30 Maggio 2014: una data che ogni Nintendaro che si rispetti dovrebbe marchiare a fuoco sul calendario, poiché segna l’arrivo del nuovo capitolo di una serie simbolo della casa di Kyoto, unica e irripetibile, capace di presentarsi con un singolo episodio su ogni console riuscendo al tempo stesso ad esprimere il meglio delle potenzialità dell’hardware a disposizione.
Mario Kart 8 è pronto a sgommare a tutta velocità sulle strade ad alta definizione di Wii U, con il suo carico di aspettative e di speranze da trasportare freneticamente in pista, schivando gusci e banane.
Nell’attesa di poter mettere le mani sul titolo più atteso dell’anno, vi offriamo una retrospettiva in 3 parti dei precedenti sette capitoli, incentrata principalmente su quella che è l’esperienza dei nostri redattori: un mix di retrogaming e sentimento in salsa Mario Kart.
Incominciamo, ovviamente, dai capostipiti della serie…
SUPER MARIO KART – SNES – 1992 (JP), 1993 (EU)
a cura di Stefano “Barbalbero” Messina
Correva l’anno 1992 quando, nel Regno dei Funghi, successe qualcosa di straordi*SBONK* no, ok, a qualcuno venne in mente di prendere i personaggi del mondo di Super Mario, schiaffarli su dei kart, e farli gareggiare, SENZA MOTIVO. Nacque così una delle serie di maggior successo di mamma Nintendo: Super Mario Kart.
Ecco i nostri eroi in un bel… trenino
Finalmente Bowser poteva prendersi la rivincita… agonisticamente parlando, e Peach dimostrare di essere un, ehm, essere senziente.
Ricordo ancora quando provai per la prima volta questo gioiello: a casa di un caro amico, che l’aveva da poco comprato, passammo quello che ancora oggi ricordo essere uno dei pomeriggi più divertenti che abbia mai vissuto. Non ne sapevo nulla, non avevo quasi mai giocato ad un titolo di guida, ma in poco tempo eravamo lì a scorrazzare tra funghi, pianure, case dei fantasmi e… piste arcobaleno (brrr).
Chi scegliere? Potenza, velocità o manovrabilità?
Basato sul Mode 7, funzione nativa dello SNES che “simulava” un rudimentale 3D ruotando e scalando una immagine come fosse un poligono, presentava un modello di guida piuttosto basilare, ma gli 8 personaggi disponibili (4 coppie in realtà, per caratteristiche) garantivano una buona varietà di stili di guida, spaziando da piloti estremamente manovrabili a colossi inamovibili. Beh tanto meglio nell’ultimo caso, perché oltre a guidare ci si doveva anche prendere a sportellate! Oltre alla guida infatti si doveva cercare di ostacolare in tutti i modi gli avversari, sia andandogli addosso che, meglio ancora, utilizzando uno dei bonus messi a disposizione dal gioco, come gusci verdi (che naturalmente fungono da “missili” che proseguono dritti, rimbalzando sulle pareti che incontrano), gusci rossi (idem ma a ricerca automatica del primo avversario), banane (da lasciare a terra per tirare un bello scherzone a chi ci insegue) o funghi (che danno un breve ma efficace “sprint”), oltre a molti altri.
Pronti, partenza, VIA!
Ora mescolate dei personaggi bizzarri come quelli del mondo di Super Mario, aggiungeteci piste anche parecchio intricate in svariate ambientazioni, una spolveratina di bonus per rompere le scatole agli altri concorrenti e otterrete… un CASINO TOTALE.
Sul serio, ciò che può succedere in una gara in SMK a volte ha dell’incredibile. Soprattutto se i concorrenti comandati dalla CPU sono, come dire, dei DANNATI BARI.
Guscio rosso in arrivo? No problem! Faccio un salto e via che lo evito.
Cado da un dirupo? Che vuoi che sia! Qualche saltello nel vuoto (!) e ritorno su come niente fosse.
Come se non bastasse, sti ammassi di silicio possedevano oggetti/poteri unici, utilizzabili solo da loro! La principessa Peach (amichevolmente rinominata in Trinciopressa per la sua ehm, dolcezza) e Toad lanciavano simpatici funghi velenosi, Mario e Luigi potevano diventare invincibili per qualche secondo, Donkey Kong possedeva una scorta infinita di banane (non chiedetemi dove le tenesse) mentre Bowser si dilettava a sparare palle infuocate, Koopa Troopa lanciava gusci verdi e rossi come se non ci fosse un domani, e per Yoshi lanciare uova era evidentemente la più grande gratificazione esistente. Tutto molto… corretto. Almeno loro non potevano attivare i vari cubi (oddio, diciamo quadrati) contenenti bonus disseminati per le piste.
Toad mi guarda storto mentre tento di accaparrarmi un bonus…
Questo ed altro i miei poveri occhi hanno dovuto vedere durante le molte sessioni di gioco, con conseguenti imprecazioni… ma in un modo o nell’altro, la voglia di continuare non mancava mai. Il titolo era infatti talmente divertente e gratificante nonostante la brutale difficoltà delle modalità più avanzate, che era veramente impossibile staccarsene.
A-HA! Evita questo bel guscio verde se ci riesci!
Forse ci sarei riuscito se qualche diabolica mente non avesse inventato… il Battle Mode.
Solo qualcuno lassù sa quanto tempo ci ho passato sopra. Eppure la meccanica di base è di una semplicità disarmante: ogni kart ha 3 “sfere” che gli girano intorno, e per ogni colpo subìto (leggi: oggetto che ci viene scagliato contro) se ne perde una. L’ultimo a rimanere con almeno un palloncino vince. Il tutto si disputa in arene chiuse con vari ostacoli all’interno. Fine!
Povero Luigi, anche anni fa non gliene andava bene una…
Sembra banale? Lo è! Ma è una dannatissima DROGA!
Se avete la fortuna di poterci giocare spesso con un amico stretto è la fine, all’epoca non esisteva nulla di lontanamente paragonabile, nulla che scatenasse l’aggressività “bonaria” che si prova nel voler distruggere l’avversario con quel senso di sfida e intesa che fa esclamare “rivincita!” “ancora una e poi basta!” dopo ogni singola partita. Ogni volta pareva d’essere alla finale di un mondiale di calcio.
Ultimo giro signori! Donkey Kong, è inutile che esulti, sei ultimo!
Questo primo capitolo introduce meccaniche poi ampliate nei capitoli successivi, come il concetto di “salto” (indispensabile in alcune piste per superare piccoli ostacoli) e di “derapata“, anche se non consentiva un piccolo “sprint” e il cosiddetto snaking era ancora lontano dal nascere (per fortuna, per quanto mi riguarda… ma questo è un altro discorso).
Le ambientazioni, tipicamente mariesche, erano perloppiù prese da Super Mario World, all’epoca l’ultima “puntata” della saga, tradizione poi mantenuta da quasi tutti i capitoli successivi. La difficoltà dell’intelligenza avversaria nei vari campionati era “camuffata” dall’indicazione della cilindrata dei kart, che significava anche più velocità: si passava da 50cc – dalla velocità decisamente pachidermica – a 100cc e poi 150cc, la più alta e difficile.
A quanto pare Yoshi sta tentando di papparsi qualche Boo…
La varietà non mancava di certo: si partiva dal rassicurante Mario Circuit (in 3 versioni, unici percorsi asfaltati del gioco), passando per Donut Plains (con simpatiche talpe che ogni tanto tentavano di farsi investire), Ghost Valley (nel vuoto, e circondati da miriadi di Boo – inquietante), Choco Island (pieni di saltini e pozzanghere cioccolatose), Koopa Beach (occhio a non finire nell’acqua alta!), Vanilla Lake (ghiaccio ovunque e dannatissimi cubi da distruggere a “kartate”) e Bowser Castle (immersi nella lava bollente e con deliziosi Twomp decisi a renderci sottilette).
Tutto qui? No, perché c’è in realtà ancora un circuito che, con l’avanzare della saga, diventerà un vero spauracchio, la summa del “ti prego tutto ma quella pista NO!”: la Rainbow Road – o Pista Arcobaleno. Presumibilmente posizionata in una qualche altra dimensione (o lo spazio nei capitoli successivi), è solitamente di conformazione MOLTO contorta, ma al tempo stesso disseminata di turbo, salti e tanti altri ammennicoli che spingono ad andare forte… e poi si cade. Si cade TANTO. Si cade sempre nel momento peggiore, all’ultima curva dell’ultimo giro, quando si è in testa, o subito in partenza, dovendo poi recuperare tutte le posizioni senza cadere, tagliando ogni curva al limite delle possibilità umane (cit. Fantozziana)… ma anche lì sta il bello del gioco!
Ecco, non potevate mettervi PEGGIO di così per rovinarmi tutta la linea…
Come ogni buon titolo dell’epoca che si rispetti, era tutto nelle mani del giocatore. Si imparava provando, perdendo, imprecando (sic!), riprovando… senza che venisse mai meno il divertimento o la voglia di continuare. Ad ogni nuova partita si imparava qualcosa: una scorciatoia, un modo per fare meglio quella curva, una traiettoria che permettesse di prendere i bonus e mantenere la massima velocità, un buon punto dove lasciare una banana per mettere in difficoltà gli avversari… insomma, il mix di guida e strategia era quanto di più sublime ci fosse.
Oggi può risultare ostico, grezzo, povero, ma consiglio a tutti gli appassionati dei moderni Mario Kart di dargli una possibilità, anche solo per scoprire i primi passi della saga, per assaporare il capitolo che diede il via a tutto, dove le prime, fresche idee nacquero, e se avete un amico con cui condividere l’esperienza non esitate a provare, potreste scoprire che questo vetusto titolo ha ancora qualcosa da dire!