Quando mi è stata affidata questa recensione sapevo che avrei dovuto confrontarmi con un mostro sacro di NintendOn: la recensione di Alessandro “Vampirlol” Molinari dello stesso titolo in versione Wii U. Sappiate che il mio taglio è molto diverso dal suo e che qui non troverete nulla di cui ridere, girate al largo, questa non è una di quelle recensioni (di conseguenza, ho già perso il confronto).
Tomorrow Corporation è uno dei miei developer preferiti, ho amato World of Goo in era Wii e ho adorato Little Inferno, che mi ha allietato in occasione del lancio di Wii U, intrattenendomi tra una sessione a New Super Mario U e un’altra a Zombie U. Evviva le U.
Human Resource Machine ancora mancava all’appello e francamente non sapevo affatto a cosa sarei andato incontro. Per diverse ragioni: tendo a informarmi il meno possibile dei videogiochi che intendo giocare (prima o poi), e, anche se a suo tempo avevo letto la già citata nostra recensione, ovviamente l’avevo rimossa: del resto la mia testa svuota la cache regolarmente, lasciandomi privo anche di conoscenze più importanti tipo dove ho lasciato le chiavi di casa, come si chiama questo oggetto su cui sto battendo per scrivere, e come mai le prime lettere sono qwerty e non abcdefg. Il mondo mi sconvolge sempre.
Il character design e il mood che caratterizzano Little Inferno sono riscontrabili anche in questa produzione e ciò mi rendeva ottimista, dato che adoro l’aspetto stralunato, il particolare uso dei colori e l’ironia generale che ammanta ogni frase del gioco, seppur si tratti di quel tipico humor malinconico che ti fa sentire addosso tutto il male del mondo.
Il compito della nostra vita da impiegato è semplice: dovremo portare le lettere e i numeri dal nastro trasportatore di sinistra a quello di destra, tramite una serie di comandi che avremo a nostra disposizione gradualmente man mano che proseguiamo con l’avventura, aiutandoci anche con le piastrelle del pavimento che ci permetteranno di immagazzinare temporaneamente e modificare dati. Il gioco non nasconde minimamente che il nostro compito, in realtà, è quello di scrivere righe di codice proprio come un programmatore deve fare per creare un videogioco: basti pensare che le piastrelle sono la memoria temporanea al servizio del codice, e lo scopo del gioco è trovare una soluzione al quesito di ogni livello. L’algoritmo che dovremo escogitare non deve essere una soluzione momentanea che funziona soltanto con gli attuali numeri e lettere in gioco, bensì deve funzionare con qualsiasi combinazione di valori, altrimenti la soluzione non sarà valida.
Il pensiero laterale è richiesto, ma senza dubbio molto meno di quello logico. Il sistema funziona ma non si può dire che intrattenga a dovere, tanto che mi sono chiesto dopo appena pochi livelli: ok, sto facendo quello che mi è stato chiesto, ma mi sto divertendo? E la risposta, tristemente, è no. Per quanto il concept base di Little Inferno potesse sembrare bizarro, infatti, la semplice azione di gettare oggetti nel camino e vederli bruciare, e scoprire se la combinazione portava a qualcosa, era un’azione effettivamente divertente da eseguire e risvegliava il senso primordiale della scoperta che provavamo quando la nostra testolina era più vuota e sgombra da incarichi impellenti come essere in ritardo per la consegna di una recensione, tanto per fare un esempio di situazione in cui chiunque possa ritrovarsi. In Human Resource Machine eseguiamo un compito che assomiglia di più a un lavoro che a un gioco, volutamente certo, ma ciò rischia di minare lo scopo ultimo di qualsiasi videogioco, ovvero svagarsi e divertirsi.
Certo, la coerenza tra quello che sta provando il nostro sorridente alter ego e noi, intenti nello sbrigare le sue pratiche, è ai massimi livelli, ed è per questo che vien da chiedersi a chi sia diretto questo gioco. Idealmente a chiunque, ma dopo i primi anni di vita impiegatizia (corrispondente ai livelli di gioco), ci si accorge facilmente che i puzzle richiesti non possono essere affrontati senza una conoscenza della materia che superi il livello base, tanto che il gioco stesso suggerisce di cercare un aiuto esterno in caso non si sapesse come proseguire. Probabilmente chi ha delle conoscenze pregresse, magari dovute appunto allo studio scolastico o un approfondimento successivo per ragioni lavorative, potrebbe districare il bandolo della matassa con più fluidità, ma di nuovo: chi avrebbe mai voglia di rivedersi catapultato tra i banchi di scuola anziché giocare a un videogioco?
La situazione peggiora ancora tenendo conto del fatto che non esiste alcun sistema di aiuto in-game, difetto tipico delle produzioni Tomorrow Coporation; ma se in Little Inferno era un problema marginale perché non era necessario superare ogni requisito per proseguire, e a volte bastava guardare meglio gli indizi a disposizione per far germogliare l’intuizione risolutoria, in Human Machine Corporation ciò non può avvenire per la natura stessa del gameplay (come a scuola: se fai un errore di calcolo è una cosa, ma se non sai proprio fare il calcolo…) e a causa del fatto che i livelli sono in ordine cronologico e non possono essere saltati. Sostanzialmente abbiamo dunque un gameplay che funziona ma che può interessare solo a una cerchia ristrettissima di utenza, ovvero a chi ha una qualche capacità di programmazione: viene però anche da chiedersi quanti saranno, all’interno di tale cerchia, coloro i quali abbiano voglia di adoperare il proprio ingegno e la propria pazienza dopo aver passato un’intera giornata su righe di codice e linguaggi di programmazione…
Bisogna però ammettere che il lavoro svolto da Tomorrow Corporation è ancora una volta encomiabile e brilla di luce propria. La storia è piccola, gradevole e inquietante come ci si potrebbe aspettare, seppur più debole e meno emotivamente coinvolgente di quella di Little Inferno, e le musiche di accompagnamento sono straordinarie al punto da meritare l’ascolto separato (feature esclusiva per Switch: colonna sonora inclusa nel gioco), sebbene la necessità di dover pensare a volte possa essere disturbata dal sottofondo musicale, disattivabile comunque in qualsiasi momento.
Se siete interessati a Human Resource Machine probabilmente questa è la migliore versione per poterne giovare: il semplice fatto che Switch sia anche portatile aggiunge valore all’offerta. Tomorrow Corporation ha anche curato in maniera egregia la situazione dal lato controlli, permettendo l’uso del touch quando si usa Switch in handheld mode, e dei Joycon con i sensori quando si gioca sulla tv o si usa come schermo quello di Switch. I controlli però vanno ricalibrati spesso, soprattutto se si gioca in quest’ultima configurazione, e, sebbene si tratti di una questione di un secondo, a qualcuno potrebbe dar fastidio. Supporto del pro controller sfortunatamente non pervenuto.
A questo punto, per coerenza redazionale, vi aspetterete un voto identico a quello che il mio esimio e stimato collega ha assegnato alla versione Wii U. Onestamente però non mi sento di dare lo stesso voto perché il target cui si rivolge il gioco è veramente troppo ristretto per meritare una promozione piena, nonostante i valori di produzione siano alti come dovrebbero. In attesa della prossima gemma della corporazione di domani, mi vedo costretto quindi a sconsigliare il gioco se non si rientra nella ristretta fascia di persone a cui è destinato, pena aver investito poco meno di dieci euro in un gioco inutilizzabile, e a consigliare la colonna sonora (reperibile a titolo gratuito anche in alta qualità dal sito dello sviluppatore) e i precedenti due titoli.