Brutto, brutto, in modo assurdo.
Ah quanto è bella l’estate! Sole, amici, feste di paese e ferie. Tutti che vanno al mare o in montagna, e si divertono, si rilassano com’è giusto che sia. E io invece sono qui, che scrivo la recensione di uno dei giochi peggiori che abbia mai avuto l’onere di provare. Ma va bene così, non mi lamento. Troll and I a suo modo è un’opera d’arte. Diciamo che se fosse una frase, sarebbe un’antica maledizione lanciata ruttando. Se fosse un profilo Facebook sarebbe un webete che si finge esperto di politica. Perché Troll and I vorrebbe essere qualcosa che non è e non sarà mai: un videogioco.
Mi spiace per gli sviluppatori, avranno tutti i motivi del mondo per aver preso le scelte che hanno preso, ma oggi parliamo di qualcosa di orrendo. Il coso (perché ripeto, non è un gioco) inizia con un’introduzione brutta da vedere, da ascoltare e da descrivere: c’è un tizio ricco seduto dietro una scrivania. Arriva un mercenario di nome Nico e il tizio gli chiede di catturare un troll. Per qualche secondo Nico pensa che sia tutta una presa in giro, perché i troll non esistono, poi si accorge della senilità del cattivo e quindi accetta l’incarico. Praticamente come l’inizio de “La donna che visse due volte”, solo che in questo caso fa schifo.
Passa qualche anno, l’attenzione si sposta sul nord-europa dove Otto, figlio di Rikku, decide di andare a caccia di cinghiali perché il McDonald’s è chiuso. C’è l’Ikea volendo, ma lì si mangia solo salmone affumicato e il pane puzza di legno. Comunque, una volta raggiunto il bosco ha finalmente inizio l’avventura e subito viene da ridere: con molta convinzione la telecamera si mette alle spalle di Otto e sullo schermo appaiono le icone dell’hud, come a dire: “Hai visto quanto sono cinematico? Eh? Sembro mica Uncharted?”. Al che io rispondo: “Sì, sei uguale, solo che fai schifo.”
Da quel momento è tutto un tracollo. Aiuti su schermo che appaiono e scompaiono casualmente, controlli che tanto non vale la pena memorizzare, un accenno ad elementi RPG e stealth ma soprattutto una gran voglia di spegnere e andare a giocare a nascondino. Ma no, andiamo avanti. Otto uccide il cinghiale, ed ecco che il paese in cui vive prende fuoco. Allora Rikku gli dice di scappare, lui obbedisce, sorpassa una serie di QTE e quando dei mostri stanno per mangiarlo viene salvato dal Troll. Roba sperimentale direi.
All’apparizione della creatura, che ha gli stessi lineamenti di Tommy Wiseau, ho avuto un’illuminazione: Troll and I è il “The Room” dei videogiochi. Vuole imitare serie famose come Uncharted e The Witcher, si prende particolarmente sul serio ma non si accorge dei mille problemi che lo affliggono. Perché raccogliere erbe medicinali e pezzi d’osso dei nemici non è divertente quando le icone non appaiono. Non è divertente quando il combattimento si riduce a “premi Y ripetutamente o usa il troll, che è meglio”. Non è divertente quando le armi create si comportano tutte nello stesso modo.
Il problema è che Troll and I è tutto così, senza senso. C’è una sezione in cui potenziare le statistiche di Otto e del Troll, ma la sua utilità è nulla in quanto le battaglie sono facilmente evitabili. C’è la possibilità di muoversi silenziosamente, ma con una telecamera e un level design del genere tanto vale correre. C’è il multiplayer cooperativo, sul quale stendo subito un velo pietoso. Tutto in questo coso è fatto male e non ha senso di esistere.
Il gameplay confusionario e lento non rispetta affatto il tempo del giocatore, e il tempo è denaro, ergo Troll and I è un ladro e andrebbe arrestato. Tra l’altro mi dicono dalla regia che questo coso costa 34,99€! Come diceva Sordi: “Ladro tu, tu padre e tu nonno…”. Ma sì, si scherza. In realtà qualcuno potrebbe divertirsi lottando coi glitch che ti fanno perdere un’ora di progressi (fatto realmente accaduto) e visitando zone tutte identiche tra loro. Qualcuno che comunque, per non rischiare, andrebbe sbattuto in cella.
La triste verità è che per imitare Uncharted e The Last Guardian servirebbero un gameplay almeno servizievole e una storia ricca di personaggi interessanti. Ma figuriamoci… qua c’è un’orribile cutscene in cui il protagonista uccide un cacciatore per proteggere il Troll. Otto urla, si dispera, poi incolpa l’uomo e una volta sdoganata la pena di morte si improvvisa giudice e guria, ammazzando esseri umani con inquietante freddezza. Il tutto in trenta secondi, con una regia agghiacciante e musiche che più anonime non si può.
Lato longevità siamo messi benissimo comunque: come le più famose torture cinesi, Troll and I vi sembrerà non finire mai. Orientarsi nella mappa è difficilissimo e questo rende ogni livello un labirinto in grado di fare impazzire chiunque. Più si va avanti, più i livelli del coso si aprono e si intrecciano riuscendo comunque a peggiorare l’esperienza. Mi ha ricordato i primi Tomb Raider, ma solo negli aspetti negativi.
Che dire poi della grafica? Dello stile? Qua conviene puntare il dito a caso: l’aliasing è talmente evidente da avermi lacerato gli occhi. I modelli poligonali sono grezzi, la scelta dei colori rende invisibili appigli e cunicoli, le texture sono improponibili. Le animazioni sono incomplete. C’è pieno di rallentamenti. Le facce sono brutte. I livelli sono brutti. Anche la copertina è brutta, ma questo è un pregio se si considera la sincerità del distributore.
In definitiva sono perplesso. Troll and I ha una parvenza di bontà, per così dire: il concetto dei due protagonisti che si aiutano, l’ambizione del gioco d’avventura con elementi gestionali, l’impronta ecologista in difesa della natura. Tutta roba che avrebbe potuto funzionare, e invece no. Non è divertente, non è bello da vedere, non è interessante e non è neanche simpatico. Quindi siccome fuori c’è il sole il mio consiglio è di risparmiare i vostri soldi e usarli per andare in piscina con gli amici.