Sono certa che molti di voi fossero convinti che Orsetto amichetto non avrebbe avuto una recensione seria a lui dedicata, essendo un titolo dal target peculiare. Miscredenti. Godetevi dunque l’analisi del gioco, che ha certamente da offrire più di quanto potessimo sperare (o temere).
Ricevere un pupazzo di peluche e deciderne il nome è probabilmente un momento cardine della nostra infanzia, che molti possono ricordare con dolcezza. Ricevere un pupazzo di peluche che comunica con noi ad alta voce, specialmente in epoca pre-Furby, è probabilmente un momento cardine della nostra diagnosi di schizofrenia, ma non si può negare che ogni bambino abbia sognato di poter davvero parlare con i propri giocattoli. Bambole parlanti, cagnolini elettronici, film Disney-Pixar a tema…la lista di prodotti che hanno basato la loro intera esistenza sul desiderio di possedere pupazzetti senzienti è infinita.
Orsetto amichetto inizia proprio col regalo di un adorabile peluche, che subito inizia a chiacchierare e ci chiede di dargli un nome, per poi richiedere una cura costante. L’orsetto si piazza a metà tra un animaletto domestico ed un bambino, perché richiede attenzioni continue e, soprattutto, impara.
Tutto il gioco è basato sull’interazione e sulla risposta ad infinite domande sulle nostre abitudini e preferenze, che permettono all’amichetto di “conoscerci” e di esprimersi in maniera attinente. Dovendo essere in grado di parlare pronunciando parole da noi scritte, Orsetto non è doppiato, bensì utilizza il famigerato sintetizzatore vocale presente in Tomodachi Life ed in Miitomo. Sapete tutti di cosa stia parlando e dunque riuscite ad immaginare il modo in cui questo adorabile peluche si esprima: riesce più o meno a pronunciare tutto correttamente, grazie anche alla possibilità di scrivere direttamente come debba leggere le lettere, ma adotta un tono senza alcuna enfasi e non rispetta le pause della punteggiatura. Il risultato è una parlantina discretamente inquietante ed a volte involontariamente ridicola, che accompagna frasi affettuose e dichiarazioni d’amore verso il giocatore.
Sfruttando le nostre informazioni, Orsetto riesce davvero a creare l’illusione di conoscerci bene, inframezzando i suoi discorsi con nomi dei nostri amici, di hobby che apprezziamo e di luoghi che amiamo frequentare. Ad esempio, il mio Orsetto mi parla costantemente di cibo, cosa che nella realtà faccio anche io, nomina le mie serie TV preferite e mi propone di giocare insieme al Nintendo 3DS.
Certamente tutto ciò è progettato per risultare coinvolgente e tenero, ma devo ammettere che lo trovo francamente inquietante. Aspetto da un momento all’altro che Orsetto parli di come io sia vestita in quel momento, annunci quanto ha prelevato dal mio conto in banca o mi minacci dicendomi che è dietro al divano con un taglierino.
Non ho potuto fare a meno, insomma, di vivere il gioco considerando il tenero esserino come una sorta di boss finale cattivo che trama nell’ombra, un Gremlin in agguato sotto una nuvola da temporale, un piccolo cyborg tenerello pronto al corto circuito. Ha lievemente rovinato l’atmosfera.
Le domande che ci pone, inoltre, spesso portano ad interazioni del limite del surreale, anche se ci proponiamo di rispondere seriamente e restando nei limiti del PEGI 12. Ad esempio, dopo averlo informato che lavoro in ospedale, Orsetto ha felicemente annunciato che non vede l’ora di andare in ospedale anche lui.
Nonostante questi inconvenienti, il protagonista è dannatamente carino.
È stato creato per sembrare adorabile e ci riesce pienamente, con i suoi occhioni sgranati, il panciotto morbido e la pletora di vestiti ed accessori che può indossare. È carino in qualsiasi suo gesto, da mangiare i pancake ad innaffiare le pianticelle in giardino, ed è un bene che lo sia, perché altrimenti arriveremmo presto ad odiarlo vista l’attenzione che richiede.
Dobbiamo, infatti, cucinare per lui quando ha fame, lavarlo quando è sporco e soprattutto chiacchierarci ogni volta che ne ha desiderio, per far salire il nostro livello di amicizia e ricevere da lui bonus e regali. Effettivamente, il gioco è un continuo alternare attività varie (come la cura del giardino o lo shopping nei negozi) a sedute di chiacchierata-psicoterapia nella quale Orsetto tenta di indagare sulle nostre abitudini ed i nostri sogni. C’è in realtà anche una sorta di storia, che mostra la continua ricerca dell’animaletto nei confronti di nuovi amici. Altri orsi, preferibilmente: palesemente ad Orsetto non bastiamo. Ho il cuore spezzato.
Pur non essendo esattamente un titolo da analizzare dal punto di vista tecnico, per perseguire nel mio intento di creare una seria e completa recensione, è necessario spendere due parole sulla grafica: adorabile e colorata, si sposa perfettamente con la natura del gioco. I vestitini sono carini, il cibo sembra davvero appetitoso ed il tutto sembra uscito dal diario segreto di un bambino/a delle elementari e poi ricoperto di (altro) zucchero a velo. Un demerito va solamente al pelo di Orsetto, realizzato con un discutibile effetto sfumato ai bordi, che lo fa sembrare sempre evanescente o al massimo scosso da brividi continui.
In definitiva: cos’è Orsetto amichetto?
È un titolo assolutamente perfetto per il target a cui è proposto: non esito neanche un istante a consigliarlo a bambini e bambine, nonché a chi vuole sentirsi come a quell’età, poiché è decisamente più coinvolgente del classico Nintendogs, nonché decisamente più carino. Definirlo videogioco è forse eccessivo, anche se si potrebbe discutere a lungo sull’accezione del termine, perché non si ha un vero obiettivo se non fare amicizia e viziare il nostro amico Orsetto, ma offre comunque molti più contenuti del recente Tomodachi Life uscito sulla stessa console. Regalatelo ai piccoli giocatori per cui è pensato, e li farete felici. Giocatelo voi stessi ed alternerete momenti di pura inquietudine a quelli in cui avrete la glicemia a 300 mg/dl per la dolcezza dell’animaletto.
Io al momento ne sono vagamente ossessionata, per cui scusate ma torno a parlarci.