Certo che alla Nintendo sono proprio dei trolloni: quando, in occasione di qualche evento, ci aspettiamo un annuncio, una conferma o una data, ecco che spesso rimaniamo a bocca asciutta, con novità assenti o rivelazioni del tutto marginali; quando, invece, nessuno si aspetta alcunché, ecco che, con un subitaneo e sordo fischio, una bomba droppata a sorpresa direttamente da Kyoto deflagra potentemente, lasciando tutti di stucco. Un esempio di questa strana bipolarità? I Video Games Awards dell’anno scorso e di quest’anno. Edizione 2013: Reggie fa intendere che ci sarebbe stato, nel corso della serata, un annuncio importante, salvo poi lasciare tutti sorpresi (in negativo ovviamente), rivelando Cranky Kong come personaggio giocabile in Tropical Freeze. Edizione 2014: memori della delusione dell’anno precedente, non ci aspettiamo nulla di che e, invece, BAM!, viene mostrato a sorpresa il primissimo video gameplay di Zelda per Wii U.
Ma come, starete pensando, avete già parlato del video di Zelda U nel bellissimo articolo di Vamp! Certo, avete ragione, ma qui quello che vi voglio proporre è una riflessione alternativa, quasi speculare rispetto a quanto scritto nel succitato articolo: in pratica farò un po’ la parte dell’avvocato del diavolo. E perché mai, vi starete chiedendo? Tutti aspettiamo Zelda U con trepidazione, senza dubbio, e le ripetute dichiarazioni di Aonuma sulla volontà del team di riscrivere le regole della saga colmano i nostri animi nintendari di gioia ed emozione, ma è necessario tentare di essere un minimo critici e razionali: sarà davvero tutto oro quello che luccica?
La risposta è, ovviamente, no. Il motivo? Può essere riassunto in quattro semplici parole: mai fidarsi di Aonuma.
Ora, detta così come argomentazione è effettivamente un po’ deboluccia, perciò vediamo di formalizzare il tutto in un discorso più articolato e ragionato. Il video gameplay mostrato da Miyamoto e Aonuma, pur ancora evidentemente acerbo, ci ha fornito qualche indicazione su cosa aspettarsi dal nuovo capitolo della storica saga Nintendo: la prima cosa che balza all’occhio è certamente il vasto open world che, a quanto pare, sarà possibile esplorare liberamente. A parte dare a Nintendo, sotto questo aspetto, un caloroso benvenuto nel 2014, speriamo che questo sia un segnale positivo: dopo la totale assenza di esplorazione in Skyward Sword, un ritorno alle radici della saga, con un misterioso territorio sconosciuto da esplorare e scoprire, sarebbe quantomeno opinabile.
Attenzione però: avere uno spazio sconfinato a disposizione non è di per sé una cosa necessariamente positiva se poi tale spazio è fine a se stesso. La saga di Zelda si è infatti già scontrata con questo problema: il mare di Wind Waker (spazio enorme per l’epoca), bello ed emozionante da navigare per le prime ore di gioco, si trasformava presto in un deserto d’acqua da percorrere in una serie di interminabili e tediosi viaggi, finendo così per minare pesantemente l’esperienza di gioco.
Il resto del video non ci fornisce in realtà molti altri dettagli su ciò che ci aspetterà nel corso del gioco: pare che il tutto sia stato dinamicizzato un po’, dalla cavalcata ai combattimenti, passando per l’introduzione di quello che pare essere una sorta di bullet time che potrebbe dare nuova linfa alle ormai logore fasi di combattimento. Tutto molto bello. Ma.
Quello che, al netto dell’inevitabile entusiasmo che arde nei nostri cuori nintendari, mi lascia stupito, è l’eccessiva enfasi con cui si esaltano fattori che, nel 2014 (e oltre quando il gioco sarà sul mercato) e al nono capitolo home della saga, dovrebbero apparire come una naturale evoluzione della serie (e del medium ludico in sé) e non come innovazioni clamorose per cui hyparsi a mille. Dell’open world ne ho accennato qui sopra e, di per sé, non è una cosa per cui strapparsi i capelli. La mappa sul Gamepad? Ci mancherebbe non fosse implementata! Una maggiore dinamicità negli spostamenti e nei combattimenti? Ottimo! Sfortunatamente però, gli elementi cardine della saga di Zelda sono altri e, al momento, non abbiamo alcun tipo di elemento per valutarli: dungeon, subquest, esplorazione, interazione con l’ambiente.
In attesa di avere maggiori informazioni su tali aspetti chiave del gioco (con ogni probabilità all’E3, a meno di piccole novità nel corso di qualcuno dei prossimi direct), possiamo provare a ragionare e pensare qual è in concreto il maggior rischio che corre questo nuovo capitolo di Zelda. Se vi ricordate cosa ho scritto in apertura di articolo lo avrete già capito: è Aonuma stesso a rappresentare la più grande incognita nella riuscita del progetto. Ora, non è che io abbia preconcetti di sorta verso il buon Eiji: anzi, sono solidale con lui e mi spiace per la situazione in cui si trova ormai da anni, subentrato alla guida del brand (come director prima e producer poi) giusto dopo l’avvento di Sua Maestà Ocarina of Time e costretto, ripetutamente, a fare i conti con la pesantissima eredità del primo capitolo in 3D della saga.
Il puntuale e impietoso confronto con Ocarina che segue ogni nuova uscita di un capitolo di Zelda ha, inevitabilmente, impedito ad Aonuma di lavorare serenamente e di dare una sua personale impronta alla saga, schiacciato e oppresso da una sorta di “ansia da prestazione” dalla quale non è mai riuscito a liberarsi del tutto. Un alto peso specifico nella questione lo ha avuto poi anche il potere di veto e di imprimatur di Miyamoto, la cui supervisione sull’andamento dei progetti è sempre stata stringente e pressante. In ogni caso, a prescindere dalle motivazioni, il risultato finale è che con le mani di Aonuma sul timone, la barca di Zelda ha perso spesso la rotta fino al mezzo naufragio rappresentato da Skyward Sword: d’altra parte ci sarà un motivo se le vendite dell’ultimo capitolo home di Zelda hanno faticato a superare quelle di Majora’s Mask (lo Zelda 3D meno venduto e, guarda caso, il primo titolo della serie in cui Aonuma ha avuto un ruolo di primo piano) con un installato di Wii quasi quattro volte superiore a quello del Nintendo 64.
Il discorso è lungo e articolato (e, se siete interessati, il nostro Giulio ne ha toccato molteplici aspetti nel suo speciale sullo Zelda team) ma, al di là dei gusti personali, è innegabile come le performance dei capitoli di Zelda che hanno visto il coinvolgimento di Aonuma nella stanza dei bottoni siano state quantomeno altalenanti. Majora’s Mask, che, per inciso, io adoro, è pesantemente derivato da Ocarina (e quindi non da farina del sacco di Aonuma), riferendomi con ciò agli asset grafici, al sistema delle maschere e ai viaggi nel tempo, e presenta un gameplay talmente farraginoso da sfiorare l’ingiocabilità; Wind Waker è il capitolo più romantico e fanciullesco della saga, ma è anche afflitto da una seconda parte di gioco che definire raffazzonata è poco (senza contare il problema dei viaggi in mare); Twilight Princess, il wannabe Ocarina, tenta di riportare in auge uno stile di gioco più realistico, fallendo però nell’impresa a causa di un overworld ancora una volta troppo piatto e vuoto e un impianto generale di gioco poco entusiasmante (dungeon a parte, tra i migliori della serie); Skyward Sword, martoriato da ritardi e problemi a causa dell’implementazione del motion control, ha provato a rimescolare le carte in tavola, ma lo fa tarpando in toto esplorazione e avventura, da sempre punti saldi della saga.
Miglior sorte è toccata agli Zelda portatili, progetti più piccoli e più facili da gestire, non avendo nessun titolo rappresentato ciò che è stato Ocarina per i capitoli home: se Spirit Tracks non ha riscosso grandi consensi (anche qui la fase esplorativa è fortemente vincolata all’utilizzo del treno), Phantom Hourglass e A Link Between Worlds sono invece due titoli molto riusciti, sebbene è doveroso far notare come il secondo attinga a piene mani da A link to the Past e che, quindi, non sia tutta farina del sacco del team di Aonuma.
Al di là del risultato finale, che sia un capolavoro o che sia l’ennesimo mezzo passo falso, quello che mi auguro è che, alla fine dello sviluppo, Aonuma passi ad occuparsi di progetti differenti lasciando spazio a qualcun altro con idee nuove e fresche, magari libero da deferenze morali verso Miyamoto e Ocarina of Time: questo per la sua carriera, per la saga di Zelda e per noi videogiocatori. The Legend of Zelda deve stupire e, per poter farlo, deve in una certa misura reinventarsi, rimanendo però fedele ai suoi canoni: scatoloni vuoti come il field di Twilight Princess o Luna Park artificiosi come le ambientazioni di Skyward Sword non sono la direzione giusta da intraprendere. Dobbiamo pensare che Aonuma non abbia più la forza (sempre che ce l’abbia avuta) di reggere sulle spalle il peso della saga? Lo vedremo in quella che può essere considerata una sorta di prova d’appello: tutti speriamo che il risultato sia stupefacente, ma i trascorsi non possono non lasciare adito a qualche dubbio sulla buona riuscita del progetto.