Concentrazione, concentrazione… D’oh!
La frustrazione è un sentimento complesso, una sensazione difficile da combattere e alla quale è facile arrendersi condendola da un numero indefinito di imprecazioni, insulti a molteplici divinità e turpiloquio in ogni lingua conosciuta. Questo è il filo conduttore che mi ha portato a concludere volta per volta la maggior parte degli oltre 120 livelli di Death Squared, puzzle game disponibile tra le altre anche su Nintendo Switch.
SMG Studio, responsabile dello sviluppo del titolo, ha forse al suo interno un team di ingegneri dalla mente contorta al limite della follia visto che sono riusciti a comporre alcuni livelli che possono essere stati partoriti dalla mente di maniaco omicida. Superata questa fase iniziale di rabbia ad ogni morte dei cubi semoventi che comanderemo nel gioco, completare i restanti livelli è stato sì arduo, ma di certo anche soddisfacente.

Avviando il gioco si parte comunque piano, utilizzando i primi enigmi come tutorial per movimenti, comandi e meccanismi. In ogni arena prenderemo il controllo di due cubi robotici colorati (quattro nel caso della modalità multigiocatore), associati ognuno ad un Joy-con e comandati semplicemente dallo stick analogico, al fine di raggiungere, attraversando lo stage, i due interruttori dei relativi colori.
La esiguità di controlli non deve però trarre in inganno in quanto presto ci troveremo difronte a passaggi e alterazioni dinamiche dello stage che ci poteranno a riflettere attentamente sul metodo più efficace di proseguire prima di agire realmente e scegliere il percorso dei nostri spigolosi automi. Essere troppo frettolosi nella maggior parte dei casi vuol dire interrompere l’avventura dei propri robot e dover ricominciare il livello dall’inizio, oltre che pescare a piene mani dalla propria cultura di imprecazioni.
Le frequenti morti premature e la precauzione sono i principali volani che estendono la longevità del gioco e fanno passare più tempo del previsto su alcuni stage. Nella mia personale esperienza ci sono stati livelli avanzati che sono durati meno di 2 minuti e livelli intermedi per i quali ho speso anche 20 minuti di epiteti coloriti. Questo fa sì che completare il gioco richieda un tempo molto variabile in funzione della capacità di deduzione.

Death Squared è stato pubblicato anche su altre piattaforme, ma le caratteristiche dei Joy-con di Nintendo Switch sembrano essere cucite addosso al gioco al punto che da far sembrare che il titolo sia stato inizialmente concepito per questa console, anche se chi ha la versione neon bicolore blu e rossa si troverà un po’ spaesato in quanto il robot rosso sullo schermo è associato al Joy-con blu e viceversa (che errore grossolano). I comandi separati permettono di avere un feedback notevolmente alto quando si tratta di mantenere il controllo dei singoli robot per sbloccare il passaggio dell’uno con le azioni dell’altro.
Questa sensazione di natività si evince soprattutto se si gioca la modalità multigiocatore nella quale la possibilità di associare alla console altri due Joy-con (o altri tre controller) per controllare fino a quattro automi in quattro giocatori rende l’esperienza di gioco molto adatta alla condivisione e soprattutto alla cooperazione verbale in locale. Tra pianificazione dei movimenti e accuse reciproche in caso di fallimento, la componente party è tanto forte quanto competitiva e adatta alle partite mordi e fuggi tra amici.

Ma tutto questo ha il rovescio della medaglia nella realizzazione visiva. Non possiamo definire il dettaglio grafico un fattore particolarmente degno di nota di Death Squared dato che i modelli dei robot e dei componente degli stage sono fin troppo essenziali e il pattern di oggetti troppo misero, diventando quasi un orpello trascurabile in favore del puro gameplay, come se il gioco fosse ancora in fase alpha.
A questo si aggiunge anche un comparto sonoro senza infamia e senza lode, anche se i commenti pungenti dei due telecronisti durante le nostre azioni e i relativi fallimenti sono simpatici nelle prime battute, ma fastidiosi una volta ascoltati per la milleottocentesima volta. Rimane l’assunto che a livello di progettazione Drath Squared porta un tasso di complessità altissimo che porta a spremere le meningi in più di una occasione. Alla faccia di chi dice che i videogiochi spengono il cervello.