Guacamelee! Super Turbo Championship Edition – Recensione

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Genere: Azione
Multiplayer: 2 (Offline)
Lingua/e: Italiano

La vita del gamer moderno, si sa, è piena di comodità: vari siti internet  garantiscono aggiornamenti capillari e pressoché in tempo reale sulle novità del mondo videoludico; recensioni, soluzioni, consigli e suggerimenti a portata di mano; shop digitali da dove scaricare giochi comodamente da casa propria; un florido mercato dell’usato dal quale recuperare giochi, anche datati, che si è incautamente lasciato indietro. Per i vecchi, come me, che sono stati iniziati al mondo videoludico a metà anni ottanta le cose erano molto diverse: uscite di nuovi titoli sporadiche, internet aveva appena cessato di chiamarsi ARPAnet ed era ancora agli albori e le uniche fonti di informazione erano le (poche) riviste specializzate delle quali si aspettava febbrilmente l’uscita. Ognuna delle due situazioni ha i suoi pro e i suoi contro ma, senza dilungarmi troppo in questioni filosofiche, posso dire, anche per esperienza personale, che oggi, tra la mole di titoli che escono continuamente e il bombardamento mediatico cui siamo sottoposti, è molto facile lasciarsi sfuggire un gioco, lasciato da parte in favore di titoli più blasonati o, semplicemente, passato inosservato o snobbato.

Il titolo di cui mi accingo a parlare in questa review, uscito, inizialmente solo su Vita e PS3, riproposto qualche mese dopo su PC e MAC e approdato, finalmente, anche sui nostri Wii U più di un anno dopo la sua release originale, è un ottimo prototipo di quanto asserito sopra: disponibile solo in formato digitale (che già, nell’immaginario collettivo, è sinonimo di “giochino”), propone un’ambientazione palesemente ispirata alla realtà messicana (quindi, in realtà, nulla di particolarmente nuovo), è in 2D a scorrimento orizzontale (buhhh, vogliamo il treddì!) e dura solo una manciata di ore. È, insomma, il classico gioco che può facilmente passare inosservato: mai errore sarebbe più grave perché, dietro un aspetto apparentemente innocuo, il titolo cela una qualità e un peso specifico devastanti, tanto da rimanerne quasi storditi a un primo impatto. Preparatevi dunque ad affondare i denti in un piccante e gustoso taco farcito di ogni leccornia: benvenuti nel mondo di (prendete un bel respiro) Guacamelee!: Super Turbo Championship Edition.

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Tutto comincia in un afoso pomeriggio messicano…

I ragazzi di DrinkBox Studios non hanno voluto perdersi in fronzoli: il prodotto che hanno confezionato è solido, ben studiato e dannatamente divertente. Guacamelee non crea nulla di nuovo, sia chiaro, ma opera un sapiente mixaggio di diversi ingredienti che legano in maniera sorprendentemente armoniosa, andando così a comporre un titolo ottimo sotto tutti i punti di vista. Tale composizione è talmente ben amalgamata che riesce anche difficile ascrivere il titolo a un genere preciso. L’etichetta che gli viene affibbiata più frequentemente è quella di “action”, ma tale declinazione rappresenta solo un aspetto del gioco: come inquadrare, dunque, questo titolo? Con le dovute proporzioni e approssimazioni, possiamo dire che Guacamelee! è un po’ Viewtiful Joe, un po’ Super Mario e un po’ Super Smash, il tutto condito da un tocco di backtracking non invadente né esagerato, che comunque è valso al titolo il diritto di fregiarsi del temuto appellativo “metroidvania”. Confusi? Non preoccupatevi, in realtà una volta preso in mano il Gamepad, tutto diventerà meravigliosamente chiaro e non farete alcuna fatica a immergervi nello strambo Messico tratteggiato, con un ritmo frizzante e sostenuto, nelle varie fasi di gioco.

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A proposito di ritmo frizzante… correteeeeeeeeeee

L’inizio del gioco, in medias res, ci catapulta immediatamente nel cuore della vicenda: niente filmati di introduzione o presentazione, ci si trova subito calati nei panni di Juan, modesto e anonimo contadinotto (con una smodata passione per la tequila), la cui placida vita sembra scorrere tranquilla fino al momento del ritorno in città della figlia di El Presidente, vecchia amica di infanzia di Juan (e forse qualcosa di più) che però verrà ben presto rapita dal cattivone di turno, in uno dei più classici topoi dei videogiochi. Il nostro buon Juan si precipiterà subito in soccorso della gentil pulzella, andando però incontro a una repentina sconfitta: Calaca, lo scheletro che muove le fila degli accadimenti del gioco, si sbarazzerà di Juan con sufficienza, spendendolo di filato nel mondo dei morti! Quella che, normalmente, è considerata essere la fine di un gioco, cioè la morte del protagonista, qui invece rappresenta l’inizio, il momento catartico di Juan che si sublima con il ritrovamento di una maschera da luchador: inizia così l’avventura del nostro “wannabe hero” per salvare la bella e impedire a Calaca di portare a termine il suo diabolico piano. Da questo punto in poi le diverse anime del gioco incominciano a fondersi, dando vita un mix sorprendentemente azzeccato: Juan deve fare, innanzitutto, i conti con una pletora di nemici di varie fogge e dimensioni, tutti accomunati da un tratto particolare, cioè quello di essere, irrimediabilmente, non-morti. I nemici vi si pareranno spesso davanti a frotte e non sarà possibile lesinare sulla pressione dei tasti deputati al combattimento, inquadrato comunque in un sistema tanto semplice quanto efficace: tasto Y per gli attacchi normali, X per le prese e R per la schivata. Tutto qua? Sì, tutto qua. Attenzione però: semplicità non fa semanticamente rima con superficialità. Se in un primo momento, infatti, risulta semplice liberarsi di scheletri e creature che tentano di intralciare il cammino del nostro eroe, ben presto le cose prendono una piega diversa: il numero di nemici aumenta in maniera repentina con progredire dell’avventura e così la loro varietà. Ci si trova così a dover affrontare talvolta cinque, sei, sette e più nemici contemporaneamente, ognuno con i propri punti di forza e debolezza, in una sorta di assurda royal rumble e diventa quindi imperativo saper padroneggiare in maniera snella e agile le diverse abilità che Juan acquisirà nel corso dell’avventura (donando così al titolo anche una leggera connotazione di GDR), quali prese e mosse speciali. I nemici sono comunque ben distribuiti e gli scontri non diventano mai monotoni o tediosi: gli scenari scorrono via che è un piacere e ci sono alcuni punti particolari in cui Juan rimane “rinchiuso” in una schermata dove, per liberarsi, non ha altra scelta che affrontare una serie di nemici che compariranno in rapida successione. La totale confusione che accompagnerà i primi scontri di questo tipo verrà via via sostituita dalla piena consapevolezza di quello che sta accadendo e, a parte certi momenti assolutamente concitati, la sensazione di avere tutto sotto controllo è alquanto confortante. Il discorso peraltro è valido anche per le divertenti boss battle disseminate nel corso dell’avventura: mai frustranti, ben inserite nella narrazione con villain ben tratteggiati, seppur senza pretese di profondità psicologica.

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Pronti a scontrarvi con El Trio de la Muerte?

Se le fasi di combattimento rappresentano una parte consistente dell’avventura, non da meno è la parte esplorativa, di stampo marcatamente platformistico, che porterà ad aggirarvi per le 15 diverse location proposte dal gioco. Anche in questo caso la progressione studiata dai DrinkBox Studios è eccellente: la conformazione delle varie ambientazioni è ben strutturata e diventa via via più complessa con fasi di platform puro anche parecchio impegnative. Il buon Juan tuttavia non sfoggia delle abilità particolarmente invidiabili a inizio avventura: un misero salto e nulla più. Fortunatamente il nostro luchador può contare sul fondamentale aiuto di Uay Chivo, il signore degli uomini capra (!), un simpatico e bizzarro vecchietto che ci insegnerà mosse e abilità via via più sofisticate che consentiranno una sempre più capillare esplorazione del mondo: qui entra il gioco la componente “metroidvanesca” del titolo che vi porterà a ripercorrere sentieri già battuti in cerca di nuove strade e luoghi irraggiungibili in precedenza. La particolarità di tali nuove abilità (ottenibili trovando e distruggendo delle strane e familiari statue chiamate… Choozo!) è che molte di esse sono utili sia in combattimento che in fase di esplorazione: il Montante Cedrone, ad esempio, è un potente uppercut che può essere utilizzato sia per colpire i nemici che per raggiungere piattaforme troppo elevate per un singolo salto. Ancora: sparsi per il mondo ci sono blocchi colorati che possono essere distrutti solo con la corrispondente mossa (associata al colore del blocco, ad esempio, il già citato Montante Cedrone può rompere i blocchi colorati di rosso) e, avanzando nell’avventura, ci saranno alcuni nemici circondati da una sorta di barriera colorata che può essere distrutta solo dalla specifica mossa corrispondente. Tale scelta, oltre ad evitare di avere un move set troppo dispersivo, aggiunge varietà e profondità tattica al gioco e richiederà così maggiore accortezza nell’affrontare combattimento ed esplorazione. In entrambi i casi, infatti, è spesso richiesto l’utilizzo di più abilità in rapida sequenza o, addirittura, in contemporanea: in particolare nelle fasi platform, dove rapidi salti devono essere inframezzati dall’esecuzione mosse speciali per distruggere pietre, evitare spuntoni, buche nemici e quant’altro. Pensate che già così sia sufficiente? Niente affatto! Per aggiungere ulteriore piccantezza al piatto ad un certo punto dell’avventura Juan guadagnerà l’abilità di poter switchare istantaneamente tra il mondo dei vivi e il già citato mondo dei morti: benché le differenze tra le due realtà non siano troppo marcate, alcune diversità strutturali e morfologiche sono la chiave per superare certi ostacoli e superare baratri apparentemente impossibili da affrontare. In alcuni diabolici passaggi poi, diventa necessario fare appello a tutte le proprie abilità di coordinazione e di tempismo, dovendo passare da una dimensione all’altra nel bel mezzo di un salto, di una caduta o di qualche altra delicata manovra. Il gioco comunque non è eccessivamente punitivo e, in giro per gli scenari, sono presenti svariati checkpoint sotto forma di altari dove è anche possibile, spendendo le monete raccolte dai nemici sconfitti, comprare costumi e potenziamenti.

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Evvai!!! Finalmente la Morfosfera! Ah no, ho sbagliato gioco…

Guacamelee! ha dunque molte frecce al suo arco e potrei dilungarmi oltre per illustrarvi minuziosamente altre graziose peculiarità del gioco come l’effetto dello switching tra i due mondi nei combattimenti, la modalità intenso, il multiplayer collaborativo, gli innumerevoli richiami al mondo Nintendo (il Tag Team “Los Super Hermanos” vi ricorda qualcuno? Una vetrata nella chiesa con un luchador vestito di verde che ne solleva un altro dal costume giallo vi suona familiare?), ma credo di aver già reso l’idea sulle qualità del titolo, che merita di essere goduto e scoperto poco a poco per godersi tutte le chicche che è in grado di offrire.

Stilisticamente il gioco merita applausi a scena aperta. La grafica è semplice ma pulita e colorata, le animazioni dei personaggi sono realizzate in maniera magistrale (comprese le buffe movenze di Juan), mentre gli sfondi e gli elementi in primo piano presentano come un effetto “slavato”: tale sfocatura restituisce un ottimo senso di profondità e di sfasatura spaziale degli oggetti, escamotage molto utile per limitare la piattezza propria di un mondo in due dimensioni. A far da degno compagno di viaggio allo stile visivo, c’è un accompagnamento audio altrettanto eccellente: gli effetti sonori accompagnano lo scorrere a schermo di vari elementi ambientali (coyote che ululano, acqua che scorre) e le musiche che si alternano sono una sinfonia di nacchere, maracas e chitarre che vi ritroverete a canticchiare spesso.

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Picchia, schiva, salta, cambia dimensione, esegui un montante, trasformati in pollo…

Il Gamepad viene utilizzato per l’off screen e nulla più (non che fosse lecito aspettarsi molto altro), ma io, testardamente, continuo ad inserire questa scarsa inventiva nell’utilizzo dello schermo secondario nell’elenco dei difetti di un titolo che approda sulla home Nintendo, sperando di vedere presto un miglioramento in tal senso. Altre due, seppur lievissime, critiche che è possibile muovere al titolo sono la scarsa longevità (l’avventura si finisce, comodamente, in sei-sette ore di gioco) e la mancanza di un qualche extra che aumenti il fattore rigiocabilità, ma non sono problemi che sono in grado di intaccare la bontà del titolo, se non per chi dovesse averlo già spolpato in una sua incarnazione precedente. Peraltro, anche in questo caso, il team di sviluppo non ha dormito sui comodi allori di una pigra conversione, ma ha inserito alcune novità, tra cui due aree inedite, e ha rimpolpato le fila degli scagnozzi di Calaca con nuovi nemici, tra cui il terribile (e assurdamente improbabile) Trio de la Muerte, con tanto di boss fight: insomma, per riprendere la metafora culinaria di inizio recensione, la ricetta di base è sempre la stessa, ma sono state inserite gustose variazioni di ingredienti tali da rendere il piatto appetibile per un (eventuale) bis.

Il prezzo di vendita su eShop è di 13.99€ e, sebbene potreste trovarlo un pelo alto, non preoccupatevi perché li vale tutti. Romanticamente poi, trovo giusto poi premiare i DrinkBox Studios per la qualità del loro lavoro, prova concreta e tangibile che in questo mercato videoludico tendente all’appiattimento, c’è ancora spazio per prodotti coraggiosi e, a loro modo, dirompenti come Guacamelee!.

9.0

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