Chiamatelo come volete: equilibrio, giusta misura, bilanciamento ma, quel che è certo, è che, volenti o nolenti, è un principio che dobbiamo, in generale, sempre tenere ben presente. Forse è proprio ispirandosi a questa condotta, derivata dall’aurea mediocritas di oraziana memoria, che i ragazzi di Shin’en hanno deciso di mettere alla prova le nostre abilità zen, ideando un puzzle game concettualmente semplice, ma gradevole, dove la parola chiave sta proprio nell’equilibrio citato poche righe sopra. Già il titolo del gioco in fin dei conti, Art of balance, è pienamente esplicativo di quanto ci si deve aspettare una volta premuto start: sarà proprio il fragile bilanciamento delle strutture che, con pazienza e perizia, andremo a costruire, a essere il leit motiv dei 200 livelli che compongono la spina dorsale del gioco.
Art of balance giunge dunque alla sua terza iterazione su console Nintendo: dopo le release su Wiiware e eShop del 3DS, il puzzle game della software house tedesca approda anche su Wii U. Lo dico subito: se avete già giocato a una delle due versioni precedenti, specialmente quella su 3DS, la spesa di 8,99 € per accaparrarsi il gioco potrebbe non essere così conveniente. Se le aggiunte rispetto alla versione Wii sono corpose, con particolare riferimento ai 100 livelli in più, le migliorie rispetto alla versione portatile sono molto più contenute, concretizzandosi sostanzialmente in una leaderboard e la possibilità di sfidare avversari online (la coop locale era presente anche nella versione Wii). Tali aggiunte sono senza dubbio gradite e in grado di aumentare la longevità del gioco ma, a meno che le sfide online non rappresentino una parte consistente della vostra vita videoludica, non sono in grado, da sole, di offrire nuova linfa vitale al titolo per chi lo avesse già spolpato per bene.
In cosa consiste, dunque, Art of balance? Come già accennato prima, il concetto di base del gioco è semplicissimo: impilare uno sull’altro dei mattoncini di legno, di forme variabili, formando una struttura stabile abbastanza da durare tre secondi e superare così il livello. Come in tutti i puzzle game dall’idea vincente, la meccanica di base è molto semplice, tanto da necessitare solo di poche indicazioni, giusto lo scopo del gioco e i comandi, in questo caso estremamente semplici e intuitivi: con A si prendono e si posano i pezzi e i dorsali L-R sono deputati alla rotazione dei blocchetti. Una volta assimilate queste poche nozioni, si è pronti a cominciare! Le abilità che il gioco vi chiede di imparare a padroneggiare sono dunque fondamentalmente due: impilare i pezzi incastrandoli uno con l’altro in maniera efficiente e bilanciarne il peso per evitare il crollo della struttura. Detta così non pare poi questo gran compito, no? Il tutto, in realtà, è solo ingannevolmente semplice perché, se la meccanica di gioco è facile da imparare, molto meno semplice è saperla padroneggiare con perizia.
Lo scenario che si presenta all’inizio di ogni livello è rappresentato da uno sfondo più o meno rilassante, una vaschetta piena d’acqua da cui si innalzano una o più basi e una serie di blocchetti da impilare per formare una torre: in questa situazione vengono inseriti, in maniera graduale e progressiva, una serie di elementi che vanno a complicare decisamente le cose. Prima difficoltà: la base d’appoggio raramente offre un’area piana o ampia a sufficienza per permettervi di posare delle fondamenta salde e sicure. Molto spesso si tratterà di superfici inclinate o dalla forma irregolare e da lì è necessario partire, poggiando il blocchetto di legno che più pare adatto a fungere da basamento. Seconda difficoltà: la maggior parte dei blocchetti è di forma strana e arzigogolata sì che diventa necessario studiare incastri tali che permettano di mantenere l’integrità strutturale della torre. Se l’ultimo paio di blocchetti può anche essere impilato in maniera posticcia, i primi pezzi devono essere in grado di sopportare il peso di quelli successivi e vanno quindi sistemati con criterio. Terza difficoltà: a volte non tutti i blocchetti sono immediatamente disponibili ma è possibile utilizzarli solo dopo averne già piazzati uno o due. Questo restringe la scelta a due o tre pezzi che, in genere, sono sempre quelli meno adatti a fungere da base perché dalla forma irregolare o perché presentano parti tondeggianti. Quarta difficoltà: con il progredire dei livelli la varietà dei pezzi aumenta molto e vede anche la comparsa di alcuni pezzi speciali con caratteristiche tali da obbligare un’elaborazione tattica diversa da quanto fatto fino a quel momento. Ci sono blocchetti particolarmente fragili, che si rompono se sottoposti a un peso eccessivo (leggasi: su tali pezzi possono essere impilati al massimo altri due blocchetti prima della rottura), altri che sono a tempo e scompaiono all’esaurirsi dell’apposita barra, altri ancora che… invertono la gravità della struttura. Man mano che si avanza nei livelli la curva di difficoltà si impenna quindi decisamente e, se i primi due mondi scorrono via lisci, anche troppo, arrivare al livello finale richiederà molta, molta pazienza. Il tutto comunque non assume mai i connotati di un’impresa improba: i pezzi da impilare sono limitati, massimo cinque o sei e, nel dubbio, il buon vecchio metodo del trial & error si rivela sempre efficace.
Il sistema quindi è ben oliato e funziona molto bene e, se pur il team di sviluppo si è sforzato di combattere con tutte le forze il peggior nemico di questo tipo di giochi, ovvero la ripetitività, alla lunga (e 200 livelli sono parecchi) si sente la mancanza di una maggiore varietà che nemmeno i livelli speciali (solo purtroppo una manciata per mondo) riescono a dare. Se la meccanica di base riuscirà però ad appassionarvi, cosa che, se amate i puzzle game, riuscirà certamente a fare, le quattro modalità principali del titolo vi sapranno regalare parecchie ore di divertimento. Oltre alla modalità Arcade, la principale, è possibile cimentarsi nell’Endurance (risolvere consecutivamente più sfide possibile), nella modalità Tower Tumble (una sorta di Jenga da giocare in compagnia) o nella Swift Stacker (sfide, in local o online, con un altro giocatore, il tutto completo di leaderboard per far sapere agli altri quanto siete bravi): ce n’è per tutti i gusti.
Tecnicamente il gioco non ha molto da offrire e lascia intravedere pesantemente la sua derivazione da Wii. Menù e scenari sono spogli, poveri di dettaglio e afflitti da un aliasing marcato e, alla lunga, fastidioso: gli Shin’en sono in grado di fare molto ma molto meglio. Molto buona invece la fisica che governa l’equilibrio e la stabilità delle strutture e dei blocchetti di legno. Sebbene a volte vi sembrerà che le leggi fisiche del gioco siano più permissive di quanto non lo siano nella realtà, il punto di equilibrio delle torri e la gravità sono coerenti e credibili: intuitivamente, a parte rare eccezioni, se pensate che un blocchetto non possa rimanere stabile in una posizione, effettivamente non ci rimarrà, e lo vedrete cadere rovinosamente in acqua. Il sonoro fa il suo dovere, con melodie di sottofondo che ben si amalgamano con il ritmo lento e ragionato del gioco: musiche non memorabili o particolarmente ispirate, ma che accompagnano le fasi di gioco in maniera leggera e mai fastidiosa. Per quanto riguarda l’uso del Gamepad, infine, c’è la possibilità di giocare off screen e di utilizzare i comandi touch che risultano però poco pratici: muovere i blocchetti con lo stilo (o col dito) e, contemporaneamente, doverli ruotare con i dorsali è parecchio scomodo.
Se dunque vi piacciono i puzzle game impegnativi ma poco cervellotici (e per cervellotico intendo una cosa alla Pullblox World), allora Art of balance fa per voi: vi aspetta una sfida divertente e stimolante.