Nintendo tra rilevanza ed eredità: l’assenza

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Prima di iniziare questa riflessione è bene definire due principali termini: rilevanza ed eredità. Il primo costituisce quanto il soggetto sia di discussione all’interno del dibattito dell’industria videoludica, quanto possa dire, attraverso i suoi prodotti, in termini di innovazione e quanto, soprattutto, il resto del mondo guardi al soggetto per il futuro, quanto se ne parli e come se ne parli.

Per eredità si intende invece una trasmissione delle conoscenze sui prodotti, del valore dei giochi, dell’importanza culturale di quanto rappresentato a schermo e al di fuori, come fenomeni culturali, community, tematiche affrontate, meccaniche, il tutto passato di giocatore in giocatore nel corso degli anni, posto che una “generazione” legata ai videogiochi è ben più breve di una generazione linguisticamente intesa.

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Nintendo è senza dubbio un grandissimo nome per i videogiochi, di cui ha scritto moltissima storia, ma di recente mi sono ritrovato a soffermarmi sugli aspetti che la caratterizzano da un po’ di anni a questa parte. La sua eredità è senza dubbio uno dei suoi punti forti, dimostrata dall’affezione dei fan che seguono l’azienda in tutto e per tutto perché ci sono cresciuti, perché ne riconoscono la caratura e l’importanza anche se magari ora non la seguono più: insomma tutti sanno chi è Nintendo, anche chi non gioca, quantomeno per alcune cose come può essere anche il riconoscimento di alcune IP storiche.

Non interessano qui le motivazioni, che sono variegate e personali, ma il fatto che Nintendo abbia una fortissima presenza sul mercato grazie al suo passato granitico, resistente a qualsiasi urto e talmente consolidato da essere fondamenta sicure per il futuro e attracco sicuro per eventuali fallimenti, e non è questa la sede per parlare di come gli oceani blu possano erodere le rocce.

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Di conseguenza quando esce un gioco Nintendo è coscienza comune sapere che sarà di qualità, curato, capace di essere all’altezza delle aspettative, perché l’eredità garantisce esperienza e capacità di giocare sul sicuro. Ciò che a Nintendo sta mancando in questi ultimi anni è la rilevanza, il che non significa affatto che non faccia bei giochi, anzi, e non significa affatto che non osi e sperimenti con i suoi franchise, ma nel dibattito videoludico moderno l’azienda di Kyoto non è chiacchierata.

Con una serie di posizioni piuttosto nette sulla posizione di Nintendo all’interno del mercato, non si può certamente dire che l’azienda nipponica non abbia messo del suo nel cercare di mettersi non in disparte ma, come dire, su un’altra cima della stessa montagna, cercando di avere i propri spazi, non vedendo i vari competitors come concorrenza e dunque volendo fare ciò che sa fare in santa pace.

Questo ovviamente si è riflettuto sulla rilevanza di Nintendo, ma questi sono processi che impiegano tempo, anni, e non è certamente colpa di Wii, che riuscendo nell’intento di farsi notare dalla massa, che, che piaccia o no, è l’obiettivo di vendita di tutte le compagnie, che vogliono ovviamente vendere più possibile, ha reso Nintendo assolutamente rilevante, a tal punto da essere presa a esempio per periferiche similari.

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Nintendo è stata nel dibattito anche con Wii U inizialmente, ovviamente, perché quando hai un’eredità simile non si viene mai dati per scontati, ma col passare degli anni, le basse vendite, un’applicazione della periferica principale che stentava al contrario di Wii, Nintendo, nonostante un ampio parco di titoli di elevato valore, è diventata meno rilevante, perché il mercato portatile anch’esso è meno rilevante, e lo era comunque meno rispetto a quello casalingo.

Cosa potrebbe fare dunque Nintendo per tornare a essere rilevante? Catalizzare l’attenzione su di sé, facendosi valere e facendosi considerare da un’industria che guarda molto alle architetture PC per gli hardware, alle vendite mobile per i profitti e dà per irrilevante, ma necessaria per molti, la qualità? Far tornare rilevante l’eredità è senza dubbio il primo passo, e giochi come Super Mario Maker sono lì a dimostrarlo; inoltre puntare alle masse ampliando il proprio mercato, mantenendo la qualità dei suoi titoli, accompagnando i suoi titoli con un hardware che non deve essere per forza più potente degli altri, ma che sia in grado di non essere una scusa per non portare determinati titoli, assieme, infine, e questa sarebbe la prima svolta oltre l’Iwata pensiero: pagare per avere contenuti sulle proprie macchine e non muoversi esclusivamente per conoscenze ereditate negli anni.

Non è detto che sia la strategia migliore o più giusta, in fondo Nintendo è tornata in attivo, continua a fare titoli di qualità e a modo suo fa i suoi passi avanti, ma se, da fan, ci si ritrova a dover difendere Nintendo per le sue scelte, piuttosto che poter apprezzare con giocatori che non giocano Nintendo i suoi titoli, è solo ed esclusivamente colpa della rilevanza di Nintendo, la cui assenza ha costruito un muro nei confronti di chi non ha scelto la casa di Kyoto come azienda da cui comprare giochi e console.

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L’assenza di rilevanza porta a conoscere Nintendo solo per la sua eredità, dunque giochi vecchi, passato, immobilismo, hardware datati e dunque se da una parte, come in tutti gli insiemi, si trovano giocatori e sviluppatori che vanno oltre la rilevanza e scoprono che Nintendo dice ancora la sua, dall’altra se Nintendo, un po’ per scelta un po’ per conseguenze, si ritrova non rilevante, ci sono numerosissimi giocatori che preventivamente non ci si avvicineranno mai.

In conclusione posso augurarmi che Nintendo compia scelte per tornare a essere rilevante nell’industria, conservando e valorizzando la sua eredità in un sincretismo che per prima, essendo veterana, dovrà sperimentare rispetto alla concorrenza, che potrebbe portarla a essere nuovamente importante per tutto il mondo del gaming.

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