Lo devo ammettere: se già prima di aver provato questo titolo apprezzavo il genere survival, dopo aver provato Don’t Starve: Giant Edition posso dire che mi ha decisamente conquistato. L’ansia continua, non sapere in che modo si morirà nella partita corso (perché sì, tanto morirete sempre), il costante controllo dei valori del personaggio e la ricerca di oggetti di sostentamento sono elementi peculiari ed intrinseci dei giochi di sopravvivenza, amati e odiati dai giocatori. Elementi palesi e preponderanti che faranno capire all’utente, già nei primi minuti di gioco, se il suo sentimento verso il titolo è di amore o di odio, ma non è a quello che ci si deve fermare ovviamente.
Keli Entertainment porta il titolo sull’eShop di Wii U a due anni di distanza dall’esordio su PC, in una versione definitiva che comprende anche il DLC Reign of Giants. Anche i possessori della home console Nintendo possono dunque godere dei numerosi contenuti aggiuntivi visti su altre piattaforme.
L’avventura inizia con un deliziosissimo filmato nel quale facciamo la conoscenza del protagonista nonché nostro alter ego videoludico, Wilson, uno scienziato. Affaccendato nel compiere i suoi esperimenti, egli inanella una sconfitta dietro l’altra, non riuscendo mai a creare nulla di buono. Sconfortato e triste, è prossimo alla resa, ma una misteriosa voce proveniente dalla sua radio gli propone un affare: trattasi del demone Maxwell, che promette di donargli la conoscenza perduta a patto che lo scienziato costruisca una macchina seguendo le sue precise indicazioni. Una volta terminata ed attivata, delle grinfie nere compaiono dal nulla e trascinano il povero scienziato in un mondo misterioso e pieno di pericoli. Questo è il semplice incipit della storia. Il nostro compito, adesso, è quello di sopravvivere il più possibile e capire come scappare e tornare al nostro laboratorio.
Tutto il gioco si sviluppa quindi in un mondo procedurale, generato casualmente ad ogni avvio di partita e la cui direzione artistica sembra affidata ad un Tim Burton in forma smagliante. Toni cupi, tratti grotteschi e surreali la fanno da padroni, rendendo il titolo estremamente delizioso dal punto di vista artistico. Prima di ogni partita potremo leggermente personalizzare la nostra esperienza, impostando la probabilità delle piogge, delle nevicate, regolando l’apparizione dei mob, decidendo da quale stagione partire ed altro ancora. Una volta avviata la partita vi trovate quindi in mezzo al nulla e, a meno che non siate già pratici del genere, questo potrebbe spaesarvi non poco. Il titolo, infatti, non vi prende per mano, anzi, non manca di bastonarvi già durante i primissimi secondi di gioco. Siete soli, siete costretti a sopravvivere e ogni cosa vi può uccidere quindi, imparate velocemente. Ecco qual è il primo messaggio trasmesso dai primi secondi di gioco. Niente tutorial nè qualcosa di lontanamente simile.
Don’t Starve, come già detto in precedenza, è un survival game. Il vostro primo obbiettivo è raccogliere quanti più oggetti possibili, soprattutto rametti e pietre taglienti, in modo da poter creare subito un’ascia e cominciare a raccogliere la risorsa base per la realizzazione di decine e decine di oggetti fondamentali: il legno. Abbattere alberi deve diventare il vostro passatempo preferito, nella maniera più assoluta, e il farming diventerà presto l’attività che più occuperà le vostre giornate, rischiando quasi di diventare noioso ma rimanendo sempre sul filo del rasoio dato l’altissimo numero di oggetti raccoglibili e l’imprevedibilità generale. Premendo ZL si apre il menù di crafting, con una suddivisione degli oggetti per categoria (sopravvivenza, cibo, attrezzi, etc.).
Tutto ciò che raccogliamo è immagazzinato nelle tasche di Wilson, visualizzabili lungo una striscia nella parte inferiore dello schermo nella quale ci spostiamo tramite l’analogico destro oppure premendo ZR. Spostandosi con l’analogico sopra le immagini degli oggetti del menù di crafting si vede di quali e quante risorse si ha bisogno per crearlo, in maniera estremamente veloce e che non fa affatto rimpiangere un mouse e una tastiera. In seguito, dopo la realizzazione di strumentazione basilare, si deve mirare alla costruzione della macchina della scienza, che espanderà nettamente le vostre capacità inventive quando le starete vicini, permettendo la creazione di oggetti molto più elaborati fino addirittura alla manipolazione ed alla creazione di artefatti magici capaci anche di sconfiggere la morte. Dopo le prime fasi di raccolta potete quindi costruire, oltre ai vostri primi rudimentali attrezzi, anche un fuoco. La notte, infatti, è estremamente pericolosa.
Popolata da creature invisibili ed altamente ostili, dovete sempre fuggire dall’oscurita durante le fasi notturne la cui durata cambia da stagione a stagione. L’accensione di un falò, che dovete anche alimentare con i ceppi di legno, in questo caso, risulta obbligatoria. Ma durante la giornata dovete badare anche alla raccolta di cibo, sia raccogliendo le carote o le bacche sia posizionando trappole sulle tane di strani conigli neri dai versi infernali sia, nelle fasi leggermente più avanzate di gioco, tramite l’agricoltura. L’indicatore della fame non è però l’unico da tenere sott’occhio. Al suo fianco è presente l’indicatore della vita, che ovviamente diminuisce ogni qual volta si viene colpiti o quando si ha molta fame, e al di sotto di questi è presente quello più interessante di tutti, l’indicatore della sanità mentale. Esso indica la perdita progressiva della ragione del nostro scienziato gentiluomo. Cala quando mangiamo cibo avariato, carne di mostro o se giriamo troppo nel buio così come durante la notte.
Possiamo migliorare la nostra povera mente depressa dormendo in un sacco a pelo, mangiando del cibo cotto o indossando dei vestiti. Al calare di tale indicatore, delle strane ombre cominciano a comparire sulla nostra strada, in un primo momento rappresentanti un semplice avvertimento. Se non si sta attenti e non si corre ai ripari, le ombre diventano sempre più oscure e minacciose. Durante la notte, la luce del nostro falò sarà spezzata da lunghi artigli che tentano di catturarci fino a quando, una volta esaurita del tutto la sanità mentale ed essere, quindi, impazziti, saremo cacciati da mostri d’ombra fino a raggiungere l’inevitabile morte.
Questa fase di esplorazione libera ci permette quindi di dare un’occhiata ai vari biomi del gioco, divisi in maniera nettissima e ognuno con le sue peculiarità. Ci sono le praterie, piene di alveari, api e miele, il miglior cibo di tutto il gioco, le valli rocciose, composte appunto da una serie infinita di rocce, frantumabili con un piccone per poter così cercare le utilissime pepite d’oro, così come le foreste, piene di alberi, per poi andare nella savana, popolata da bufali, anzi, Beefali, fino al deserto, aggiunto con il DLC Reign of Giant. Questo corposo contenuto scaricabile è l’elemento da cui il titolo prende il nome. Oltre ad aggiungere due biomi, il deserto e la foresta decidua, egli aggiunge anche primavera, autunno e un’estate estesa (perdonate la cacofonia) così come aggiunge condizioni del personaggio, come l’umidità o il surriscaldamento oltre a una incredibile serie di mob, giganti e boss.
Il DLC è disattivabile prima di ogni partita, in modo da permettere un’esperienza di gioco all’interno del mondo vanilla. Wilson, lo scienziato gentiluomo, non è l’unico personaggio controllabile: ogni partita e ogni morte ci fa guadagnare punti esperienza, con i quali si sbloccano altri personaggi, ognuno con precise peculiarità, come Willow, una ragazza che dispone di un accendino perenne fin dall’inizio, o Wolfgang, personaggio estremamente forzuto che una volta nutrito a dovere diventerà super forte, e altri a seguire.
Ma non dimentichiamo il nostro obbiettivo finale: riuscire a fuggire da questo mondo ignoto. Durante il nostro vagabondaggio ci troveremo davanti ai Worm Hole, le buche di vermi giganti. Questi passaggi collegano due punti del mondo di gioco, funzionanti quindi da trasporto rapido, permettendoci di passare velocemente tra zone totalmente diverse, con risorse diverse. La scelta migliore, durante la partita, è costruire due campi base ai capi opposti di un Worm Hole in modo da potersi muovere velocemente in zone totalmente diverse della sconfinata mappa di gioco. Per quale motivo tutto ciò? Semplice, il vostro compito è quello di trovare un portale chiamato Porta di Maxwell. Quest’oggetto, identico a quello costruito da Wilson nel filmato introduttivo, ci porta dalla modalità sandbox alla modalità avventura. Ovviamente la posizione del portale è random all’interno del mondo, tanto che si possono impiegare anche diversi giorni per trovarla. Io sono stato decisamente fortunato, già dopo una decina di giorni di gioco avevo trovato il portale ma, non sapendo cosa fosse, ho dimenticato di fotografarlo (quindi non è mai successo vero? Vi giuro che l’ho trovato!).
La modalità avventura vi getterà in un incubo lungo cinque capitoli ognuno dei quali vi pone davanti ad una sfida diversa. Ad esempio, nel mio caso, la prima prova consisteva nel raggiungere un portale con l’aiuto di un macchinario subito in nostro possesso che tramite l’intensità di un segnale indica la lontananza dall’obbiettivo. Solo quello però, mica la direzione o altro. Il tutto durante la stagione invernale, assolutamente la più dura da superare, con danni da gelo continui e notti lunghe. Una volta che si entra nella modalità avventura si viene spogliati di tutto ciò che si è guadagnato durante la sezione sandbox ma, al contempo, una volta morti, si è rispediti all’ingresso del portale, senza penalità di sorta e con la possibilità di riprovare l’impresa.
Appassionante e coinvolgente per alcuni, noioso e difficile per altri, Don’t Starve: Giant Edition è un titolo che si ama o si odia, senza mezze misure. Il primo impatto, con la sua eccessiva difficoltà, potrebbe trarre in inganno il giocatore medio che si preclude così la possibilità di scendere più a fondo nel titolo, sviscerandolo per bene e, magari, lasciandosi conquistare.
La natura mutevole da stagione a stagione – nonché da luogo a luogo – e la quantità di zone speciali e mostri segreti da scoprire, così come il lungo elenco di oggetti craftabili, sono elementi che non si palesano al giocatore ad una partita superficiale e garantiscono, a chi vorrà dedicargli il giusto tempo, possibilità di gioco ed esperienze (quasi) infinite e diverse tra loro.