Eroi del passato in un Fire Emblem tutto nuovo
Un titolo fedele alle sue origini che cerca di guardare verso il futuro. Così si potrebbe definire, dopo le prime ore di gioco, Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia, remake del secondo capitolo della saga, Fire Emblem Gaiden, uscito nel 1992 per NES e rimasto esclusiva del territorio giapponese. Il successo che la saga strategica sviluppata da Intelligent System sta riscuotendo nel mondo non è più un mistero e grazie ai milioni venduti da Awakening e Fates e al grande successo di Heroes per mobile, Fire Emblem è, ora come non mai, un brand di punta Nintendo. Echoes sarà probabilmente il sottotitolo della serie parallela ai Fire Emblem principali, quella che, speriamo, darà negli anni al pubblico occidentale la possibilità di giocare i remake dei capitoli mai arrivati in occidente.
Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia è il secondo remake ad arrivare in Europa. Il primo, Shadow Dragon per Nintendo DS, non aveva convinto pienamente, rivelandosi un titolo con meccaniche anacronistiche e nel complesso un’esperienza frustrante, soprattutto se paragonata ai bellissimi capitoli usciti per Gamecube e Wii e ai due portatili per GBA. A onor del vero, andrebbe menzionato anche New Mistery of the Emblem, proseguo della storia di Marth e remake del terzo capitolo della saga, uscito anch’esso per Nintendo DS e simile nella struttura a Shadow Dragon ma mai arrivato in Europa. Shadows of Valentia si colloca all’interno della trilogia come storia parallela agli eventi narrati in Shadow Dragon e vede due giovani protagonisti, Alm e Celica, legati sin dall’infanzia da una promessa, uniti da un rapporto speciale ma presto divisi, a causa dei difficili conflitti che turbano il mondo e il continente dove vivono: Valentia.
Dopo un filmato introduttivo, entreremo nel primo capitolo del gioco, essenzialmente un lungo tutorial che, con informazioni brevi e non invasive, ci permetterà di prendere confidenza con il sistema di combattimento e con i menù, rinnovati in molti aspetti.
La prima cosa che salta all’occhio è lo stile visivo scelto, decisamente dai tratti meno anime e più fedele alla tradizione della serie pre-Awakening, per la probabile felicità di tanti giocatori di vecchia data. Anche gli sprite 2d dei personaggi durante i combattimenti evocano nostalgia, sembrano presi pari pari dal titolo originale per NES e risultano simili tra di loro, poco caratterizzati e diversificati.
Le battaglie iniziali servono come riscaldamento ma richiedono comunque costante attenzione, data la presenza (opzionale) del permadeath, marchio di fabbrica della saga, ovvero l’impossibilità di utilizzare nuovamente un compagno sconfitto. Le mappe appaiono da subito molto grandi e almeno inizialmente, prive di ostacoli ambientali che possono influenzare l’esito dei combattimenti. Ad accompagnare le classiche battaglie in 2d isometrico vi sono le nuove sezioni interamente in tre dimensioni all’interno dei dungeon: labirinti da esplorare in cui è possibile interagire con l’ambiente circostante, trovare tesori e affrontare battaglie con nemici visibili sullo schermo, ingaggiando scontri sulla classica griglia bidimensionale. In queste sezioni è possibile ammirare la bontà del motore grafico, evoluzione di quello usato nei due capitoli precedentemente usciti su 3DS.
Il primo capitolo del gioco scorre velocemente e alterna in poche ore numerose battaglie ad alcuni dungeon, dalla dimensione crescente. Diversamente da quanto visto nei titoli recenti della saga, per raggiungere la meta bisogna affrontare un numero multiplo di scontri obbligatori, utili per imparare a gestire un gruppo formato da un massimo di dieci unità. Cambiare classe è più semplice rispetto al passato e non richiede l’utilizzo di sigilli ma un tributo a una statua della dea Mila e per alcune unità, è possibile farlo anche a partire dal quarto livello.
Le città consistono in schermate statiche da cui è possibile interagire con gli abitanti o i membri dei party oppure cercare cibo o equipaggiamenti utili, spesso abbandonati e in bella vista, in attesa solamente di essere raccolti.
La storia e la narrazione sono costantemente presenti all’interno del gioco, con i dialoghi interamente doppiati in inglese, con sottotitoli in italiano. Paragonare Shadow of Valentia ad Awakening o Fates, non è semplice, giocarlo sarà un’esperienza profondamente differente per chi ha conosciuto la saga di recente ma rappresenterà anche un modo per conoscere una storia molto amata dai fan e, fino ad oggi, a noi ingiustamente preclusa. Difficile, al momento, sbilanciarsi ulteriormente riguardo al titolo, l’approccio a Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia rivela un titolo dalla doppia anima, caratterizzato da numerosi aspetti ripresi dal passato che verranno approfonditamente analizzati in fase di recensione ma che, già da ora, non sembra rischiare di ripercorrere le deludenti orme di Shadow Dragon.