“Nel corso della vita, si può realizzare solo un numero limitato di cose. Perciò preferisco essere colui che pianta gli alberi, invece che l’albero stesso”
Questa la risposta che il compianto Fukio Mitsuji diede in un’intervista quando gli chiesero perché non sviluppava più giochi. Certo, il mercato era profondamente cambiato, non c’è dubbio che con l’avvento del 3D molti sviluppatori, anche importanti, rinunciarono del tutto allo sviluppo, cambiando ruolo all’interno dell’azienda per cui lavoravano o cambiando addirittura mestiere. Far rientrare MTJ, questo il suo pseudonimo, in questa cerchia tuttavia sarebbe una forzatura. Aveva già deciso anni prima di allevare nuovi talenti in una scuola di game design, la sua MTJ Game Designer’s School, perché si può essere ricordati per aver creato alcuni dei giochi 8 bit più belli di sempre, ma è solo una goccia nel mare della storia dei videogiochi. Formare nuove generazioni di game designer invece è il modo migliore per trasmettere la propria eredità artistica e proiettare un po’ di se stessi nel lavoro altrui.
Il fatto che Fukio Mitsuji non sia più tra noi non rende più importante Bubble Bobble perché questo capolavoro di tecnica e intenti ha sempre brillato senza mai invecchiare di un pixel, anche nell’era odierna dove fotorealismo e VR sono le attuali e future keyword del settore. Le sale-giochi, anche in Giappone, erano frequentate perlopiù da uomini che prediligevano il gioco in singolo, passavano tanto tempo a memorizzare schemi e sostanza dei giochi, nell’intento di poter un giorno finirlo con l’inserimento di un solo gettone. MTJ pensava che il videogioco dovesse accomunare le genti e non creare fazioni e Bubble Bobble nasce proprio con questa filosofia: portare l’altro sesso nei meandri delle sale arcade grazie a un aspetto più accattivante e kawaii, opera dello stesso Fukio Mitsuji che curò anche il character design. La grafica però non inganni: Bubble Bobble è un gioco tostissimo, che dopo i primi livelli che insegnano i movimenti e le strategie di base (perché una volta i tutorial erano DENTRO il gioco, e gratificavano inconsciamente il giocatore che non si accorgeva della mano tesa del developer) si apre e si svela per quel che è, ovvero un’avventura che va affrontata con un compagno.
A dimostrazione di ciò non solo la ripida curva di difficoltà, ma anche i tanti segreti disseminati all’interno. Alcuni stage nascosti, raggiungibili se non si perdono vite negli stage precedenti, contengono dei veri e propri codici che decifrati (spoiler! Vi ho avvertiti, anche se sono passati trent’anni eh!) danno conferma dell’esistenza del vero finale, raggiungibile solo se si completa il gioco una seconda volta e in due giocatori. Bubble Bobble fu un successo commerciale all’epoca e rimane un pilastro di game design in particolare e di arte nei videogiochi in generale, creato in un periodo dove il dibattito arte e videogiochi era ben lungi dall’affollare gli editoriali delle riviste.

Pressato dall’azienda, MTJ non creò mai un seguito diretto di Bubble Bobble, non c’era bisogno di un doppione di un gioco che dice tutto nei suoi cento livelli d’amore pixellato. Creò invece Rainbow Island, al quale Taito affibbiò furbescamente il sottotitolo The Story of Bubble Bobble II. Si tratta di un gioco molto diverso per tanti punti di vista eppure la discendenza di Mitsuji è palpabile. Questa però è un’altra storia.
La versione NES di Bubble Bobble è un’ottima conversione, che riprende efficacemente il gameplay della versione migliore, quella arcade ovviamente. Non si tratta della migliore conversione in assoluto, la versione Master System è leggermente migliore in grafica ed effetti sonori, con piattaforme meno dettagliate rispetto all’arcade ma generalmente più colorate e definite rispetto alla versione NES, e incredibilmente superiore per ammontare dei livelli, il doppio della versione da sala in modalità, mentre la versione per famicom contiene poco più di dodici livelli aggiuntivi. La versione NES si distingue per la qualità della musica, pochi motivetti ma gioiosi, con un theme tra i più riconoscibili in assoluto nella storia dei videogiochi.
Amici nintendari, abituatevi: non sarà l’unico caso nella sfida tra conversioni per SEGA Master System e Nintendo Entertainment System. La console SEGA 8-bit era generalmente più prestante di quella Nintendo.

Questo non sminuisce la bontà del lavoro dei programmatori di Taito, che hanno realizzato una versione coi fiocchi e godibilissima di Bubble Bobble, nella quale ritroviamo non solo la stessa struttura dei livelli della versione originaria, ma anche gran parte degli stessi pattern e segreti. Il gioco infatti “controlla” il giocatore e al soddisfacimento di certi requisiti (come ad esempio saltare per cinquantuno volte su una bolla e simili) elargisce oggetti speciali nel livello successivo, come una caramella che aumenta le capacità dei protagonisti, o un ombrellino che serve a saltare il livello.
Bubble Bobble, con i suoi tanti segreti, è un gioco che a distanza di tre decadi riesce sempre a dire qualcosa di nuovo a ogni partita, per questo, oltre a essere uno dei migliori titoli nel catalogo del famicom, è un’opera immortale e dovrebbe essere giocato da ognuno che voglia definirsi videogiocatore.

Siamo consci che Fukio Mitsuji ci guarda da lassù e che un sorriso spunti sul suo volto ogni volta che lo stesso sorriso sorge sul volto del videogiocatore che si sta dedicando alle suo opere e che ne sia consapevole o meno, quel sorriso è un altro germoglio che chissà, magari un giorno diverrà un albero.
Nota sulla colonna a destra: Il territorio di riferimento della data d’uscita del gioco in versione NES è il PAL. In epoca NES c’erano diversi tipi di PAL a seconda dei territori, e c’erano tantissimi distributori e sub-distributori per cui il compito di fornire una data esatta di uscita è arduo. In ogni caso le fonti scelte come punto di riferimento per date e altro sono mobygames, gamefaqs e documentazione cartacea.