Ogni serie prima o poi, col tempo, rischia di cadere nella “crisi del settimo anno”, quella che rimette in discussione i punti cardine che l’hanno tenuta in piedi, che fa riflettere su come continuare, che sprona a rimescolare le carte in gioco. È probabilmente con questo spirito che, in quel di Capcom, si è data carta bianca a Yasunori Ichinose, director di Monster Hunter Generations, per cercare di rinfrescare una serie che se da un lato funziona grazie a meccaniche ormai consolidate dall’altro rischia, con ogni iterazione, di scivolare nella noia dell’aggiornamento sempre uguale a sé stesso.Cosa fare dunque per rinfrescare un brand così immerso nelle proprie radici, mantenendone inalterato lo spirito? La soluzione trovata, in un titolo che risulta spiccatamente sperimentale, è stata quella di aumentare gli strumenti a disposizione del cacciatore, di espandere il significato di “personalizzazione” aldilà di semplici orpelli estetici, entrando a gamba tesa direttamente nel core del titolo, il gameplay.
In precedenza utilizzare un’ arma piuttosto che un’altra era l’unico modo per differenziare veramente l’esperienza di gioco, in quanto le movenze a disposizione di ogni singola arma erano uguali per tutti. Ora tale meccanica è diventata un’equazione, i cui fattori sono gli Stili di Caccia e le Arti di Caccia. Gli Stili, quattro in tutto, alterano pesantemente l’approccio al gioco, andando a togliere, modificare o aggiungere movenze rispetto al set base tipico dei precedenti capitoli (che rimane vivo sotto forma di stile Gilda). Le Arti invece sono “mosse speciali” (offensive, difensive o di supporto), attivabili con un tocco sul touch screen, eseguibili in qualsiasi momento previa caricamento della relativa barra a suon di colpi o in alcuni casi subendo danni. Ce ne sono di universali così come di specifiche per ogni arma.

Lo stile Gilda possiede tutte le movenze che ogni veterano di Monster Hunter conosce (anche se con alcune piccole modifiche fisiologiche di ogni iterazione del franchise) e permette di equipaggiare due Arti; lo stile Offensivo è quello che generalmente “perde” più movenze ma guadagna la possibilità di equipaggiare tre Arti, che in più si caricano più velocemente; con lo stile Aereo la schivata è sostituita da una capriola a mezz’aria che, venendo in contatto con un mostro, un cacciatore, una bomba o in pratica qualsiasi cosa di “interattivo” fa spiccare un grande salto che permette attacchi speciali e aumenta la possibilità di cavalcare il mostro; infine con lo stile Ombra ogni schivata effettuata col giusto tempismo si trasforma in una Schivata Assoluta, che rende completamente invulnerabili e dopo la quale è possibile effettuare attacchi unici, in base al tipo di arma scelta.
La combinazione tra Stili e Arti permette una personalizzazione del modo in cui si caccia mai vista prima nella serie, e benché ci siano combinazioni arma/Stile/Arte naturalmente più portate a funzionare in sinergia, quasi tutte sono valide e utilizzabili con efficacia, indice di un ottimo bilanciamento del sistema.
“Quindi niente armi nuove?” Beh, nì. Nonostante non sia stata introdotta nessuna vera arma all’arsenale, che rimane quello di MH4U, una nuova modalità in qualche modo sopperisce alla sua mancanza. Per la prima volta nella serie è infatti possibile cacciare impersonando uno dei nostri fidati compagni Felyne(!) che, possedendo armi e mosse particolari, rappresentano di fatto un modo alternativo di cacciare. Compagni inseparabili in quasi tutti i capitoli precedenti, possono sfidare qualsiasi mostro, e non versioni “ridotte”, ma proprio gli stessi cacciati dai loro padroni!

Meno forti rispetto ai cacciatori, i Felyne possono comunque dire la loro, soprattutto se in gruppo, grazie anche ad una serie di oggetti e buff che tornano decisamente utili, una resistenza infinita e la possibilità di ritornare in gioco ben 9 volte (il ché è risaputo essere il numero di vite di ogni gatto) prima di fallire la missione. Accanto a questa meccanica, ritorna in una nuova veste la modalità “Cacciatori di miaostri”, mini-gioco che permette di inviare i compagni Felyne non attivi a recuperare oggetti di vario tipo. Al posto del “teatrino” di MH4U, a questo giro dobbiamo spedire i nostri amici a quattro zampe, usando un cannone(!), in aree specifiche in modo che, al nostro ritorno dalla caccia, possiamo trovare il frutto della loro ricerca.


Il titolo originale del gioco (Monster Hunter X, da leggersi “cross”) enfatizzava il legame del numero quattro a molti elementi del gioco: dalle quattro città ai quattro Stili, ma soprattutto ai 4 nuovi flagship monsters, i mostri rappresentativi del titolo. Molto diversi tra loro ma tutti splendidamente caratterizzati, richiedono approcci differenti e tattiche apposite, come ogni buon mostro che si rispetti sa garantire. I “terribili quattro” sono: Astalos, viverna molto aggressiva e caratterizzata da fulmini verdi che utilizza con foga in battaglia; Gammoth (per gli amici Popodrome), enorme creatura chiaramente ispirata al Mammoth a cui piace molto giocare con la neve, possibilmente gettata addosso al cacciatore. Mizutsune, bellissimo ed elegante leviatano d’acqua specializzato nella creazione di bolle che rendono la caccia pericolosamente “scivolosa”; infine, Glavenus, viverna brutale con una coda particolarmente lunga ed affilata come una spada, che non esiterà ad utilizzarla proprio per ciò che sembra…


Pur mancando le missioni grado G (caso più unico che raro ultimamente vista la tendenza di portare in occidente solo le versioni “complete” dei vari capitoli), ci sono comunque alcune sorprese in serbo per chi ama la sfida. Se nel capitolo precedente, tra Apex e missioni Gilda c’era di che essere occupati, in Monster Hunter Generations ci sono i mostri Devianti, versioni particolarmente bellicose di alcuni mostri, generalmente più grandi e aggressivi, con un moveset differente dalle loro controparti regolari, e che richiedono ticket speciali per essere affrontati. Infine ci sono i mostri Iper, del tutto regolari se non fosse per le due “bolle” posizionate in specifici punti (sulla coda, su una zampa, ecc) che se da un lato rendono gli attacchi portati da quella parte anatomica più forti, dall’altro, se colpite, riempiono più velocemente la barra delle Arti.
Se Monster Hunter Generations è un titolo sperimentale per quanto riguarda le meccaniche pure, il contorno attinge invece a piene mani dal lore della serie, in quanto permette di visitare città già viste in capitoli precedenti: Kokoto dal primo Monster Hunter, Pokke da Monster Hunter Freedom 2/Unite e Yukumo dal mai arrivato in occidente Monster Hunter Portable 3rd, oltre al villaggio simbolo di questo titolo, Beruna. Nel corso della storia, molto sbrigativa anche per gli standard di un Monster Hunter (si viene buttati praticamente subito nell’azione senza troppi convenevoli), verranno a visitarci innumerevoli personaggi visti nei capitoli precedenti, per scambiare due chiacchiere oppure assegnarci missioni. Questo viavai di “volti noti” genera un certo dinamismo e una punta di nostalgia, purché si conoscano detti personaggi ovviamente.

Le ambientazioni sono un mix tra vecchie conoscenze “aggiornate” al gameplay introdotto da MH4, quindi con sporgenze aggiunte a mo’ di trampolini, mappe prese da MH4/U ed una nuova ambientazione creata appositamente per Monster Hunter Generations . Nonostante le vere novità in questo senso siano quindi poche, tutte le principali varietà climatiche sono presenti, compresa una “vera” ambientazione vulcanica, finalmente (non sono tra quelli che apprezzarono la soluzione presente in MH4U di adattare una mappa preesistente “semplicemente” aggiungendo lava e affini).
Sul versante tecnico si segnala un (sulla carta) peggioramento che però considero a conti fatti positivo. Al posto di un framerate “sbloccato” come in MH4U, che veleggiava quasi sempre intorno ai 50/60fps ma con pesanti fluttuazioni soprattutto in multiplayer e su 3DS non “new”, qui ritroviamo i cari vecchi 30fps rock-solid che per molti capitoli sono stati una costante, e nelle mie prove non ho mai notato fluttuazioni o cali, sia in single che in multiplayer (provato su new 3DS). La novità più visibile, visivamente parlando, sta però negli effetti, decisamente sotto steroidi ma soprattutto chiari e utili al gameplay. Si va da vistosi lampi di luce per oggetti e buff, a indicatori di distanza mascherati da terra sollevata dalla forza dei colpi, dando l’idea della portata dei propri attacchi molto meglio che in passato. Il tutto risulta più flashy e dal sapore più arcade, cosa che non guasta mai laddove la sostanza rimanga invariata. La qualità di modelli e animazioni è paragonabile, se non leggermente superiore, a quella dei capitoli precedenti.
Come non parlare di alcune comodità di quelle che fanno esclamare “ma perché non è sempre stato così?”, come ad esempio per la raccolta degli oggetti: se in passato ci si doveva accovacciare per raccoglierli più velocemente premendo continuamente il tasto apposito, ora basterà avvicinarsi ad un punto di raccolta e premere A. Il cacciatore si abbasserà e raccoglierà automaticamente tutto quello che può (inventario permettendo). Idem per lo scalco, anche se bisogna abbassarsi per la massima velocità; si tratta comunque di piccolezze.
Menzione a parte per il discorso difficoltà/longevità. Trattandosi di un capitolo senza missioni di grado G, potrebbe sembrare che la lunghezza dell’esperienza ne sia penalizzata. Effettivamente la “scalata” all’end-game risulta più rapida, ma con l’introduzione dei mostri Devianti che permettono di forgiare equipaggiamenti speciali (gli unici del gioco con abilità composite), un end-game degno di questo nome è assicurato, soprattutto per il fatto che tali mostri vanno fatti livellare continuando a batterli (similmente a quelli delle missioni Gilda in MH4U), anche se per questo motivo il meccanismo risulta un po’ artificioso.

Ultimo ma non meno importante: il multiplayer. In realtà non c’è molto da dire in quanto la formula è rimasta sostanzialmente la stessa e funziona ancora egregiamente, ma è sempre bene ribadire come Monster Hunter sia nato inizialmente come gioco collaborativo e che dia il meglio di sé in questo senso, nonostante sia pure innegabile la soddisfazione che si prova a trionfare su un bestione alto come un palazzo con le sole proprie forze. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.
Possiamo quindi dire che “l’esperimento” sia riuscito? Per quanto mi riguarda sì. Stili e Arti aggiungono varietà a meccaniche che stavano cominciando a sentire il peso degli anni pur rimanendo assolutamente valide, al netto di tutti i piccoli ma costanti miglioramenti apportati da ogni iterazione del franchise. La possibilità di poter cacciare usando i Felyne poi è come un sogno divenuto realtà, la quantità e varietà di contenuti è a conti fatti seconda solo ai capitoli più ricchi della saga e più in generale di buon – ma non ottimo – livello.
Il risultato è un titolo assolutamente da avere per ogni appassionato della serie, e un ottimo punto di partenza per chi vi si affaccia per la prima volta.