Alphadia Genesis – Recensione

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Genere: Gioco di ruolo
Multiplayer: No
Lingua/e: Inglese

La qualità della libreria software di Wii U è ormai indiscutibile, essendo riuscita ad offrire negli ultimi mesi una sequela di titoli di spessore o comunque capace di garantire un adeguato connubio di solidità e contenuti. È però evidente come alcuni generi manchino quasi totalmente sulla console, limitando la portata dell’offerta.
Come nel caso dei JRPG, assolutamente non pervenuti salvo qualche nostalgica pubblicazione per Virtual Console.

Alphadia Genesis prova inserirsi in questo vuoto proponendo anche sulla home console Nintendo l’esperienza da gioco di ruolo giapponese “leggero” già apparsa su dispositivi Android e Steam.

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“Sei vecchio e non mi farò problemi a conciarti per le feste, perché sono l’eroe del gioco!”

Il titolo Kemco / Exe-Create fin dalle premesse non sembra in alcun modo voler proporre un’avventura di proporzioni epiche che possa accompagnarci in lungo e in largo per i continenti, né tanto meno affrontare tematiche conflittuali in grado di instillarsi nei nostri cuori anche a console spenta: in un mondo in cui la tecnologia è decisamente arretrata, le conoscenze magiche hanno permesso di creare esseri umani artificiali (chiamati con molta fantasia cloni) utilizzati nella vita di tutti i giorni nell’adempimento dei lavori più faticosi, per difesa personale o semplicemente per compagnia.

Tutto cambia quando Re Claudius convoca Fray, giovane guerriero di gilda, e la sua giovane sorella Aurra, esperta scienziata, per indagare su alcuni strani avvenimenti riconducibili a dei cloni fuori controllo, cosa impossibile in teoria a causa di alcune – classiche – limitazioni che dovrebbero impedire agli stessi di nuocere al prossimo (un po’ a la Asimov, sperando nessuno si offenda).
L’entrata nel party del clone Enah e l’incontro con la seconda squadra investigativa, agli ordini di Re Augustine e composta da Corone e Walter, ci porta nel vivo degli eventi.

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A Corone piace essere “rimproverata” dal protagonista: attendiamo Fifty Shades of Fray.

Non a caso inizialmente l’offerta ludica è stata definita “leggera”: in un contesto potenzialmente drammatico in cui l’intero (sebbene piuttosto piccolo…) mondo viene messo in pericolo da forze che si muovono nell’ombra, le ore di gioco si accumulano seguendo più che altro le vicende amorose che coinvolgono i protagonisti, partendo dal più banale dei triangolo amorosi in stile manga per arrivare ad accenni di relazioni con personaggi di fazioni nemiche. Il tutto condito dal classico, insopportabile, titubare adolescenziale in cui i personaggi elucubrano con grande passione sulle proprie sensazioni ed emozioni, alla scoperta dell amore – urgh.

L’approccio disimpegnato si riflette anche sull’aspetto tecnico, che curiosamente unisce esplorazione 2D in pixel art e combattimenti in grafica poligonale: se inizialmente si percepisce un senso di smarrimento, dopo la prima ora si familiarizza con l’atipico contrasto, valutando serenamente una realizzazione grafica sufficiente quando si parla di sprite e deficitaria, seppur funzionale, nel 3D – per quanto sia imperdonabile il pesante riciclo di nemici, spesso distinti solo per colori e dimensioni.

Un pulcino in una scatola. Sì, è un nemico.
Un pulcino che era in una scatola. Sì, è un nemico.

Il titolo scorre lineare tra le mani, in un susseguirsi di compiti e obiettivi di poco impatto che però, inevitabilmente, portano a visitare posti pericolosi in cui sfruttare le doti a disposizione del party: oltre alle Break Skill, innate ed esclusive per ogni personaggio, è possibile utilizzare le abilità Energi legate ad anelli elementali (fuoco, acqua e luce… un po’ poco) che, equipaggiati, salgono di livello e possono essere potenziati con combinazioni interessanti.

Ne risulta un battle system molto classico in cui il party e i nemici si dispongono in avanguardia e retroguardia – per sfruttare la potenza dei guerrieri e tutelare i maghi – in cui anche i membri non attivi hanno una certa importanza, determinando i potenziamenti passivi del party e intervenendo in potenti attacchi combinati quando la barra Sub Member Assist si riempie.

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Sembra di stare ne “Il villaggio dei dannati”. AIUTO.

Leggerezza, sufficienza, classicità: poco entusiasmo in questa recensione per il gioco, che brilla sotto un aspetto atipico, ovvero l’imprevedibilità.

Alphadia Genesis propone i consueti stilemi per quel che concerne i ruoli nei combattimenti, ma grazie a qualche bizzarra combinazione tra armi ed equipaggiamenti secondari è possibile – ad esempio – tramutare il mago di supporto in un vero e proprio dispensatore di dolore fisico, mettendo in secondo piano tre personaggi più indicati  nel compito per le loro statistiche base.

Anche l’esplorazione a tratti è erratica, vivendo un’alternanza di piatto power levelling e inattese situazioni di pericolo dovute all’incontro con mostri speciali o subquest decisamente più toste di quanto si potesse immaginare.

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Il mio unico game over…se fanno lo stesso attacco in sequenza, non c’è scampo.

Alphadia Genesis è un titolo dalla portata limitata, che fa a dovere il compitino ma che necessita anche di una predisposizione mentale da parte del giocatore nel metabolizzarne tutti i limiti e valorizzare l’esperienza in un’ottica scevra di qualsivoglia aspettativa.

In virtù della durata del gioco, le quest secondarie e la sufficiente malleabilità del sistema di combattimento, il prezzo di 14.99€ può essere giustificato, sebbene per la stessa cifra si possano comprare in un solo colpo i due Golden Sun… che però potreste aver già giocato.

6.5

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