This is Halloween, this is Halloween… Sì, lo so, siamo leggermente fuori periodo per fare dolcetto o scherzetto, ma per noi è sempre tempo di feste, giochi e divertimento: dal momento che siamo tutti videogiocatori, non è forse vero che conserviamo un nocciolo duro di animo fanciullesco che dimora imperituro, insensibile al passare del tempo, da qualche parte dentro di noi?
Diciamolo: sotto certi aspetti, dei bambinoni un po’ cresciutelli, che amano perdersi in mondi meravigliosi e immergersi in avventure fantastiche. E se costumi, caramelle e scherzetti sono ormai lontani dalla vostra idea di divertimento, pensate che, in fondo si tratta solo di un’evoluzione (non in senso progressistico del termine ma nell’accezione di cambiamento) delle cose: un tempo si giocava agli esploratori o a guardie e ladri al parco con gli altri bimbi, ora i nostri giochi sono per lo più virtuali, ma la sostanza non cambia. Il tratto comune delle due esperienze (chiamiamole “fanciullesca” e “adulta”) è rappresentato dal temporaneo distacco dalla realtà che, se da piccoli avviene con il solo ausilio della fantasia, ora, che siamo cresciuti e diventati pigri, ci procuriamo tramite i mondi creati dalla fantasia di altri. Ebbene, Costume Quest 2 è un piccolo inno proprio a tale dorata spensieratezza dell’infanzia, dove un semplice costume può diventare il tramite per vivere una fantastica avventura tra passato, presente, futuro, caramelle, paradossi temporali e improbabili droni dentali.
Il 2 che campeggia alla fine del titolo è un ovvio indicatore del fatto che il gioco in questione è il sequel del capitolo uscito nel 2010: i due giochi sono peraltro strettamente imparentati, dal momento che Costume Quest 2 prende le mosse proprio laddove si era concluso il primo capitolo (o, meglio, alla fine della sua espansione Grubblins on Ice).
Ritroviamo dunque Reynold, Wren, Everett e Lucy intrappolati in una sorta di spazio infradimensionale, dove erano rimasti bloccati dopo lo scontro con Axaria. Uno dei portali presenti nella zona riconduce, fortunatamente, il nostro quartetto di eroi a casa, giusto in tempo per godersi finalmente l’agognata notte di Halloween e far man bassa di dolci. L’idillio dura però solo una manciata di minuti, giusto il tempo di rendersi conto che un’altra minaccia incombe sulla notte dedicata all’antica festa celtica del Samhain: lo strambo dottor Orel White DSS (il cui nome ricorda tanto un chewing-gum), dentista con un’ossessione ossessivo-compulsiva per l’igiene dentale, inorridito dalle mostruose quantità di zuccheri ingurgitate nella notte più caramellosa dell’anno, si impossessa di un talismano in grado di far viaggiare nel tempo chiunque lo possieda. Armato così del misterioso amuleto, lo strampalato antieroe del gioco mette in atto il suo piano: cancellare la festa di Halloween dal calendario, mettere al bando costumi e caramelle e rendere il mondo libero da carie e mal di denti.
Sebbene l’intento possa apparire nobile, le pratiche per mettere in atto tale piano sono tutt’altro che convenzionali e la cittadina in cui abitano i nostri piccoli eroi diventa un luogo triste e grigio, dove è necessario organizzare raduni segreti per travestirsi e mangiare caramelle. Per fortuna Reynold, Wren e i loro due amici seguono il dottor Orel attraverso i portali dimensionali, scoprendo così il suo piano e decisi a fermarlo ad ogni costo.
Uno dei punti di forza del gioco è sicuramente rappresentato dalla fase esplorativa, che incarna peraltro una buona fetta dell’esperienza complessiva. Sebbene l’interazione con gli scenari sia fortemente limitata, riducendosi, di fatto, allo scuotimento selvaggio di zucche, bidoni e cassette della posta per recuperare più caramelle possibile, le ambientazioni sono varie e le mappe delle zone, pur semplici, sono ben strutturate: l’uggiosa palude del Bayou, fino al pulsante quartiere francese, passando per l’asettica Nuova Repugia, sono scenari deliziosamente caratterizzati e rendono l’esplorazione piacevole e divertente. Tali fasi, purtroppo, vengono parzialmente inficiate dall’impossibilità di manovrare a piacimento, o quantomeno ruotare parzialmente, la telecamera di gioco, rendendo così difficoltosi certi passaggi, soprattutto nel caso in cui un elemento scenico impedisce una chiara visuale su ciò che si sta facendo.
L’altro problema, molto più grave, che affligge tali fasi è, ahimè la ripetitività: il progresso nella storyline si basa infatti sulla transumanza da effettuare, casa per casa, nella più classica attività collegata alla notte di Halloween, ovvero dolcetto o scherzetto. Impersonando Wren o Reynold, è necessario dunque girare casa per casa, esplorando opportunamente lo scenario, e cercando di ottenere più caramelle possibile dagli abitanti che, in barba alle leggi imposte dal dottor Orel, vogliono ancora festeggiare la Notte delle Streghe. Come idea di fondo la cosa non è nemmeno così male: il problema è che tale attività è da ripetere svariate volte e, quando si arriva alla fine delle sette-otto ore di gioco, la noia è una compagna che vi sarete portati dietro già a partire da metà avventura.
Le subquest presenti nelle varie location sono poi poche e troppo simili tra loro per offrire un valido diversivo alla succitata attività di raccolta caramelle: nel complesso, sotto questo aspetto si poteva spingere un pochino di più, anche in considerazione del fatto che le location, come abbiamo visto, sono gradevoli da esplorare e che la trama, nella sua semplicità, è ben raccontata e coinvolgente. La componente narrativa è infatti, a dispetto dell’aspetto bonario del titolo, sorprendentemente strutturata e, complici anche viaggi nel tempo e intrighi creati dai paradossi temporali, credibile e per nulla pretestuosa. Molti dei personaggi che si incontrano lungo tutta l’avventura, mostrano poi tratti psicologici ben realizzati e, lontani dal rappresentare semplici macchiette stereotipate, mostrano sfaccettature sorprendenti (sempre considerando il tipo di produzione che sta alle spalle del gioco), Orel White in testa.
Se la parte esplorativa del gioco mostra dunque luci ed ombre, altrettanto fa l’altra componente principale del titolo, ovvero la fase di combattimento. Il fulcro della faccenda ruota qui intorno ai vari costumi che i due protagonisti (ed eventuali alleati unitisi al party nel corso dell’avventura) possono indossare, dopo averne recuperato le varie parti in giro per gli scenari: la varietà dei travestimenti è davvero ottima e le abilità conferite dai vari costumi consentono un’embrionale profondità tattica al gioco, offrendo la scelta tra molte combinazione di poteri diverse. Volete garantirvi la possibilità di guarire i vostri alleati? L’abilità speciale del costume da clown allora fa per voi. Un potente attacco per infliggere molti danni può farvi comodo? Ecco il supereroe. Oppure preferite un costume che attiri su di sé la maggior parte degli attacchi nemici, lasciando liberi gli altri due componenti della squadra di attaccare a volontà? Il costume da Candy Corn è l’ideale in tal caso.
Molti costumi hanno inoltre poteri speciali utilizzabili durante l’esplorazione e consentono l’accesso a zone altrimenti precluse: il mago può illuminare luoghi bui con la bacchetta magica e il travestimento da Thomas Jefferson, in virtù dell’abilità oratoria che conferisce a chi lo indossa, vi consentirà di estorcere preziose informazioni agli NPC.
Al cospetto di tali aspetti positivi, è necessario anche qui rimarcare un grosso problema, che poi è il medesimo già analizzato poc’anzi: la ripetitività. Il sistema di combattimento si basa su un impianto a turni, contaminato da un sistema di quick time event: ad ogni membro del party è assegnato un tasto per l’attacco da premere col giusto tempismo per portare a segno il maggior numero di danni possibile e stesso principio si applica per difesa e contrattacco. Ogni attacco andato a buon fine e ogni colpo parato concorrono poi al riempimento di una speciale barra che consente di utilizzare il potere speciale di quel dato costume. Il sistema funziona bene, nulla da dire, ma l’estrema semplicità del tutto, che offre ben poche varianti lungo il corso dell’avventura, provoca presto un leggero tedio che rischia di trasformarsi velocemente in noia, soprattutto per i gamers anche solo un filo esperti nel genere.
Il comparto tecnico è gradevole, sia per quanto riguarda il sonoro che la parte visiva. Il titolo, beninteso, non raggiunge picchi particolari di eccellenza ma fa il suo dovere sotto entrambi gli aspetti. Il comparto grafico in cel shading è pulito e colorato, in armonia col tono scanzonato dell’opera e le musiche accompagnano dinamicamente le varie fasi dell’avventura. Quello che invece è inaccettabile è l’utilizzo del Gamepad, o meglio, il non utilizzo del Gamepad. Uso un termine forte, quale inaccettabile, perché qui, oltre a non prevedere alcun uso creativo della periferica del Wii U, il gioco non supporta nemmeno l’off screen. Se è vero che nemmeno Nintendo stessa abbia bene idea di come utilizzare il Gamepad, e tanto meno quindi possiamo aspettarcelo dalle terze parti, è anche vero che l’implementazione dell’off screen è il minimo sindacale che ormai si pretende da ogni gioco che approdi sui lidi della home Nintendo, e la sua mancanza non è giustificabile.
Tirando dunque le somme, da Costume Quest 2 dobbiamo aspettarci trick o treat? Il gioco ha indubbiamente i suoi punti di forza, ma anche altrettante debolezze. È un GDR dai toni allegri e scanzonati, adatto principalmente ai più piccoli o a chi è totalmente neofita nel genere: le sue semplici meccaniche possono essere una buona palestra per titoli più impegnativi, ma, allo stesso tempo, rappresentano un limite importante per i giocatori un minimo smaliziati che difficilmente troveranno tra i meandri del gioco una sfida abbastanza stimolante.