Kickstarter è oramai diventata la piattaforma di raccolta fondi preferita dagli sviluppatori di videogiochi, soprattutto dei team indipendenti, composti da poche persone piene di sogni ed ambizioni ma, sfortunatamente, a corto di denaro. I rischi del crowdfunding, però, sono sempre dietro l’angolo; tra progetti che sfociano in prodotti con caratteristiche totalmente differenti da quanto promesso durante la fase di raccolta fondi o che addirittura non vedono la luce, le insidie del work in progress hanno trascinato in cattive acque non solo perfetti sconosciuti, ma talvolta anche gente qualificata, con anni di esperienza nel settore (chi ha detto 22Cans?).
Lo studio canadese Over The Moon, presentatosi su Kickstarter con il progetto intitolato The Fall, ad una prima occhiata, sembrava solo l’ennesimo gruppo di sviluppatori comparso dal nulla, vogliosi di creare il loro gioco e poi via, subito nel dimenticatoio. Bastava però scavare un pochettino, guardare i trailer, lasciarsi ammaliare dalle immagini, rapire dalla storia, per capire che, alla fine dei conti, il progetto era più grande di quanto si poteva immaginare. E per fortuna la percezione che The Fall potesse essere qualcosa in più dell’ennesimo indie è affiorata nelle menti dei backers, tanto fiduciosi da donare anche cinquecento, mille dollari a testa permettendo il raggiungimento dell’obbiettivo in pochissimo tempo. E così è nato The Fall, arrivato l’anno scorso su PC e quest’anno, finalmente, anche su Wii U.
La spaventosa caduta, alla quale si riferisce il titolo, è quella del nostro protagonista, di provenienza sconosciuta, atterrato in un mondo altrettanto ignoto del quale non sappiamo nulla, neanche il nome. E non sappiamo nulla neanche del nostro alter ego visto che il primo contatto lo si ha con A.R.I.D., l’intelligenza artificiale che controlla la tuta e che ha un unico e solo scopo: soccorrere l’umano al suo interno, di cui non si conoscono le condizioni in seguito al terribile impatto, raggiungendo la sala medica. L’intelligenza artificiale ha il pieno controllo della tuta e, una volta mossi i primi passi, capiamo subito che la situazione non è affatto sicura. Comincia subito un’inarrestabile discesa all’interno della “psiche” di A.R.I.D. e di quella delle altre intelligenze artificiali che incontreremo nel nostro cammino, amichevoli o meno, in quella che sembra una storia partorita dalla parte più oscura della mente di Asimov.
L’intelligenza artificiale ha, come compito primario, quello di proteggere l’umano al suo interno e la tuta da combattimento possiede una vasta serie di potenziamenti che verranno sbloccati in maniera molto particolare. A.R.I.D., per forzare l’accesso ai miglioramenti, arriva quasi a far morire il protagonista. Solo in quel momento si ha l’abilitazione per sbloccare il potenziamento che permette all’intelligenza artificiale di salvare in extremis l’umano e continuare la sua missione, contravvenendo ad una delle sue regole fondamentali ma in quel momento solo la vita del protagonista conta, ed il fine giustifica i mezzi.
Quello che si trova in quest’avventura è non solo una lunga serie di interrogativi sulla coscienza, sulla consapevolezza del robot e sui contrasti tra logica ed emozioni, ma anche accuse, mosse da un’altra intelligenza artificiale, in quello che, messo su carta, potrebbe essere uno splendido racconto di fantascienza grazie alla scrittura particolarmente brillante di John Warner, che riesce ad alternare perfettamente momenti di profonda riflessioni a frasi quasi comiche e fuori luogo che riescono a stemperare leggermente la tensione che inevitabilmente si va creando. Peccato per la traduzione dei sottotitoli in italiano, che soffre di un adattamento tanto sgraziato da far nascere il dubbio sia opera di un Google Traduttore sotto acidi e con poca conoscenza dell’inglese. Gli errori fioccano e alcune frasi sono così senza senso e così mal tradotte da rompere terribilmente l’atmosfera creata dagli sviluppatori. Il consiglio è quello di giocare assolutamente con i testi in inglese.
Il gameplay è una perfetta fusione tra un’avventura grafica punta e clicca e un gioco d’azione. Ci è permesso muoverci liberamente nello scenario con lo stick sinistro e di mirare con lo stick destro, la cui pressione ci permette di alternare l’uso della pistola e della torcia, elemento fondamentale che ci permette di analizzare ed interagire con gli oggetti. Il titolo è un’alternanza tra fasi shooting, durante le quali ci si deve nascondere dietro dei ripari e far fuoco una volta terminata la raffica nemica, e fasi puzzle molto più lunghe ed elaborate. Come già evidenziato, queste sezioni rompicapo sono del tutto paragonabili a quelle di un’avventura punta e clicca, durante le quali saremo impegnati ad individuare l’oggetto giusto da utilizzare con il meccanismo giusto per poter andare avanti e i cui enigmi non sono affatto semplici, costringendo il giocatore a lunghe sessioni di backtracking, appesantito inoltre dall’assenza di una qualsivoglia mappa, ma senza mai, per fortuna, passare alla vera e propria frustrazione: basta riflettere per evitare tediose fasi di stallo.
La grafica del titolo risulta molto semplice e gradevole, con toni scuri tendenti spesso al buio assoluto e un uso delle luci delizioso. Il fascio della torcia si poggia dolcemente sulle varie strutture, rivelandole poco a poco, mostrando un uso molto attento del motore grafico, il sempre più stupefacente Unity. Sono completamente assenti rallentamenti di sorta ed è un piacere da giocare pure sul Gamepad, usato soltanto come schermo secondario. L’audio, insieme al doppiaggio, stupisce per la sua qualità. Composto essenzialmente da rumori di fondo e brevissime tracce sonore, riesce a creare un’angoscia crescente nel giocatore, spesso terrorizzato di trovarsi improvvisamente davanti qualche nemico o qualche strano animale. Vera protagonista di questa produzione, però, rimane la storia, complice un turbine ascendente di colpi di scena fino alla liberazione finale, che lascia il giocatore a bocca aperta (no, davvero, sarò stato a bocca aperta per cinque minuti buoni) ma con un po’ di amaro in bocca.
Sì, un po’ di sconforto, alla fine, è impossibile che non venga, perché questo non è che il primo capitolo di una trilogia. Tra poteri della tuta non attivati e domande che continuano a insinuarsi nella mente del giocatore si rimane lì, basiti, a bramare il secondo capitolo per saziare la propria sete di conoscenza. Questo non è che un incipit, terminabile in circa quattro/cinque ore, di una storia che, piccola o grande che sia (e io confido in quest’ultima), al momento rimane nella mente di Warner che, adesso, ha tutto il tempo di elaborare al meglio per sfornare un prodotto di altissimo livello. Tirando le somme posso affermare, senza dubbio, che The Fall è uno dei migliori prodotti che l’industria indie abbia partorito negli ultimi tempi, e spero che i successivi capitoli non deludano.