La nobile arte si fa Nintendo e diventa la nobile Arms
Da un certo punto di vista, Arms è un po’ una sconfitta per noi italiani, popolo sì di poeti e navigatori, ma anche di gente che lascia le cose a metà. Avevamo già in canna il nostro Arms, si chiamava Tiramolla: bastava farci un picchiaduro per insegnare anche ai nostri piccoli gladiatori in erba la nobile arte. E invece ci siamo fatti battere da un popolo che con il bambù andava a caccia di rane mentre noi s’accoltellava già un Giulio Cesare (cit.).
Il timore più grosso davanti ad Arms era un timore di quelli in grado di smontarti l’intero gioco e deviare la tua attenzione solo sui difetti e quel timore, quella domanda è: funziona? E soprattutto può funzionare come eSports? Basta qualche prova per fugare i dubbi, i sensori di movimento sono azzeccati e rispondono bene ma è un’affermazione al quale mi sento di mettere un punto solo quando prendiamo in considerazione la sfida solitaria contro la CPU o il multiplayer in locale. Chi ha avuto modo come me di provare il gioco grazie al Global Testpunch e ha giocato coi sensori è probabilmente caduto un po’ troppo spesso sotto una raffica di pugni. Segno che l’input lag diventa un problema quando si tratta di sfide online e si gioca senza sapere la configurazione degli avversari. E no, non ho avuto nessuna incertezza dovuta alla connessione, nemmeno con la mia misera 20 mega (non effettivi), anche se in uno scontro 2 vs 2 sono rimasto da solo, per disconnessione del compagno, e sono caduto sotto i colpi senza pietà degli avversari.
Un’altra nota positiva è proprio la natura stessa di eSports che i programmatori si sono evidentemente imposti come obiettivo principale e che cozza un po’ con il concetto di “gioco di pugilato alla WiiSports”. In realtà questa è una definizione ingiusta e che poco calza con Arms perché l’uso dei sensori (opzionale) è solo una parte del lotto, sul piatto della bilancia, come ogni picchiaduro che si rispetti, c’è anche il tempismo e le tecniche di attacco e difesa, ed è per questo che Arms è destinato a funzionare come eSports, perché già dalle prime prove basilari è percepibile il grado di profondità offerto da ogni scontro e la palese differenza di opportunità per attaccare tra un esperto e un novizio. Muovere le braccia a casaccio in avanti, cercando di sferrare più pugni possibile, è una tattica che non paga, la parata e la schivata (o i balzelli laterali) vanificano questo comportamento rendendolo sterile, così come pararsi tutto il tempo aspettando che l’avversario scopra il fianco può trasformarsi in una debacle totale quando si capisce, con colpevole ritardo, di essere stati mira di una presa di troppo.
Un’altra caratteristica standard che ritroviamo in questo beat’em’up atipico è un’ottima differenziazione dei personaggi. Aldilà del look, esagerato e strampalato, infatti ognuno gode e soffre di caratteristiche diverse, con Spring Man e Ribbon Girl che si rivelano ottimi per sondare il terreno, in quanto personaggi abbastanza equilibrati, e che diventano poco efficaci appena inizia a farsi strada la necessità di essere più veloci, o più violenti, o più dinamici a seconda del tipo di lotta che si vuole adottare e del meccanismo dei pugni associati. Certe armi infatti sono devastanti da vicino ma lasciano scoperti alla distanza e viceversa, altre offrono un attacco con un tempo di carica maggiore ma più devastante, come il drago e così via. In parole povere: un gioco che permette a ogni giocatore di trovare il proprio stile di combattimento, nel pieno rispetto della tradizione del genere.
Imparare ad usare un personaggio e associargli le giuste braccia fa parte delle meccaniche di gioco, proprio come imparare combo lo è di altri picchiaduro. Ma non di questo. No, Arms è un picchiaduro che richiede costanza per ottenere i risultati agognati, ma che proprio per la natura della sua meccanica, per il suo essere un misto tra padronanza dei controlli/tempismo/tecniche di attacco e difesa/riflessi, può essere giocato da impediti come me, ormai troppo vecchi per memorizzare una nuova sequenza di tasti senza perderne un’altra acquisita in passato con non poco sforzo.
Personalmente poi mi annoio tanto quando ci sono tanti personaggi e molti di questi sono un po’ simili e bisogna completare uno story mode per ognuno. Quindi sì, trovo più facilmente accattivante l’equilibrio perfetto di Street Fighter 2 anziché la sontuosità di roster di Street Fighter alpha 3, e sono ben lieto che Arms, da questo punto di vista, si concentri nell’offrire tante varietà di stili con appena una decina di personaggi e tutti (o quasi) diversi. Immagino già sfide emozionanti nei tornei ufficiali, con giocatori pro che hanno padroneggiato tutti i punti forza e le debolezze di ogni singolo personaggio e la cui scelta cambia a seconda dell’avversario, del personaggio che ha scelto e dell’arena.
Insomma le premesse per un gioco che fa genere a sé ci sono tutte e manco a dirlo la cura è la classica Nintendo che ci si aspetti. Alcuni dubbi però restano all’orizzonte: i sensori di movimento sono efficaci quanto l’input dei tasti? E se non lo sono, ci sarà possibilità di partecipare a incontri la cui configurazione dei controlli degli avversari è ben visibile? Lo story mode sarà appagante? La profondità che sembra palese, si spingerà quanto è necessario a rendere questo gioco più Arms e meno Punch Out 2? Ehi! Mi sembrano tutte domande ottime a cui rispondere in fase di recensione, che ne dite?