3D World non è un titolo intrinsecamente pessimo. Stiamo comunque parlando di un prodotto confezionato in prima persona da Nintendo, che ci ha storicamente abituato a software curati e rifiniti, questo è innegabile, ma l’avvento di un nuovo Mario non può essere considerato un evento normale. Restando fortunatamente fuori dal perverso meccanismo che vede le software house spolpare i propri brand fino all’osso con inopinate uscite annuali, i giochi incentrati sulle avventure del baffuto ex idraulico portano con sé anni di studio, progettazione e maniacale attenzione ai dettagli, ma non solo: ognuno di essi è, da sempre, sempre stato uno showcase della potenzialità della console, in particolar modo a partire dall’avvento della 3a dimensione.
Super Mario 64 ha portato con sé la tridimensionalità e ha fatto conoscere al mondo la comodità, la precisione e la necessità dello stick analogico in un mondo di tre dimensioni; Super Mario Sunshine faceva leva sulla potenza grafica del Gamecube e sulle peculiarità del suo nuovo pad (di un’ergonomia magnifica, tutt’oggi ineguagliata); Super Mario Galaxy ha dimostrato come Wiimote e Nunchuk potessero essere utilizzati in maniera naturale in un titolo AAA senza che ciò risultasse una forzatura. Sembra invero che le innovazioni degli hardware Nintendo calzino a pennello su ogni Mario main che, solitamente, segue di poco il lancio della console.
Capirete dunque il disappunto nello scoprire che il nuovo, attesissimo, titolo per Wii U, altro non era che una versione multiplayer di 3D Land con i gatti.
Preso atto dell’assoluta inutilità del Gamepad e delle sue peculiarità, viene dunque da pensare che sia proprio il multiplayer la grande idea alla base di 3D World, idea che però non ha alcun senso reale nell’economia del gioco. Partiamo da un assioma: il senso di una modalità multigiocatore è da ricercare o nella cooperazione o nella competizione tra i partecipanti, questo perché ci deve essere uno scopo ultimo nella possibilità di giocare contemporaneamente con uno o più amici. Peccato che in 3D World non vi sia traccia di questo fine. Il multi di 3D World non è in alcun modo competitivo, salvo che si ritenga competizione far cadere i compagni di gioco fino a far perdere loro tutte le vite. Non c’è un fine, un obiettivo da raggiungere a scapito degli altri: se si raggiunge la bandiera vincono tutti, se scade il tempo perdono tutti. Non si può neanche fare a gara a chi arriva più velocemente alla fine del livello perché lo schermo condiviso costringe i giocatori a muoversi insieme e non è possibile dunque partire a spron battuto lasciando indietro gli altri. D’altro canto non si può nemmeno parlare di multi cooperativo perché non esiste nulla che di fatto richieda di collaborare: i nemici si sconfiggono tranquillamente da soli, ogni collezionabile è scovabile e raggiungibile in completa autonomia e non ci sono ostacoli da superare che richiedano obbligatoriamente un’azione coordinata di due o più giocatori.
Anche dopo aver visto i titoli di coda, non sono riuscito a individuare una singola occasione in cui essere in compagnia abbia portato un significativo contributo all’esperienza, anzi: il più delle volte il tutto è stato ridondante, addirittura frustrante e inutilmente confusionario.
Poco male, verrebbe a questo punto da dire, il multiplayer è opzionale, è sufficiente ignorarlo e godersi il gioco in single. Concettualmente buona, quest’intenzione va però a cozzare con una serie di altri aspetti che hanno reso 3D World una grossa delusione.
Il 3D che fa bella mostra di sé nel titolo, innanzitutto. Ci sono tre dimensioni, bene. Perché non sfruttarle tutte allora? In linea teorica la tridimensionalità concede alle aree di gioco un certo respiro in termini di spazio, ma è uno spazio apparente, non fruibile dato che lo spazio calpestabile è poco e i livelli sono in gran parte piccoli, piccolissimi (non è difficile vedere come Captain Toad sia uno stretto parente questo gioco), quasi intimi: in più di un’occasione pare di giocare a un gioco 2,5D. Il timer col conto alla rovescia, la bandierina di fine livello e la presenza di numerosissime sezioni in 2D, dove è permesso un movimento in profondità limitatissimo con la camera che inquadra lo stage da una prospettiva laterale, fanno sembrare il gioco un parente molto stretto dei classici platform bidimensionali a scorrimento laterale: l’esperienza di Mario 64 o dei due Galaxy è qui molto, molto lontana.
Altra nota particolarmente dolente è il level design, solitamente punta di diamante delle produzioni Nintendo. L’aver dovuto adattare gli stage al multiplayer ha rappresentato un colpo ferale per i colorati mondi attraverso cui si dipanano le vicende. La prima parte dell’avventura (suppergiù i primi tre mondi) è quanto di più insipido un Mario abbia saputo offrire nel corso della sua gloriosa carriera: stage piccoli, poco sviluppati, lineari, di una basilarità e pochezza quasi irreali, semplici in maniera disarmante e senza un elemento forte o simbolico che li renda riconoscibili. La situazione migliora parzialmente procedendo nel gioco, ma i livelli continuano a scivolare via facilmente senza lasciare traccia di sé, salvo poi avere una parte finale in cui la difficoltà si impenna in maniera insensata fino a strabordare inutilmente nella frustrazione.
Per ovviare a cotal estrema linearità nell’incedere sono presenti una pletora di potenziamenti, su cui svetta scintillante il dannatissimo costume da gatto tanto sbandierato in tutti i promo del gioco. Anche qui, tanto rumore per nulla: infilare in ogni dove un costume che, di fatto, mortifica l’essenza del gioco – parliamo di un platform dove l’elemento centrale è costituito dal salto – con la possibilità di arrampicarsi comodamente su pareti e declivi non pare l’idea del secolo; aggiungiamo anche il fatto che acquisire le abilità feline garantite dal costume non è particolarmente utile, se non per arrampicarsi verso luoghi impervi e recuperare qualche collezionabile. Davvero poca roba per quella che pareva essere un’altra grande novità del titolo: era lecito attendersi qualche utilizzo più interessante.
Premesso tutto quanto sopra, quando mi si chiede un giudizio su 3D World, la perifrasi che mi piace utilizzare di più, e che trovo incarni in pieno l’essenza del titolo, è: manca di ambizione. Laddove i giochi precedenti, finanche Galaxy 2 che pure era un semplice more of the same del predecessore, osavano, stupivano e sperimentavano, 3D World non osa, non stupisce e fallisce in tutti gli esperimenti che porta avanti. Ci sono momenti spettacolari, certo, ma la direzione artistica e il gameplay sono pigri, dimessi: i personaggi hanno gli stessi modelli visti in ogni gioco Nintendo dal 2006 in avanti, il mondo è la fotocopia di blocchi gialli e tubi già vista in 3D Land. Le avventure di Mario ci hanno sempre regalato scenari meravigliosi che rimangono impressi nella mente anche a distanza di anni: il castello di Peach, i talassici scenari di Sunshine, le galassie di Galaxy. La storia può non essere importante. Il contesto in cui si svolge lo è, ma questo 3D World sembra averlo dimenticato.
Ribadisco quanto espresso poco più su: nonostante tutto quanto scritto, non reputo 3D World un titolo terribile. Mi piace definirlo un buon gioco ma un pessimo Mario, che trova la sua sfortunata genesi solo e solamente nella peculiare condizione in cui è nato e cresciuto: una console nelle sabbie mobili già dopo pochi mesi di vita, la volontà di offrire al pubblico qualcosa di già noto e conosciuto, la necessità di offrire software all’affamato pubblico in tempi rapidi. Vagliate le possibilità, e visto l’ottimo riscontro ricevuto da 3D Land, la soluzione è stata quella di farne una versione corretta e riveduta, tentando anche di instillare una personalità propria in un gioco figlio di una console progettata male, nata sotto cattivi auspici e che ha avuto un ciclo vitale breve e travagliato. Il risultato è stato, ma che sorpresa, il Mario 3D meno venduto di sempre.
Questo però è il passato. Il futuro si chiama Switch e all’orizzonte si profila un’avventura che promette di essere esaltante come non mai: se il salto qualitativo (e quantitativo) che ci sarà tra 3D World e Odyssey ricalcherà quello che c’è stato tra gli ultimi due titoli dell’altra storica saga Nintendo, ovvero Skyward Sword e Breath of the Wild, preparatevi. Sarà necessario riscrivere gli annali di storia videoludica.
27 ottobre, per favore arriva presto.