La voglia di ballare e di divertirsi è innata in ognuno di noi e spesso prevarica qualsivoglia limite dettato dalla nostra personalità, trasformando anche i soggetti più insospettabili in formidabili macchine da festa.
Software come Just Dance hanno costruito il loro successo su questo istinto e sulla semplicità di portare davvero chiunque davanti ad uno schermo per ballare, risultando in una serie annuale assolutamente giustificata nella sua esistenza per via dei numeri sensazionali e il coinvolgimento della community.
Ma come ogni cosa, anche il franchise Ubisoft vuole cambiare, evolvere… e Just Dance 2016 porta con sé tutti i segni (in positivo e in negativo) di questa volontà di mutamento.
Alla base le meccaniche di gioco restano sempre le stesse, com’è giusto che sia: un gioco che fa dell’assoluta accessibilità la sua forza non ha nessun interesse a complicare il proprio gameplay. Piuttosto ricerca nuovi modi di coinvolgere il proprio pubblico con un occhio alla fidelizzazione e in quest’ottica rientrano le novità più rilevanti di quest’anno.
Cominciamo evidenziando come anche sulla console dei Wiimote sia possibile utilizzare il proprio smartphone come controller: sebbene riesca chiaramente ad immaginarmi il terrore al pensiero di scuotere le mani impugnando gioiellini tecnologici spesso più costosi di console e gioco messi insieme, è da sottolineare come – una volta impugnato a dovere – il proprio telefono funzioni alla grande, rilevando i movimenti del giocatore con la stessa (im)precisione del telecomando Nintendo. Tutto questo scaricando l’app Just Dance Controller (disponibile per iOs, Android e Windows Phone 2) e collegandosi alla console attraverso la rete di casa (smartphone e Wii U devono fare riferimento allo stesso access point/router).
Quindi WiiMote o Smartphone alla mano eccoci affrontare le oltre 40 canzoni disponibili nel disco di Just Dance 2016. La tracklist di questa edizione offre un’insieme estremamente eterogeneo di pezzi celebri, ironici, evergreen o assolutamente ignoti al pubblico – quasi da pensare che sia il gioco a volergli dare notorietà piuttosto che, più comprensibilmente, il contrario.
Tra “Want To Want Me” di Jason Derulo e e “Cool for the Summer” di Demi Lovato sbuca una “Stadium Flow” degli Imposs che qualche dubbio in tal senso lo solleva – controllate su Yuotube il misero numero di visualizzazioni. Se poi tra i pezzi più celebri troviamo Uptown Funk, All About The Bass, Blame, I Gotta Feeling e Born This Way, è chiaro che si è cercato di pescare a piene mani scorrendo indietro nel calendario e ne sono testimonianza chicche come “Levan Polka” di Hatsune Miku (assolutamente fuori contesto, ma apprezzabile per l’apertura culturale) e “Under the Sea” da La Sirenetta Disney.
Pur non essendo un gran frequentatore di discoteche e affini, sono abbastanza certo che questo 2015 abbia offerto qualcosa in più di quanto presentato. Sicuramente Just Dance 2015 risultava più fresco e attuale da questo punto di vista.
Quanto a modalità non mancano le opzioni di gioco, che però non eccellono in quanto a varietà dell’esperienza in quanto tutte ovviamente legata al medesimo sistema di valutazione e differendo in pratica solo per il modo in cui vengono raccolti i risultati e si compiono progressi.
La modalità di base, dopo una prima scelta, offre di volta in volta tre canzoni pescate a random dall’elenco, inserendo alcune variazioni coreografiche da sbloccare con la moneta di gioco (sebbene il quantitativo necessario non sia indicato), generando una sorta di loop infinito che si inceppa quando nessuna delle tre canzoni incontra i favori dei partecipanti.
Per chi volesse affrontare contesti più simili ad un gioco tradizionale sono state introdotte le Dance Quests, serie di canzoni da ballare in contemporanea con concorrenti IA fittizi i cui risultati vengono mostrati in tempo reale grazie ad una classifica in sovrimpressione. Facendo meglio nel totale delle tre prove si supera la quest e si sblocca la successiva. Nulla di sconvolgente, più che altro un modo per darsi obiettivi e traguardi in un prodotto che nella sua assoluta libertà tende a perdere focus e mordente al di fuori delle situazioni multiplayer.
Anche una modalità molto curiosa come World Video Challenge è semplicemente una sfida in tempo reale con un altro giocatore collegato online, con l’unica particolarità di presentarsi davanti alla telecamera del Wii U Gamepad e poter quindi fare conoscenza… una sorta di videochiamata danzante che permette di interagire con messaggi predefiniti. Un’idea decisamente carina che può avere una portata ben più ampia in futuro se sfruttata in maniera più social.
Non mancano le possibilità di dedicarsi al workout intenso, con le playlist personalizzabili di Just Sweat ma, come nei casi precedenti, oltre all’aggiunta di singoli elementi di contorno (in questo caso le calorie bruciate), ci troviamo di fronte allo stesso sistema di gioco già affrontato in precedenza.
Ciò che veramente segna il passo rispetto alle precedenti edizioni è Just Dance Unlimited, un abbonamento che permette di giocare in streaming numerose canzoni extra – tra novità e grandi classici degli episodi precedenti – abbandonando il concetto di DLC in favore di quello, più sensato forse per un prodotto del genere, del servizio con sottoscrizione.
Si va dai 6.99€ per il singolo mese, 14.99€ per tre e il molto più conveniente pass da 12 mesi a 39.99€: soluzioni che si adattano alla perfezioni ai diversi tipi di giocatori (tenendo presenti in ogni caso i 30 giorni gratuiti inclusi nel gioco) ma al tempo stesso impediscono di crearsi una propria playlist di canzoni costruita da singoli acquisti – sebbene forse, quanto a costi, Unlimited a potrebbe risultare maggiormente conveniente alla distanza.
Quello che non piace è che per avere un anno di esperienza “completa” di Just Dance tocchi sborsare un totale di 80€ (il gioco in versione Wii U è venduto al prezzo di 39.99€) alzando sensibilmente i costi di ingresso per il pubblico, costantemente stuzzicato e invogliato all’iscrizione ad Unlimited dall’interfaccia di gioco.
Just Dance 2016 fa quello che ha sempre fatto e lo fa bene: visivamente siamo ad un livello clamoroso tra la pulizia video, i dettagli, lo stile e la bellezza delle coreografie. Forse alcuni passi sono fin troppo ricercati e potrebbero mettere in difficoltà i ballerini meno elastici, facendo pensare che forse sarebbe il momento di introdurre i livelli di danza differenziabili tra base ed avanzato, ma il suo ruolo di party game lo svolge in maniera ineccepibile.
Fa storcere il naso il miglioramento esponenziale dell’esperienza per chi acquista un pass di Unlimited e l’idea di ritrovarsi ogni anno ad acquistare un pacchetto base non eccezionale per poi migliorarlo con un abbonamento è vincente solo per le tasche di Ubisoft, che si spera nei prossimi anni abbassi sensibilmente il costo d’ingresso per poi dedicarsi a piacere all’esercizio delle sottoscrizioni o microtransazioni.
Nel complesso? Il gioco funziona, il divertimento c’è – si canta, si balla, si fanno video – ma si poteva fare di più quanto a offerta base, sebbene la qualità del confezionamento sia davvero ad un livello altissimo per il genere. Promosso con qualche riserva.
E no, di filmati Autodance del sottoscritto non ne troverete online… l’ho disattivato subito!