Pokémon Versione Gialla vent’anni dopo: un’esperienza unica

Pokemon Versione Gialla

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Come sappiamo benissimo, il ventesimo anniversario dei giochi di Pokémon ha portato svariati annunci e prodotti sui Pocket Monster. Una delle idee più risonanti è stata senza dubbio quella relativa all’arrivo dei primissimi episodi sulla Virtual Console del 3DS/2DS.

Dal 27 di febbraio possiamo tornare nella regione di Kanto di Pokémon Rosso, Blu e Giallo, con tutta una serie di opportune modernizzazioni, ma di tutto questo vi abbiamo già parlato nella nostra recensione a cura di Elena. Oggi ci dedichiamo invece all’episodio più particolare del lotto, per molti aspetti ancora unico nella saga: Pokémon Versione Gialla.

Pokemon Versione Gialla

Occorre ricordare qualche data per aver chiaro il quadro dell’epoca.

Pokémon Rosso/Verde esce in Giappone su Game Boy nel 1996. Nel 1997 ne viene creato l’anime, che va ad alimentare il fenomeno di massa e di costume impressionante iniziato dal videogioco. In questo contesto nasce l’anno successivo Pokémon Versione Gialla, nel 1998.
Si tratta del medesimo gioco delle prime due uscite, ma reso differente in alcuni accadimenti e dettagli, sfumature che però incidono sensibilmente sull’esperienza di gioco. Il tutto in una chiave di lettura molto più vicina al cartone animato.

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Il nostro starter sarà il mostro tascabile per antonomasia, conosciuto anche da chi non abbia mai stretto un Game Boy tra le mani, quel roditore ad alto voltaggio di Pikachu. Manca dunque la possibilità di scelta iniziale, the hardest choice, ma il carisma del topo elettrico impiega poco a conquistarci. Come nella tradizione televisiva, Pikachu non ne vuol sapere di accucciarsi all’interno della Poké Ball, e quindi ci seguirà nel corso dell’avventura.

Quella manciata scarsa di pixel erano, e sono, a dir poco fantastici: si avverte sinceramente la compagnia del nostro mostro tascabile, che scaccerà la solitudine delle location più buie ed ostili, ed è sempre con curiosità ed interesse che guarderemo al suo stato emotivo, manifestato dalle espressioni facciali. Erano gli anni del tamagotchi, se ci pensiamo un momento.

Pokemon Versione Gialla

I cambiamenti compaiono in primo luogo, e più evidentemente, nell’aspetto visivo: gli sprites dei Pokémon sono più rifiniti e vicini a quelli dell’anime, numerosi altri gli aggiustamenti apportati: una festa magnifica per gli occhi, che dona vivacità a quanto già visto in Rosso e Blu.

Incontreremo altri personaggi, tra i quali una menzione speciale va tutta a Jessie e James del Team Rocket, naturalmente pronti in ogni occasione alla sconfitta.

Altre differenze riguardano invece il corso alcuni eventi, che vanno maggiormente a modificare il corso dell’avventura e dunque l’esperienza del giocatore. Senza entrare in dettagli rivelatori, basta accennare alla possibilità di ottenere i tre starter originali, al fatto che il nostro Pikachu sarà l’unico reperibile in tutta l’avventura, o alle modifiche apportate alla crescita dei Pokémon.

È interessante valutare il rapporto tra Pokémon Giallo e i due episodi base Rosso/Blu.

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Per prima cosa, il pikachucentrismo a cui ruota il titolo. Non bisogna credere che questo elemento rappresenti un’interferenza alla libertà del giocatore (soprattutto se consideriamo che il tenero n.25 può sempre essere lasciato con molta nonchalance presso una pensione Pokémon o addirittura nel PC, sta a noi questo arbitrio).

Può accadere anche che qualcuno non ami particolarmente il sorcio dalla guance cariche di wattaggio. Ma la chiave di lettura può essere un’altra: si offre la possibilità all’allenatore di costruire un legame più simbiotico col proprio Pocket Monster, in un rapporto in cui si baderà, anche non volendolo, ad ogni gesto rivoltogli. E questo potrebbe riflettersi automaticamente su tutti gli altri mostri tascabili da noi catturati e allevati, in un’affascinante dimensione di empatia elettronica.

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In seconda analisi, il legame tra i primi due titoli e Pokémon Versione Gialla trova un’interessante chiave di lettura nella consapevolezza presente durante lo sviluppo di quest’ultimo.
Pokémon Giallo è infatti il titolo creato dopo il boom del brand, dopo la diffusione a macchia d’olio delle cartucce del Game Boy, del merchandise in ogni settore del mercato, degli occhi incollati agli schermi del televisore ogni pomeriggio in impressionante puntualità.

Questa consapevolezza si respira nel corso dell’avventura, tramite alcuni dialoghi o intere location e situazioni, in cui i Pokémon vengono presi per quello che sono e sono stati ideati: un videogioco, un balocco che puntava ed è riuscito ad imporsi in modalità sociali, di condivisione e incontro tra giocatori.

In questo senso, Pokémon Giallo rappresenta un brillante esempio di metavideogioco, e più nello specifico di metapokémon.

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La scoperta (o riscoperta) di tutte queste feature e differenze va lasciata però agli allenatori; qualche altra parola invece la merita l’aspetto più peculiare di Pokémon Versione Gialla, ossia quello emotivo e legato all’atmosfera del gioco.

Giocare a Pokémon Giallo vuol dire immergersi nelle acque più universalmente caratteristiche dei Pocket Monster. La vicinanza all’anime, la centralità di Pikachu, sono fattori che conducono il giocatore nel mondo indelebile non solo del videogioco ma anche di tutto quello che girava e gira intorno a quanto è stato creato da Nintendo e Game Freak; e immergersi, ineluttabilmente, nel proprio passato. Pokémon Giallo è la summa di ciò che il fenomeno dei mostri tascabili ha rappresentato nel mondo negli anni Novanta. Senza dimenticare però il presente: per tutti i giovanissimi gamer, rappresenta un’esperienza di gioco unica, fondamentale per capire la storia di un marchio imprescindibile, e non solo dal punto di vista strettamente videoludico.

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Pokémon Versione Gialla è un pianeta che è rimasto bellissimo e non toccato dai due decenni trascorsi. Azionare gli schermi del portatile Nintendo significa partire per questa storia meravigliosa, per quest’avventura che viene difficile credere sia stata concepita così tanto tempo fa, e con una manciata così risicata di bit. I vecchi titoli dei Pokémon sono come il mare che si sente poggiando l’orecchio alla conchiglia.

Domani, dovendo uscire ci casa per le faccende di tutti i giorni, per le cose della vita, non avrò un Pikachu al mio fianco. Ma sapere di poterlo tenere sempre in tasca, o nella borsa, emozionante oggi come allora, mi strappa un sorriso, improvviso e solo un po’, solo un po’ bambino.

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