Bravely Second: End Layer – Recensione

cambio di classe data europea di Bravely Second demo Bravely Second: End Layer

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Genere: JRPG
Multiplayer: no
Lingua/e: Testi in italiano, doppiaggio in giapponese o inglese

L’accoglienza che il mondo occidentale ha riservato a Bravely Default è già di per sé considerabile un atto di passione verso il genere jrpg. L’occasione è stata ghiotta per unire due sponde lontanissime: quella del fanatico, innamorato delle stats e del grinding sfrenato, e quella del giocatore più occasionale, che cerca in un gioco di ruolo quello che ha provato a suo tempo in compagnia di Cloud o Léon. Con una direzione artistica di quel calibro e con così tanta fame di un nuovo Final Fantasy, classico ma inedito, Bravely Default non poteva fallire e a conti fatti non ha fallito, riscuotendo un alto gradimento tra la stampa e gli esercenti (op,op,op; din,din,din). Ma tra i giocatori?

Senza fare di tutta l’erba un fascio, e senza andare troppo lontano, qualcuno pronto a dire “Bellissimo, quasi capolavoro, ma…” lo troverete senza alcuna fatica e, dalle prime informazioni sul seguito di Bravely Default, gli sviluppatori si erano proclamati disposti a prendere in considerazione tutte le frasi a seguito di quel “ma”. Il risultato finale però racconta tutt’altra storia, riassumibile nel motto “squadra che vince non si cambia”. Così Bravely Second rimane fedele a sé stesso, al brand e a determinate scelte di game design, mutuate dal primo episodio, gradite o meno, ma di sicura efficacia. Bravely Second non rivoluziona e non innova nulla, a partire dalla trama, direttamente ricollegabile a quella del suo capostipite.

Sono trascorsi due anni e mezzo da quegli eventi, nei quali la papessa Agnès ha preso le redini dell’Ortodossia dei cristalli, la religione che fa dei quattro cristalli che nutrono il mondo il proprio cardine, e durante la conferenza per la stipulazione del tanto atteso accordo di pace con Eternia, viene rapita sotto i volti impotenti di Alternis Dim, Braev, ma soprattutto Yew, capostipite del prestigioso casato dei Geneolgia, nonché guardia del corpo della papessa, cavaliere della guardia dei cristalli e nostro primo alter ego impersonabile. Ritornano i due eroi Tiz e Edea, e incontriamo una nuova amica: Magnolia Arch, una ragazza venuta dalla luna, alla ricerca di vendetta contro i Ba’al, aberrazioni che hanno annientato la civiltà lunare, e il cui ultimo esemplare è atterrato su Luxendarc.

Il cast si prodiga in critica sociale
Il cast si prodiga in critica sociale

Il cast, anche questa volta, è uno degli aspetti positivi del titolo. Seppur stereotipati, i personaggi hanno carisma, caratteri e gusti ben definiti e soprattutto agiscono per un motivo. Yew è un erudito irruente e fifone, dall’animo puro e quindi ingenuo fino al midollo. Magnolia Arch è energica, spiazzata da quanto è differente Luxendarc rispetto alla desolante luna da cui proviene. Edea è il solito impiastro, pasticciona, violenta e dalla fame inarrestabile. Tiz è l’attento e umile eroe dai capelli sempre arruffati. Ancora più motivati, i cattivi e i detentori degli asterischi, dietro la loro voglia distruttiva c’è sempre un passato problematico o la voglia di cambiare lo status quo. La “regia” è sempre attenta a non fornire un indizio su cos’è giusto o cos’è sbagliato e questo non può che essere un pregio. Tuttavia le tematiche trattate, anche le più adulte o complesse, non vengono mai approfondite come dovrebbero, e il tutto si risolve con l’ennesimo banchetto di Yew, Edea, Tiz e Magnolia nel villaggio successivo.

Il clima generale è gradevole e bonario, sia nelle conversazioni occasionali, sia in quelle appositamente richiamabili quando disponibili, simili a quelle delle visual novel, sia in quelle che si svolgono dentro le tende trovabili nei dungeon. Il sorriso però diventa presto sospirone, all’ennesima richiesta di una nuova porzione di Edea, alla descrizione dell’unica fobia di Yew (spoiler: ne ha più di una). Gli eroi di Bravely passano più tempo a mangiare che a combattere per i propri ideali. E mentre mangiano parlano, parlano, parlano. Presto non saprete più che farvene di tutti questi dialoghi, anche perché la maggior parte non servono proprio ai fini della trama. Trama che per quanto articolata, passa tutti i cliché tipici del genere, senza mai deragliare e desta preoccupazione che si sia dato più peso a siparietti comici, alcuni gustosi, altri evitabili e alcuni sia gustosi che evitabili a causa delle ripetizioni, che al maggiormente interessante vissuto degli npc secondari, costretti a dipanare l’arco di una vita durante sparute frasi durante il combattimento, una soluzione narrativa che non mi sento di definire classica, ma superata.

Insomma, Bravely Second, checché ne dicano gli autori, al netto di una personalità spiccata di tutti i suoi personaggi, difficilmente è definibile story-driven. Non serve seguire la storia per andare avanti perché è tutto troppo guidato. Come nel predecessore, infatti, nella mappa visualizzata nel touch screen troveremo sempre i punti esclamativi, verdi per gli eventi principali, blu per gli obiettivi secondari, disabilitabili dalle opzioni, con il rischio di vagare senza meta alla ricerca del prossimo indizio, poco consigliabile in effetti. Semmai Bravely Second, ancora più del Default, è battle-driven.

Contro nemici volanti? Vai di arco o di fucile!
Contro nemici volanti? Vai di arco o di fucile!

Mutuate dal predecessore, il sistema di combattimento e il sistema di gestione delle classi e abilità hanno raggiunto una perfezione stilistica concreta e difficilmente migliorabile. All’interno dei classici turni, l’offerta tattica del brave e del default è encomiabile e ancora freschissima. La possibilità di anticipare (brave) fino a quattro turni o posticiparli (default) assumendo la posizione di guardia apre infinite declinazioni e svariate situazioni. Spendo tutti i turni di un personaggio subito per farlo attaccare più volte, col rischio di trovarmi scoperto e indifeso per i prossimi turni, nel caso il combattimento non sia ancora finito? O sto in guardia, rischiando di farmi colpire, ma potendo così lanciare una magia dai costi più onerosi? Considerando che anche i nemici hanno la possibilità di sfruttare il brave/default, e che l’IA è dignitosa e coerente al livello selezionato (facile, normale, difficile selezionabile anche in-game) ogni combattimento può avere esito e durata diversa a secondo dei casi.

Anche combattere contro avversari ormai inoffensivi può essere utile, grazie alla possibilità di moltiplicare i punti esperienza e abilità eseguendo più battaglie a cascata. Altro ritorno: il Bravely Second, con il quale interrompere il tempo per effettuare un attacco speciale. Anche questa volta potrete comprare con valuta reale i punti sonno richiesti per l’attivazione o semplicemente aspettare che la clessidra si riempia. O anche ignorarla: in fondo se gestite bene il party il Bravely Second (la modalità, non il gioco, vabbé ci siamo capiti) vi sembrerà una scorciatoia superflua.

Le evocazioni sono poche ma potenti
Le evocazioni sono poche ma potenti

Molto più interessante gestire efficacemente le classi e le abilità. Possono essere assegnate fino a due classi a personaggio, anche se solo la prima salirà di livello. Man mano che si progredisce con l’esperienza aumenteranno le abilità di classe, e queste ultime potranno essere equipaggiate indipendentemente, anche dagli altri personaggi. Con tantissime classi e abilità da scoprire, il vostro unico limite è l’immaginazione: avete sempre prediletto la magia? Potrete creare finalmente una squadra ad hoc, togliendovi dalle scatole i soliti militari ignoranti, magari composta da un mago rosso, un astrologo, un vescovo e un evocatore. Pensate che l’uso della magia comprometta la vostra virilità? Il vostro party potrebbe essere composto da un cocchiere, un occhio di falco, uno schermidore e un tuttofare. Oppure perché non provare due maghi bianchi e due maestri d’armi?

Se avete voglia di sperimentare, questo è il gioco che alimenta il vostro ego, e si tratta della parte più riuscita di Bravely Second. O per meglio dire: di Bravely, dato che in questo sistema le uniche novità sono una manciata di nuove classi e un più accurato bilanciamento delle abilità e dei loro effetti. Come sopra, c’era ben poco da migliorare, se non i contorni. Troviamo quindi un’opzione per l’automatismo delle battaglie più completa, che oltre all’attacco standard per tutti gli eroi, prevede di poter configurare fino a tre combinazioni di azioni eseguibili automaticamente, per chi dovesse annoiarsi all’ennesimo scontro, ma deve comunque levellare il proprio gruppo per proseguire.

Nello schermo sotto la mappa del villaggio con i punti di interesse in evidenza
Nello schermo sotto la mappa del villaggio con i punti di interesse in evidenza

Per evitare la noia si possono anche velocizzare le animazioni o assegnare l’equipaggiamento agli eroi in maniera automatica. Inoltre il grinding (ovvero il tempo speso ad alzare di livello i personaggi) non è consigliato: è richiesto. Il tedio della morte può essere evitato abbassando la difficoltà, senza conseguenza dal lato punti esperienza e oggetti guadagnati, ma questo affievolisce il mordente. O ancora si può azzerare la frequenza degli incontri per evitare combattimenti casuali. Piccola digressione: si può anche “bucare” la logica dei dungeon, andando a prendere i bauli in fondo per avere un equipaggiamento migliore, fermarsi davanti al viandante che permette di salvare e dopo aver alzato la frequenza degli incontri, fare avanti e indietro per levellare: non è strano? Fine digressione.

Si è cercato di snellire un’esperienza da settanta ore di gioco il più possibile anche se a onor di cronaca il ritmo non ha mai cali e viaggia sostenuto, almeno fino a un certo punto in cui il gioco sembra rigirarsi su sé stesso, dandosi un po’ a un riciclo non richiesto e non necessario, quasi un retrogusto amarognolo che ti lascia quel film di due ore che ti è piaciuto tanto al quale avresti tolto giusto mezz’oretta. Una scelta di game design non così dannosa da abbandonare tutto ma di certo poco intelligente, soprattutto se consideriamo che c’è già un riciclo concettuale.

La storia è un naturale prosieguo della precedente, per cui ritroviamo molte ambientazioni, molti personaggi, molti mostri, molti e troppi. Non doveva essere per forza così, ma così hanno deciso. Il gioco ce la mette tutta per non alienare la nuova utenza, ma i continui riferimenti a quanto avvenuto prima durante i millemila dialoghi più che lasciano intuire, palesano che il divertimento è maggiore per chi ha gradito Bravely Default, e se intendete ancora recuperlo, è irrazionale partire dal Second, onde non spoilerarsi tutto già dalle primissime fasi di gioco. Il gioco comunque, pur avendo impattato sull’iceberg della longevità a tutti i costi, non si imbarca ed è fruibile anche dai neofiti.

Lo splendore in un'immagine
Lo splendore in un’immagine

L’aspetto estetico di Bravely Default rimane ai massimi livelli. I modelli 3D dei protagonisti girano all’interno di artwork realizzati a mano come i Looney Tunes creavano scompiglio nei quadri del museo del Louvre in Looney Tunes Back in Action. Si rimane incantati da questa tecnica sublime, al punto da volersi fermare per ammirare la grandiosità dell’illustrazione in seguito allo zoom-out. Ci si può appellare alla sgranatura dell’immagine sugli zoom-in, notevole durante le cutscene, o al fatto che i modelli 3D in tutto quel belvedere risultano ovviamente più rozzi, ma sono inezie in confronto all’immensità del valore artistico. Chissà se per il prossimo Bravely non decidano di cambiare di nuovo tecnica 3D: i protagonisti nel precedente erano più chibi e meno realistici quindi, e il 3D non è propriamente la scelta ideale per inscenare l’emotività e i sentimenti dei nostri comprimari, su cui tanto fa leva la trama.

La trama stessa è un’altra nota dolente. Inutile presentare dei protagonisti dall’età adulta, sfaccettati e alle prese con la complessità della vita, quando poi praticamente ogni cosa finisce a tarallucci e vino. Sembra anzi che si sia profuso più impegno nel character design che in altro e in una direzione artistica più pop. Tante le ambientazioni e le situazioni che richiamano altre viste in innumerevoli manga e anime: lo spirito assassino durante il campeggio, il rapporto con i senpai all’università, i maschi che hanno voglia di sbirciare alle terme, etc… Chi sta cercando un lato più drammatico potrebbe rimanere scottato, e chi sta cercando la componente esplorativa rimane, senza se e senza ma, folgorato da un fulmine mentre si trova dentro una piscina nella quale hanno gettato dei phon accesi.

Perché disturbarsi anche solo a creare una mappa quando questa serve solo per andare dal punto A, ovvero il villaggio, al punto B, ovvero il dungeon? Non ci sono segreti, a parte una trentina di bauli dispersi nella mappa, il villaggio dei masticoni, nel quale non avrete nulla da fare, ed è tutto molto guidato. Gli stessi villaggi sono degli hub nei quali riposare, rifocillarsi (tanto per cambiare) e acquistare magie, consumabili ed equipaggiamento e i mini-giochi di contorno sono… mini-giochi di cotorno. Si tratta di una pecca o di una caratteristica? Probabilmente quest’ultima.

Momento relax, decisamente disimpegnato
Momento relax, decisamente disimpegnato

Il quid dell’avventura risiede nei combattimenti per una scelta voluta dei developer, roba da mangiarsi le mani dato che Square-Enix mette a disposizione di Silicon Studios tali talenti. Fin dalle prime battute si riconosce una certa maestosità nella produzione: l’aspetto, la profondità del battle system, le musiche, tra sinfonia e jpop, ti mettono di fronte a un gioco pretenzioso. Parte di questo gioco però lo avevamo già giocato due anni fa e quel che c’è di nuovo potrebbe non essere abbastanza. Chi cerca, invece, quelle stesse sensazioni, difficilmente rimarrà deluso: Bravely Second è forse nel complesso un’opera migliore di Bravely Default, ma solo perché affina un sistema che già funzionava egregiamente, abbinandolo a una storia più leggera che forse non arriva a deludere ma di sicuro non arriva ad esaltare, seppure con due picchi di stupore considerevoli nella seconda metà di gioco. No, non sono colpi di scena, sono da wtf, soprattutto l’ultimo.

Oltre a gestire il party e combattere non c’è molto altro che solletichi il palato di chi gioca e questo è decisamente un problema. Solo per chi gioca però. Bravely Second è un’opera finita e completa, perfetta e quasi imperfettibile, quel che dice è semplice e cristallino ma il suo discorso, seppur lungimirante e degno di attenzione, è breve. Il mondo si dividerà in chi lo ama e vorrebbe un 10 alla fine della recensione e chi lo detesta o lo lascia indifferente e vorrebbe un voto inferiore a quello riportato a seguito. Nessuna delle tue fazioni in fondo ha del tutto torto o del tutto ragione ma alla luce di quello che è stato Bravely Default e di cosa poteva essere Bravely Second si poteva fare di più. Silicon Studios è andata sul sicuro e Bravely Second è un bel gioiellino, ma poteva indirizzare l’intero genere verso una nuova direzione se solo si fosse osato un po’. È andata come è andata, la fortuna di provarci ancora.

8.0

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